Capitolo 2

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I tedeschi non si allontaneranno da qui finché non troveranno coloro che stanno rubando i loro armamenti. Hanno intenzione di eseguire maggiori controlli , soprattutto oltre il coprifuoco.

Ecco ciò che diceva il biglietto del nostro comandante.
Inutile specificare che i colpevoli di tali sotterfugi fossimo noi.
"Le donne se la caveranno benissimo a raggirarli!" Esclamò Antonio con nonchalance. Non conoscevo il suo vero nome e non mi interessava scoprirlo. Mi faceva la corte da un anno ma non gli avevo mai dato soddisfazioni .
"Non sempre, caro Antonio, e questo lo sai bene. Ricordi ciò che è successo a Linda?" Gli rinfacciai.
Chi poteva dimenticarlo.
Seviziata, fucilata e umiliata in pubblico.
Molte volte gli esseri umani dimenticavano che neanche gli animali dovessero essere trattati in malo modo.
"Per noi uomini è molto più pericoloso. Lo sai meglio di me !" Ribatté a denti stretti.
"Certo che lo so. Dico solo che anche per noi non è facile. Non mi piace il tuo tono di voce . Siamo una famiglia, non siamo concorrenti pronti a sbranarci tra noi." Esclamai stizzita guardando gli altri negli occhi.
"Farò ancora la staffetta..." Continuai, "ho soltanto timore che possano scoprirvi. Non mi preoccupo per me stessa. Ieri mi hanno seguito fino a casa Bianchi e ho paura che continueranno a farlo."
"Ha ragione. Dobbiamo utilizzare maggiore accortezza." Mi difese Luca.
"Potremmo usare il sistema della bicicletta. Me lo hanno rivelato delle ragazze di Parma. Nascondiamo i messaggi sotto la sella della bici e noi ragazze potremmo guidarle fino a destinazione." Rivelai mentre gli altri mi ascoltavano attentamente.
"Ottima idea. Ci rincontreremo domani mattina. Riunione speciale. Per adesso potete andare. Tra poco c'è la ritirata. Nascondetevi bene e non fatevi scoprire. Vi raccomando di restare uniti." Esclamò Diego prima di salutarci.
Decisi di passare gli ultimi istanti soleggiati della giornata a terminare il libro che portavo con me costantemente nella mia borsetta. Era di Ugo Foscolo .Preferivo di gran lunga le sue poesie alle opere in prosa, eppure, quel libro mi aveva appassionato per i temi tratti.
"Non vieni con noi?" Mi domandò Luca seriamente preoccupato.
"Tranquillo, sai che ogni tanto ho bisogno di restare da sola e passare il tempo con i miei libri e i miei appunti." Lo rassicurai.
"Fai soltanto attenzione. Non voglio che qualche tedesco ti veda mentre sei sola." Mi Sussurrò preoccupata.
"Non mi accadrà nulla . Tornerò prima delle 19:00, prima del coprifuoco." Affermai mentre un lungo sospiro attraversò le sue labbra.
"Hai la testa più cocciuta del muro oltre che una lingua affilata !" Esclamò mentre mi posava un bacio sulla fronte.
Gli sorrisi e lo salutai con un cenno della mano mentre mi allontanavo.
Andai al mio rifugio: le rive del fiume Savio.
Adoravo bagnare i piedi nell'acqua fredda mentre leggevo un bel libro.
Quella volta non fu diverso.
Jacopo Ortis mi teneva compagnia in quel tardo pomeriggio primaverile.
Le sue ultime lettere. Una raccolta di epistole che portano ad un'unica e tormentata fine.
Mi addormentai con il libro tra le mani.
Non era la prima volta che mi succedeva. Il venticello fresco mi donava una tranquillità che non vivevo da tempo. Non da quando , entrata nella Resistenza, dovevo avere gli occhi aperti anche di notte, soprattutto di notte .
Purtroppo, però, avevo rinunciato a molte cose per poter essere indipendente e libera.
L'amore, il vero amore. In una società come quella del fascismo, amore significava sottomettersi. Essere una buona madre, una buona moglie e una buona figlia. Davvero contava così poco la nostra opinione?! Il nostro voto alle elezioni che ci era stato promesso e non più donato ?!
Ecco perché non credevo all'amore. Lo leggevo soltanto nei libri. Shakespeare, Dante... oppure il mito greco di Amore e Psiche.
Eppure erano tutte finzioni.
Dante non ha mai avuto possibilità con Beatrice e Romeo e Giulietta, beh non credevo esistessero davvero due amanti pronti a morire per un amore senza futuro.
Amore , nel mio contesto storico , significava servire, adorare e lodare il proprio marito.
Ero stanca di quella gabbia.
Ero pronta a rischiare il carcere pur di sentirmi libera. Quella sera ci andai vicino.
"Ehi, tu! Che ci fai lì ?!" Urlò una voce palesemente straniera.
Mi svegliai e mi alzai di colpo. Lisciai la mia gonna lunga fino alle ginocchia e raccolsi il libro da terra.
"Mi sono addormentata e ho perso la cognizione del tempo..." Rivelai accorgendomi di quanto fosse buio e di quanto avessi infranto il coprifuoco. Ero nei guai fino al collo.
"Sei impazzita?! Lo sai in che guaio ti sei cacciata!" Urlò ancora una volta avvicinandosi e prendendomi un braccio.
Era l'ufficiale Bendix Kaiser. Riconobbi i suoi occhi e la sua incisione grazie alla fioca luce che la luna piena lasciava penetrare quella sera.
"Lasciami andare. Tornerò a casa." Esclamai divincolandomi.
Non sarebbe stata un'impresa facile.
"Devi venire con me!" Esclamò a denti stretti aumentando la presa.
"Dove mi porterai? In carcere? Per aver dormito un po' di più?" Domandai ironica mentre il suo sguardo si infuriava.
"Dovrei, e non per aver dormito, ma per aver infranto il coprifuoco! Sai che ti sarebbe successo se ti avesse trovato qualcun altro?!" Urlò mentre mi trascinava con sé.
"Allora dove mi porti?" Domandai in cerca di una spiegazione.
"Attenderai il turno con me dopodiché ti porterò a casa! Meglio che ti trovino con me e pensino che ti stessi sfruttando piuttosto che trovarti sola ed entrare in una prigione da cui è quasi impossibile uscire. Perlomeno intatta !" Precisò facendomi incuriosire.
"Allora perché non fai lo stesso?" Gli domandai.
"Perché per adesso non mi sembri una minaccia che possa essere torturata senza motivo." Rivelò con un sospiro.
"Va bene , verrò con te..." sussurrai seguendolo, "però lasciami!" Gli imposi massaggiandomi il polso.
Lo fece. Mi lasciò andare.
Arrivammo alla sua postazione. Mi fece sedere su uno dei loro mezzi di trasporto.
"Mettiti comoda, Fräulein." Esclamò aiutandomi a sedermi sul retro del camion.
Era un camion militare. Il retro era pieno d'armi ed io ero tra loro.
"Ti prego. Chiamami Carol. Odio quel nomignolo!" Rivelai guadagnandomi un suo sguardo curioso. Ormai ero passata inspiegabilmente al tu. Non sembrava essersene accorto.
Da quando i tedeschi avevano occupato il Nord, ero costretta ad essere chiamata così ogni giorno.
"Bene , Carol. Adesso invece mi interesserebbe sapere cosa stavi leggendo." Domandò indirettamente.
Dondolai i piedi freneticamente.
"Le ultime lettere di Jacopo Ortis, Foscolo. Lo conosci?" Domandai annoiata.
Ogni volta che parlavo dei miei libri, nessuno mi capiva.
"Certo, la brutta copia dei Dolori del giovane Werther di Goethe." Esclamò lasciandomi stupita.
"Brutta copia?!" Affermai esterrefatta, "una versione migliore, vorrai dire , ufficiale Kaiser."
"Per favore, mi chiamo Bendix. E sì, è una brutta copia." Continuò con un sorriso strafottente.
"Oh certo. È meglio suicidarsi per un amore senza lieto fine che per una nobile causa politica , una politica destinata ad essere corrotta e fallire." Esclamai ironica catturando la sua attenzione.
"Non credi nell'amore, Carol?" Domandò improvvisamente facendomi arrossire.
"Certo. Ogni volta che una bomba viene sganciata dal cielo , oppure quando continuano a ripetermi che devo allenarmi per avere un buon fisico adatto a generare una numerosa prole, oppure..." mi fermai. Non potevo rivelare queste cose ad un nazista.
Sorvolò le mie parole.
"Io sì, invece." Sussurrò semplicemente.
Seguì un lungo silenzio.
Come si poteva uccidere tante persone e credere nell'amore?!
Mi soffermai a guardare il cielo. Le stelle brillavano luminose mentre diversi grilli si facevano eco dai boschi.
Speravo di non sentire alcun rumore. Speravo che la mia brigata non si facesse viva quella sera.
Per fortuna ciò non avvenne.
Passarono diverse ore quando il sole iniziò a farsi strada nel cielo.
Bendix dormiva con il fucile tra le mani.
Fu allora che decisi di approfittarne.
Me ne sarei andata prima che se ne accorgesse oppure avrebbe scoperto il mio segreto. Mi avviai cauta . Poi , corsi a più non posso tra i boschi.
Dovevo tornare alla base. Dovevo assicurarmi che Luca non si fosse messo nei guai per cercarmi.
Volevo rassicurarlo prima che gli venisse un infarto.
Arrivai in men che non si dica, con il fiato corto e la coda tra le gambe.

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