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#Ansiaportamivia

«Okay.» annuisco terrorizzata, il respiro affannato. «Ci siamo, andrà tutto bene. Tutti ascolteranno la nostra idea, sì, saranno ammutoliti davanti alla nostra maestosità. Ci chiederanno pure di entrare nel club! Okay no, forse è esagerato, ma dovrebbe essere una scena troppo epica...»

Rachel incrocia le braccia gonfiando ancora di più il suo seno già piuttosto ingombrante; i capelli rossi le ricadono lisci sulle spalle magre. «Certo che andrà tutto bene.» ribatte sicura. «Ho saltato la lezione di Yoga rassodante per venire qui. Il mio sforzo dev'essere ripagato.»

Marta le lancia un'occhiata stranita, i piercing sfavillano tra le sue orecchie grandi. «E io ho posticipato la visita al museo d'arte.» scuote la testa, affranta. «Hanno allestito il gabinetto della casa di Van Gogh, mi toccherà aspettare per vederlo.»

«Certo che tu sei strana, picci.» commenta Jonathan infilando le mani nel suo poncho zebrato. Si guadagna un'alzata d'occhi al cielo da parte di tutta la banda, tranne che di Andy.

È intento ad osservare Matthew Dustin mentre chiude il suo armadietto, i muscoli della schiena tesi sotto alla maglietta stretta.
Sono usciti alcune volte da quando è accaduto quell'evento spiacevole, ma fin'ora non c'è stato neanche un bacio. Trattengo una risatina e do una leggera gomitata al fianco del mio amico (anche perché più su non riesco ad arrivare). «Se vuoi ti presto dei fazzoletti.»

Si volta verso di me, sulla faccia il concentrato di un'espressione maliziosa. «Per?»

Allargo le braccia, le guance improvvisamente color ciliegia. «Per asciugarti la bava, Andy.» controbatto. «Com'è possibile che ogni volta pensi a...»

«Tranquilla Kit Kat.» Gab mi avvolge la vita con le sue braccia lunghe. «Lo sappiamo che i suoi ormoni sono troppo avanzati per noi comuni mortali.»

Alaska, che per tutto il tempo è rimasta in silenzio con la mente persa chissà dove, si scansa dal muro del corridoio e si avvicina a noi. «Quand'è che aprono quelle porte?» indica con il mento l'entrata della Sala del Consiglio. «Perchè io sono stanca di aspettare.» continua, il tono di voce piatto come la pancia di una modella.

«Tranquilla Antartide.» la richiama Andy, distogliendo per un attimo l'attenzione dal suo sogno erotico. «Se vuoi ti comprerò una bara, così starai più comoda. Si addice pure al tuo stile.»

«Pensa ad una bara piena di tortillas...» fantastico, lo sguardo sognante.

Purtroppo tutta la mia immaginazione svanisce nel momento in cui il preside, con il suo odioso fare bonario, apre la grande porta di legno e ci regala un sorriso finto quanto le unghie di Rachel. «Ma buongiorno! Ero sicuro di vederti, Morgan.» si rivolge a me, senza calcolare minimamente gli altri, quasi indossassero il mantello dell'invisibilità. «Tutto bene alla casa-famiglia?»

Annuisco cercando di apparire entusiasta. «Certo! Ho capito che non bisogna piu aiutare gli amici nei momenti di difficoltà, soprattutto quando stanno per essere picchiati da uno sconosciuto.» faccio l'occhiolino.

Non era proprio questo quello che volevo dire, ma neanche il signore in giacca e cravatta dinanzi a noi sembra aver capito molto, per fortuna.
«Accomodatevi.»

Entriamo tutti e sette dentro una grande stanza bianca con le pareti rivestite da libri. C'è giusto lo spazio per far entrare da una finestrella la luce del sole. Una cattedra lunghissima occupa gran parte della sala addobbata solo da un lampadario vintage.

Dietro la cattedra sono sedute quattro persone; due al lato destro del preside, due al lato sinistro. L'unica donna presente fra i cinque ci regala un sorriso rassicurante. «Buongiorno. Il vostro nome?»

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