Capitolo 29

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Adam's POV

-Max?-

-Hey, testa rossa!- esclamò il cugino di Noel -Come stai?-

-Senti. Avete un po' di soldi da parte tu e gli altri?- gli chiesi, senza rispondere alle sue domande.

-S-sì. Ma tu e Noel state bene? Vi servono soldi? Siete nei casini?- domandò Volkovic agitatissimo.

-No, ma Noel ha bisogno di vedervi. Ha bisogno di te, Abbie e di tutti gli altri- cercai di spiegare, cacciando indietro le lacrime, sforzandomi di sopprimere i singhiozzi.

Ero chiuso in magazzino, al lavoro.

Non volevo che gli altri mi sentissero o mi vedessero piangere.

-C-che cosa succede Adam?- mi chiese e mi resi immediatamente conto che Max avesse paura per Noel.

-L-lui continua a non uscire. Non ha conosciuto nessuno. Pensa che tutto il mondo trami contro di lui e...e sono preoccupato- ammisi, non riuscendo a nascondere il fatto che stessi piangendo.

-A scuola resta spesso indietro, nonostante i suoi sforzi ed il mio aiuto e questa situazione lo demoralizza tanto. A volte penso possa avere qualche d-disturbo dell'apprendimento...ma non so come dirglielo, perché forse se la prenderebbe...sai, discutiamo spesso...lui scatta un nonnulla-

-Quando è da solo a casa, passa il tempo al telefono con voi. Non esce e spesso lo sorprendo intento a piangere quando la sera torno a casa-

-Vorrei stargli più vicino...passare più tempo con lui...ma se non lavoro...le cure di papà non si pagano da sole...- sospirai.

-P-pensavo che magari vedervi per qualche giorno...e riavere la sua macchina qui...potrebbe aiutarlo ad essere più tranquillo...-

-Dammi il tempo di organizzare, okay?- mi rispose Max.

-Grazie-

-L'importante è che Noel sia felice. E tu svagati un po', che tra poco torni sui banchi-

-Non farmici pensare- sussurrai.

-Ci sentiamo, Adam-

-Tienimi aggiornato! E ti prego, convinci gli altri!-

-Sarà fatto!-

-Ciao Volkovic-

Noel's POV

Stavo aspettando Adam.

Avevo perso il conto del tempo che era passato.

Aveva promesso di passare a prendermi a scuola, come tutti i giorni, ma non si era ancora fatto vedere.

Avevo il telefono scarico e troppa paura per trovare il coraggio di provare a tornare a casa da solo.

C'era buio e pioveva.

Avevo freddo e tanta voglia di piangere.

Non avevo neppure pensato a prendere un ombrello!

La fermata della metro non era lontana, ma per arrivarci dovevo attraversare un vicolo poco illuminato e non me la sentivo.

Tentai di accendere di nuovo il mio telefono senza successo.

Imprecai tra me e me per minuti interi, poi tornai a sedermi sulle scale, nell'unico punto riparato.

Tremavo dal nervoso.

Scoppiai a piangere, ma mi obbligai a smettere subito dopo.

Non potevo cedere.

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