22. Piccola Anima

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Il giorno dopo

Anna stava per varcare cancello del Gaio Valerio Catullo a testa bassa, con  passo svelto per non farsi notare. Quel giorno ed anche quelli a venire, doveva essere pari ad un fantasma: nemmeno uno studente del Catullo poteva e doveva accorgersi del malessere profondo che attraversava la ragazza.

Non era capace di dissimulare l'immenso dolore che provava e quindi non voleva suscitare alcun tipo di compassione in nessuno.

Aveva l'impressione che un pugile l'avesse presa a pugni fino allo sfinimento, per annientarla definitivamente.

Attraversò la strada velocemente, con le gambe indolenzite e con il cuore che ancora tremava. Nella sua testa rimbombavano le  parole di Niccolò prima che se ne andasse via, come un eco in una caverna. I suoi occhi, gonfi per tutte le lacrime versate silenziosamente durante la notte, erano coperti da un profondo velo di tristezza. Per fortuna, i suoi occhiali da sole proteggevano il suo sguardo, tanto vero quanto traditore, da occhiate indiscrete, o almeno così credeva.

Stava per entrare nel l'istituto, quando qualcuno le afferrò il braccio.

-Ehi Anna, pronta per la prossima puntata?- La voce di Federico era candida, delicata. La ragazza fece un respiro profondo e si voltò verso di lui. Ci mancava solo lui, pensò, rassegnata.

-Si ma devo correre in classe sai...- La sua voce era nasale, come quella di chi ha preso un brutto raffreddore o di chi ha pianto per un bel po'. Anna pregò mentalmente che il biondino non si accorgesse di nulla. Voleva fuggire via, sedersi al suo banco e allontanare la mente da tutto ciò che le era successo.

- Questa mattina siamo più suscettibili del solito eh? - Sghignazzò, aspettandosi di vedere anche Anna sorridere, ma lei rimase impassibile.

- Hai litigato con Marta?- Chiese improvvisamente, con un tono serio, quasi preoccupato. Fu a quel punto che la ragazza però, giunta al colmo sbottò, affermando che non erano affari suoi.

- Oggi non è giornata, almeno oggi non ridurre tutto a dei miseri flirt- Affermò quelle ultime parole con gli occhi che bruciavano dietro a quelle lenti specchiate. Fece per andarsene, ma per l'ennesima volta Federico le afferrò il polso.

I suoi occhi vispi si erano leggermente incupiti e cercavano di trovare il segno di certe preoccupazioni nel viso di Anna.

- Scusami, io non... ma è colpa del tipo?-La ragazza ebbe un tremore.

- Federico ti ripeto per l'ennesima volta che questa storia non ti riguarda... lasciami entrare in classe- la voce si soffocò e quelle ultime parole assomigliarono ad una preghiera.
Ti prego lasciami stare, ho bisogno di stare da sola.

Pensava nella sua testa
-Senti, io non riesco a voltarti le spalle e ad andarmene in classe. Credimi Anna-
Improvvisamente la ragazza rimase paralizzata. Nella sua testa si delineò la figura di spalle  di Niccolò che si allontanava a passo svelto dalla
Piazza.
Non siamo adatti a stare insieme
La voce profonda del ragazzo le rimbombava nelle orecchie, provocandole un distacco dalla realtà.

All'improvviso si sentì mancare il respiro.
Ebbe l'impressione di perdere i sensi e neanche si accorse che Federico aveva notato le bende sulle mani.

- Ehi ti andrebbe di entrare in seconda ora? Ci prendiamo un caffè e...-
Le parole sembravano campate per aria. Aleggiavano nella mente di Anna senza un filo logico apparente.

- No. Non farmi essere scortese- Guardò basso, evitando il volto angelico del ragazzo.
Se avesse potuto, avrebbe tanto desiderato che un soffio di vento la facesse allontanare via.
Voleva precipitare e farsi risucchiare da quella voragine che c'era nel suo petto.

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