Rientrando a casa, Randy pensava che avrebbe ancora discusso con Darrell a causa del discorso tirato in ballo la notte passata; eppure, ciò che trovò fu un'atmosfera tranquilla e il volto solare di Judy, intenta a giocare con Logan in salone. Si guardò attorno spaesato, girovagò per qualche minuto al piano terra e poi si azzardò a chiedere spiegazioni, sentendola esplodere con una notizia improvvisa: "Gabriel torna a casa".
Non rispose, si chiuse in un mutismo esagerato e poi, chiuso in camera, prese a tormentarsi i palmi delle mani, a fare avanti e indietro di fronte ai piedi del letto. Per un attimo immaginò di finire come qualche tempo prima, sballottolato a destra e a sinistra a causa di quella sciocca faida familiare, ma alla fine prese un bel respiro e ricordò di aver preso una posizione.
Le mani che premevano sul viso, le dita sugli occhi e poi sulle tempie, cercò di tenere a bada il mal di testa. Si sentì un vero stronzo, perché a lui stava bene quella situazione: Gabriel in ospedale, sul lettino, immobile e preda di se stesso; così deglutì a vuoto e inspirò a fondo, provando a calmarsi e si sedette in attesa di un segno, un qualcosa, muovendo nervoso le gambe per minuti interi, fin quando non udì la porta chiudersi in un tonfo e il chiacchiericcio arrivargli alle orecchie.
Era arrivato, così si disse, e Darrell con lui. Perciò si mordicchiò l'interno di una guancia, mugolò infastidito e storse le labbra, si avvicinò alla porta con titubanza. Ancora un respiro, i polmoni che si trattenevano a stento, e buttò fuori aria calda, scese veloce le scale.
Di fronte a loro, accennò un sorriso tirato. Osservò Gabriel, la sua posa malferma sul deambulatore, e sbiancò. Non seppe spiegarsi se fosse peggio trovarlo lì, ricurvo su quell'affare di metallo e vestito di tutto punto, o steso in pigiama sotto le lenzuola dell'ospedale. Senza parole, riuscì a mormorare uno stentato: «Bentornato».
Allora lui lo guardò e sollevò le labbra, ricambiando il suo saluto con un: «Grazie, Randy». La voce bassa, ma più decisa del solito, si mosse appena nella sua direzione e lasciò che Darrell si avvicinasse allo studio per aprire la porta.
Disse: «Ti ho fatto installare un letto giù, così non avrai difficoltà con le scale e potrai tornare a lavoro con il libro».
Gabriel si voltò nella sua direzione e annuì, certo che quello fosse il suo modo per chiedergli scusa. Non smise di sorridere, poi borbottò qualcosa come: «Voglio proprio vedere come sei andato avanti». Lo sentì ridacchiare, lo vide grattarsi la nuca e poi ritirarsi di qualche passo lungo il corridoio.
«Bene, ti lascio» disse. «Vorrai stare per i fatti tuoi, magari bere in tè rosso. Quanto tempo è che non ne bevi uno? Te lo faccio preparare da Judy, vuoi?» Guardò Judy, lanciandole un'occhiata complice, e poi allungò le braccia per farsi passare il piccolo che aveva in braccio.
Lei annuì, disse: «Certo, ci penso io». E ancora: «Bentornato, Gabriel».
«Grazie, Judy.» La vide allontanarsi, seguì Darrell con lo sguardo fin quando non sparì dietro le porte del salone e poi sospirò, facendo stridere le fastidiose rotelle del deambulatore verso lo studio.
Randy l'osservò in silenzio, infine si mosse nella sua direzione. «Mi farai entrare qualche volta?» chiese a bassa voce. «Ogni tanto vengo a prendere qualche libro, lo leggo prima di dormire; sai, mi aiuta a prendere sonno» mormorò, chiudendosi la porta alle spalle.
«Che domanda sciocca.»
Si strinse nelle spalle, poi si schiarì la voce e prese un bel respiro, disse: «Sei felice di essere a casa? Non mangerai più il cibo dell'ospedale, finalmente».
«Non si tratta solo del cibo dell'ospedale» lo corresse. «Posso riprendere in mano il libro.»
«Già, il libro» sospirò.
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Invisibile (salvation)
Romance(ADATTA A UN PUBBLICO MATURO) Dopo l'incidente, Gabriel non è più lo stesso. Steso sul lettino del Royal Victoria Hospital, fatica perfino a parlare e non riesce a muoversi. È per questo che Darrell prende in mano la situazione e, spronato da Simon...