26. Stronzata e ricordi.

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CAPITOLO XXVI

Una settimana che la ragazza continuava a resistergli, aveva provato di tutto ma era testarda, vendicativa e soprattutto decisa ad avere ciò che voleva. Mentre si dirigeva fuori verso il lago nero dove si erano dati appuntamento si sentì umiliato per l'idea di dover cedere alla richiesta della ragazza.

«Furetto.» lo salutò sorridendo lasciandogli un veloce bacio sulle labbra contratte. Sembrava aver dormito fin troppo bene la Grifondoro nel suo letto da sola al contrario del Serpeverde, che si era rigirato come un matto senza chiudere gli occhi. «Nervoso? Ancora il professore di pozioni?»

«Mi sembri fin troppo contenta, Mezzosangue. Hai qualcosa da dirmi?» chiese curioso ed irritato. Era ridicolo che lui non riuscisse a dormire senza di lei ad occupargli il letto mentre lei era tranquilla ed indifferente.

«Il ballo è tra una settimana, qualcuno deve invitarmi.» spiegò alzando il braccio ancora libero dal braccialetto che avrebbe dovuto avere se avesse avuto un accompagnatore. Che ricorrenza stupida, pensò il ragazzo, ma aveva adempito al suo compito e le aveva preso un meraviglioso bracciale che avrebbe luccicato più di tutte le luci nella sala, con piccolo disegno della costellazione del Dragone al centro.

«Mettiamo fine a questa stronzata.» sussurrò il ragazzo infilando la mano nelle tasche del pantalone per prendere la scatola rossa contente il bracciale. «Allora Granger-»

«Non mi sembri convinto.» lo interruppe bruscamente incrociando le braccia al petto. «Se non vuoi venire con me, puoi andare da solo!»

«La trovo una stronzata, se ci tieni a saperlo. Ma se vuoi questa scenata, ecco fatto.» continuò aprendo la scatola per farle vedere il bracciale. La mascella di Hermione quasi non toccò il terreno per quanto fosse brillante anche in una giornata nuvolosa. «Vuoi venire al ballo con me, Granger?»

«Per Merlino ma è... non posso accettarlo è..... cazzo Draco ora mi sento in colpa!» sbottò la ragazza continuando a guardare quell'insieme di brillanti sconcertata. Il ragazzo non le diede ascolto e le infilò velocemente il braccialetto al polso per mettere fine a quella farsa fatta solo per accontentarla. «È la tua costellazione, vero?»

«Si, così potrai tenerlo e penserai sempre a quante storie mi hai fatto per avere un qualcosa di mio.» rispose ironico posando di nuovo la scatola nella tasca dei suoi pantaloni. «Anche se ormai ti sei appropriata del mio guardaroba.»

«Ti rendi conto che Ginny ha un nastro rosso al polso? Io ho un... cosa sono diamanti?» continuò la ragazza facendo ridere il moro che prese posto sotto un albero, invitandola poi tra le sue braccia. Hermione non rifiutò e si sistemò comodamente senza paura che qualcuno potesse vederli. Qualcuno come il suo migliore amico..

«Come mai sei nervoso?» domandò dopo pochi minuti di silenzio incrociando le loro dita delle mani: due pezzi di puzzle. «Ti vedo stanco.»

«Sono stanco, non ho dormito tutta la settimana.» ammise stringendola tra le sue braccia. Le ammetteva troppe cose, pensò quando lei sospirò contro il suo collo. «Il letto è scomodo, forse dovrei cambiarlo.» continuò cercando di cambiare argomento.

«Sai cosa ho ricordato in queste sere senza di te?» propose la ragazza facendo il primo passo per la verità. «Prima di tutto mi sono resa conto che si sta davvero scomodi senza di te, e poi ho pensato a quella volta in cui hai scelto di non riconoscerci quando eravamo proprio davanti ai tuoi occhi.»

«Guardali bene, figliolo. Se consegniamo Harry Potter al Signore Oscuro ci sarà perdonato qualsiasi cosa. Tornerà tutto come prima, capito?» disse suo padre mentre stringeva dolorosamente la mano dietro al suo collo, facendo pressione su Draco. «Allora? È lui?» continuò insistente portando il ragazzo davanti al trio delle meraviglie. L'istinto gli urlò di dire la verità, sarebbe potuto finire tutto in quell'istante: le torture che gli imponevano di fare e di sopportare, lo costringevano a rimanere chiuso per ore nella sua stanza e fissare il muro facendosi logorare dentro dal vuoto. Ma poi lo sguardo passò sui tre terrorizzati e capì che non dovevano soffrire quanto stesse soffrendo lui in quel momento. Decise di mentire, chiuse la mente proprio come gli aveva insegnato il professor Piton, cosicché nessuno potesse leggergli la mente per capire e mentì.

«Io.. io non sono sicuro.» sussurrò incerto, guardando il volto sfigurato di Harry Potter.

«Sai invece cosa ho ricordato io?» domandò il ragazzo lasciando subito le mani della ragazza che si voltò confusa verso di lui. «Di te stesa sul mio pavimento mentre piangevi e ti dimenavi. È stata la prima volta che hai detto il mio nome ed io sono rimasto fermo, immobile a guardare.»

«Non potevi fare nulla. È passato.» riprese la ragazza tornando a prendergli le mani fredde, era gelido ogni volta che si sentiva in colpa, che pensava di aver sbagliato. «Era la tua famiglia, Draco. Io non ero nessuno.»

«Oppure di quando mi hai detto che mi ero comprato l'ammissione alla squadra.»

«Hai dimostrato che avevo torto con tutte quelle vittorie.» ribatte la ragazza non riuscendo a capire dove volesse arrivare il ragazzo con questi ricordi.

«Quando mi hai dato un pugno.»

«Te lo meritavi, furetto. Fierobecco non ti aveva fatto niente, eri così melodrammatico.»

«Come tutto quest'odio ti è potuto trasformare in... altro?» domandò smettendo di far girare i suoi occhi verso il vuoto e li portò sul viso della ragazza. «Ti ho mai odiata davvero?» si chiese in un sussurro, quasi come se fosse una domanda per lui.

«Avevi dei capelli terribili, un anello troppo costoso per essere un bambino come noi, eri viziato e presuntuoso, il tuo sangue sopra tutto, tuo padre che sistemava ogni tuo sbaglio.» iniziò la ragazza facendo crucciare l'espressione di Draco. «Eppure a volte mi sentivo in colpa quando il mio subconscio mi faceva riflettere sul fatto che tu fossi davvero un ragazzino molto carino, viziato e stronzo, ma carino!»

«Tu invece eri una stronza, l'ho capito dal primo istante. Quella voce irritante pronta a correggere qualsiasi cosa, quella lingua che non tenevi mai ferma, la mano sempre alzata a lezione per mostrare che eri la migliore, i migliori ragazzi della scuola ai tuoi piedi e mi dava così fastidio che una Mezzosangue potesse avere dei voti migliori dei miei.» raccontò il ragazzo ridendo quando ebbe un pizzicotto sul braccio. «Dimenticavo, sei manesca Granger.»

«E tu uno stronzo.» disse di nuovo la ragazza ridendo. «Avresti mai pensato che ci saremmo potuti ritrovare così? Sotto un albero a ricordare i momenti passati ad odiarci mentre ci teniamo la mano come due adolescenti? Che strana la sorte.»

«Sei tu che tieni la mia mano, Mezzosangue.» le fece notare il ragazzo ricevendo di nuovo un occhiata da Hermione, che però spense subito con un bacio.

«E tu mi stai baciando.» costatò la mora allontanandosi di poco, facendolo ridere di nuovo. «Che schifo, la mia saliva con la tua. Ew!»

«Ho intenzione di unire molto di più che la nostra saliva, Mezzosangue.» disse il ragazzo quasi con un tono di minaccia, alzandosi dal suo posto e tirandola con se verso la scuola. «Mi devi ridare una settimana di sesso.» le ricordò ed Hermione lo seguì sorridendo, alla fine dei conti anche lei non aspettava altro che essere stretta tra le sue braccia.

Amantes amentes; Dramione. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora