Raggiunta Princes Dock Street, Simon scese dal taxi e iniziò a guardarsi attorno. Titubante, si chiese come Abeigeal lo avrebbe rintracciato, se il suo numero fosse ancora lo stesso e quando si sarebbe fatta viva. Per un attimo pensò a Randy, alla promessa che aveva fatto a Gabriel, e tentennò, con lo sguardo fisso sulla facciata di mattoni rossi e una mano in tasca.
Inspirò a fondo, poi tirò fuori il pacchetto di sigarette un po' accartocciato e fece scattare la rotella dello Zippo. Nelle orecchie, il rumore denso della fiamma accesa. Diede la prima boccata di fumo, la trattenne qualche istante e poi la fece fluire via dalle narici strette; un drago nella notte, il fumo grigio che saliva al cielo.
Solo allora tirò fuori lo smartphone, cercò Abeigeal in rubrica e si accorse di averla cancellata. Impiegò un po' più del previsto a ricordarsi tutte le cifre a memoria, ma poi riuscì a inviare la chiamata e attese. Qualche squillo, e udì la sua voce, la sentì esordire con un:
«Pronto, Simon, sei tu?».
Ci mise un po' per rispondere, tuttavia riuscì a mormorare qualcosa come: «Dove sei? Princes Dock Street è piena di palazzi».
Allora lei ridacchiò. «Sei riuscito a fare tutto ciò che ti avevo chiesto?»
«Sì, tutto quanto» confermò sottovoce. Chinò lo sguardo, fissò la punta delle proprie scarpe e mosse un paio di passi in avanti, avvicinandosi alle auto parcheggiate. Lì si fermò, si adagiò contro la carrozzeria di una Seat nera e storse le labbra, disse: «Cosa devo fare adesso? Non vorrai farmi aspettare qui tutta la notte, spero».
«E tu non vorrai continuare a fare il topo» aggiunse, il tono canzonatorio.
Lui si crucciò, poi sollevò la testa e cercò di guardarsi attorno. «Dove sei?» incalzò.
«Ti sto guardando.»
A quelle parole, Simon scattò in avanti e si allontanò dall'auto. Alzò il viso verso il cielo e poi scrutò le finestre spente, quelle illuminate, fin quando non la vide lì, affacciata al balcone del palazzo in mattoni rossi. Deglutì a vuoto, con lo smartphone ancora accostato all'orecchio. «Posso salire?»
Si strinse nelle spalle, poi si allungò verso l'esterno, indicò il portone con un braccio e mormorò: «Non cercare "Burke", cerca "Lynch"».
Sentendo il suo cognome, Simon storse le labbra in una strana smorfia. Per un attimo si chiese quando avesse acquistato quell'immobile, ma poi pensò alla setta, al Sacerdote che Randy aveva ucciso, e subito gli fu chiaro che i soldi fluivano a fiumi nelle tasche dei membri de Il Grande Drago Rosso. «Certo» grugnì a mezza bocca.
Un'ultima occhiata alla facciata, e chiuse la comunicazione. Contò i piani che lo separavano da Abeigeal, infine si diresse verso il portone e suonò al citofono. Fissò la targhetta con su scritto "Lynch" e attese. Non dovette neppure presentarsi, dire "Sono io, Abeigeal", che sentì scattare il meccanismo alla sua sinistra.
Allora entrò, si mosse verso l'ascensore, sentì lo stomaco aggrovigliarsi in una morsa strana. E solo in quel momento iniziò a chiedersi come avrebbe fatto a portare via Randy. Lui, che era reduce da un incidente e che ancora ne portava i segni addosso, pretendeva di fare l'eroe per brillare agli occhi di Gabriel; era assurdo, così si disse.
Giunto all'ultimo piano, sobbalzò nell'abitacolo e aprì subito le porte. Sentì l'ansia guizzare nelle vene, il cuore battere freneticamente, e poco dopo la vide.
Lei era lì, sulla soglia, con indosso un bellissimo tailleur corvino e i capelli sciolti, una blusa rossa, un girocollo di perle. Lo guardava soddisfatta, il sorriso sulle labbra e la vittoria negli occhi. D'un tratto si ritrasse in corridoio, disse: «Prego, entra pure».
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Invisibile (salvation)
Storie d'amore(ADATTA A UN PUBBLICO MATURO) Dopo l'incidente, Gabriel non è più lo stesso. Steso sul lettino del Royal Victoria Hospital, fatica perfino a parlare e non riesce a muoversi. È per questo che Darrell prende in mano la situazione e, spronato da Simon...