Capitolo 12

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-"Accidenti mamma! Non credevo ti fossi presa questa bella influenza!"- esclamai dopo che le ebbi toccato la fronte. Scottava tremendamente ed ero sicura che si fosse ammalata per bene. Erano diversi giorni in cui non la vedevo bene ed, ormai, avevo avuto le mie conferme. In quel momento se ne stava coricata a letto con le coperte fin sotto il naso e con il suo, ormai, compagno di quelle giornate: il termometro. Lei sospirò stanca e mi guardó con un espressione fiacca.

-"Non è colpa mia se è tornato di colpo il freddo"- rispose alzando gli occhi al cielo. Ed era vero. Erano passati due mesi, ormai, e l'estate era solo un ricordo. Nuovamente il caldo aveva fatto spazio al gelo e riempendo le strade della città di odiosa pioggia. Non sopportavo quella stagione.

-"Metti questa per il momento. Io esco"- dissi poggiandole sulla fronte uno straccio inzuppato di acqua gelata.

-"Dove vai?"- chiese.

-"Vado dal dottore in modo che ti prescriva qualcosa da prendere"- risposi mentre prendevo il cellulare per metterlo in tasca. Gli impacchi di acqua fredda avrebbero fatto sempre il loro compito ma le medicine l'avrebbero portata direttamente, e più rapidamente, alla guarigione.

-"Ma non ti devi preoccupare.."- cominció a dirmi infastidendomi. Da sempre era stata una persona che amava fare tutto da sola senza l'aiuto degli altri, ma quello che non riusciva a comprendere era, che delle volte, esso era strettamente necessario.

-"Tranquilla, non mi costa nulla"- la informai gesticolando. Lei non disse altro e si accese la tv. Ringraziai il cielo che avesse capito il motivo del mio aiuto, ed uscii dalla stanza. In poco tempo mi ritrovai fuori casa per dirigermi dal mio dottore che distava abbastanza da casa mia. Per quel motivo dovetti aspettare che passasse l'autobus così che potessi raggiungere più rapidamente il posto. Così mi diressi alla fermata e, nel frattempo che aspettavo, decisi di telefonare Vanessa per vedere cosa facesse. Erano più o meno le cinque del pomeriggio e sperai che non stesse più dormendo.

-"Hey Auro!"- mi salutó un po' agitata. La sentivo come se stesse correndo da una parte all'altra senza sosta. Non riuscivo a capire il motivo di tutto quel caos.

-"Vane! Ma che sta succedendo lì?"- domandai leggermente preoccupata. Sentirla così allarmata per qualcosa mi faceva preoccupare.

-"Aurora non ti ho detto nulla, ma questa sera ho un appuntamento con Alessio e non ho idea di cosa mettere!"- esclamó quasi impazzita. Ridacchiai e mi calmai subito.

-"Dai ma stai tranquilla! Qualsiasi cosa tu metta gli piacerai"- dissi con un sorriso. Alessio, fin da subito, si era fatto vedere interessato a lei quindi di certo non sarebbe andato vedere, o criticare, i vestiti della bionda.

-"Ma no! Devo mettere qualcosa per sembrare decente!"- piagnucoló facendomi quasi ridere.

-"Perché non metti quel vestito nero che indossasti l'altro giorno?"- domandai riferendomi ad un indumento già vistole addosso. Restó in silenzio per un po' di tempo e poi rispose entusiasta.

-"Ma certo! Grazie tante per il consiglio"- esclamò facendomi ancora ridere. Era incredibile come avesse le risposte e le soluzioni davanti ai suoi occhi e non se ne accorgesse per niente.

-"Tu invece cosa fai?"- domandò subito dopo curiosa. Mi porsi un po' in avanti per vedere se il pullman fosse arrivato e così non fu. Sbuffai e mi coprii meglio col cappotto dato che sentivo freddo.

-"Aspetto il pullman perché vado dal dottore"-

-"Ah si? E come mai?"- continuó a domandare.

-"Mia madre non sta bene"- risposi sospirando.

**
Una volta esser scesa dal mio autobus mi diressi verso lo studio del medico. Salii le scale con calma, dato che uno strano dolore al basso ventre si stava ripresentando. La pancia nel giro di due mesi si era leggermente gonfiata e, quando non indossavo la maglia, si riusciva a capire che fossi incinta. Poggiai una mano sul ventre e feci una scala per volta, per evitare anche di stancarmi. Le scale, per fortuna, terminarono ed io potetti dirigermi verso la sala d'aspetto.

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