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#Unaseriedisfortunatieventi



Edward ha cercato di avvicinarsi a me per tutto il resto della giornata, ma ho rifiutato ogni suo tentativo.

Con classe, ovviamente.
Ruotando il collo per far svolazzare i capelli, alzando gli occhi al cielo e sollevando con nonchalance il sopracciglio destro ogni qualvolta lui tentava di parlarmi.

Povero illuso, pff. Non parlerei con lui neanche se mi regalasse un pacco di tortillas... Credo. Anzi, spero non lo faccia mai per non provare il rischio.

Rotolo nel sacco a pelo dove sono malamente rannicchiata a causa di una lunga giornata di stress e duro lavoro fisico (ossia fare duecento metri di camminata per prendere la legna), e sbuffo con la faccia schiacciata al cuscino duro. «Essere stanchi è stancante.»biascico allungando una mano verso il telefono.
Riesco ad afferrarlo con l'indice e il pollice e ad accendere lo schermo. Devo strizzare gli occhi per non diventare cieca davanti al neon del display: non c'è campo.

Zero. Nada de nada.

Lancio l'apparecchio lontano e soffoco un urlo nel cuscino, ormai al limite. «Bene.»sibilo contrariata. «Ora ci manca solo che una famiglia di grassoni tedeschi venga a farci visita e siamo a posto.»

Mi crogiolo nelle mie disgrazie per alcuni minuti, dato che non ho nulla da fare, fino a quando Marta non mi chiama da fuori la tenda con la sua vocina timida. «Posso entrare?»

Stringo le labbra pensando al fatto che sia imparentata con quell'essere immondo, e annuisco a non so neanche io chi. «Okay.»

Sento il suono della zip che viene aperta e chiusa, e dopo un attimo due grandi occhi marroni mi scrutano curiosi. «Come stai?»

Faccio spallucce da sotto la coltre di coperte. «Mah, le solite cose sai. Annusare il delicato profumo della natura, assaporare ciò che la nostra Grande Madre ci offre, cercare nuove specie di animali in via d'estinzione. Tutto sotto controllo ecco.»

«Ma che...»aggrotta le sopracciglia fino a farle toccare con le ciglia e scuote la testa facendo tintinnare i piercing alle orecchie. «Ma tu odi stare qui.»afferma sedendosi all'estremità del mio sacco a pelo.

«Per favore, potresti essere meno perspicace? Cioè tu sei molto intelligente, troppo sai, a volte dovresti fare finta di non capire il mio tono sarcastico o i miei riferimenti a fatti o persone puramente casuali. Capisci?»

«Parli di Eddie?»chiede con sguardo eloquente.

Una finta risata divertita esce rumorosa dalla mia bocca. «Ma no! Perché dovrei pensare a quel... Tipo con i capelli indistruttibili come il pugno che vorrei dargli dal primo momento che l'ho visto?»

Marta sbuffa una risatina inquietante, di quelle che non promettono niente di buono. «Lo sapevo. Ti piace. Non è così?»assottiglia le palpebre, diventando ancora più inquietante.

«Dio santo.»esclamo saltando in piedi in una frazione di secondo. «Per carità! Perché devi pensare a queste cose?»domando quasi a disagio.

Sbatte un paio di volte le palpebre. Ci mette un po' per rispondere. Riflette a lungo, poi dice: «Beh, ad esempio, il fatto che ci siete sempre l'uno per l'altra, nonostante non vogliate darlo a vedere.»

Il ricordo della notte precedente irrompe nella mia testa con violenza, soprattutto l'istante in cui lui ha poggiato la mano sulla mia, come a volermi dare un conforto. Come se per lui fossi veramente importante...

«Basta.»inizio a camminare intorno al sacco a pelo con le spalle tremanti. «Sono baggianate... B-A-G-G-I-A-N-A-T-E.»

Solleva le mani in segno di resa, ma senza cambiare espressione né tono di voce. «Okay. Se lo dici tu.»si alza anche lei e si stira i pantaloncini verdi con i palmi. «Io ti ho avvertita.»

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