Capitolo 32 - L'amore è un infame

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Cosimo

Da quando Sofia mi ha lasciato, come una sorta di abitudine ho iniziato a fumare ogni sera almeno tre o quattro sigarette allontanandomi dal gruppo con cui esco per poi ritornare da loro un po' più fatto e rilassato di prima.

Adesso che Emi lo zio è ritornato in città dopo un periodo passato dalla suocera, ha invitato il solito gruppo che frequentavamo ad uscire per una serata tranquilla ma comunque all'insegna del divertimento che con loro non manca mai.

Dal momento che avevano voglia di bere qualcosa senza spendere troppo, mi hanno obbligato a recarmi con loro ad un supermercato aperto 24 ore su 24. Le bottiglie di liquore qui costano di meno rispetto a quanto te ne danno in un bar qualsiasi, ma loro principalmente lo fanno perché sarebbe strano chiedere in un locale di farsi portare quattro cinque bottiglie di liquore tutte diverse.

Come d'abitudine chiamo il numero di Sofia. Sono anni che la chiamo o le scrivo nella speranza che mi risponda, ma non è mai capitato.

Lancio il mozzicone della sigaretta per terra, mentre mi sfreccia davanti un'auto e che fa così rumore da non farmi accorgere del rumore di tacchi alle mie spalle.

Istintivamente mi giro come era abituato a fare 4 anni fa quando qualsiasi ragazza io incontrassi, era perfetta per passare una notte di sesso. Ma alle mie spalle non c'è una ragazza qualsiasi.

"So... Sofia?" chiedo balbettando sorpreso. Innanzitutto non mi aspettavo che si è girasse per le strade di Milano tutta sola vestita in modo così provocante, ma soprattutto non sapevo che fosse ancora qui a Milano.

Lei mi sorride e si avvicina sempre di più a me. Superato il momento di trance iniziale, la ritrovo attaccata al mio busto stretta in un abbraccio caldo. Ma anziché ricambiare la stretta, le prendo il viso tra le mani per assicurarmi di avere per davvero davanti la persona che non vedo da due anni.

I contorni del suo viso sono più delineati di prima, si vede che è dimagrita molto, i suoi occhi sono pieni di trucco e i capelli sono corti come sempre.

I suoi occhi brillano quasi come se fossero in procinto di versare lacrime, ma tra i due credo che quello più emozionato sia io.

"Come stai?" le chiedo accarezzandole i capelli.

Una mano la posa sul mio petto provocandomi lo stesso brivido che ho provato quando quel giorno all'ippodromo di Milano ci siamo incontrati e toccati per la prima volta, e l'altra mano la posa sul mio fianco.

"Ora sto bene" sono confuso perché non so se questa sua affermazione riguardi lei tra le mie braccia oppure la sua spero passata malattia.

"Ho cercato in qualsiasi modo di mettermi in contatto con te, ogni giorno da due anni" ammetto.

"Il mio numero non è più lo stesso"

"Ah" ora tutto ha senso "Come stai?" è la prima cosa che mi viene da chiedergli.

"Già me lo hai chiesto"

"Sai cosa intendevo" evito di toccarla non perchè non mi manca (cazzo se mi manca) ma semplicemente perché ho la sensazione che potrebbe rompersi tra le mie braccia. Mi sembra così fragile. Anche se so che non lo è.

"Si sto bene. Non ho più il tumore"

"Sul serio?" chiedo euforico.

"Si" anche lei finalmente sorride.

"Si cazzo finalmente"

"Mi hanno trapiantato dei polmoni nuovi" inizia "E adesso mi rimane solo una cicatrice"

Giù Con Me - Guè PequenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora