Capitolo 29

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-"Devo ricordarmi di staccare quel fottuto campanello un giorno"- sbuffai stufa mentre mi alzavo per andare ad aprire. Avevo appena preso sonno e qualcuno era già pronto ad infastidirmi. Mi diressi a passo svelto verso la porta e la aprii senza vedere neanche chi fosse. Mi accorsi subito di aver fatto un madornale errore e che avrei dovuto abituarmi al fatto di guardare dallo spioncino.

-"Ciao, Giacomo. Non mi aspettavo di vederti qui"- dissi facendo un finto sorriso e guardandolo confusa. Che diavolo ci feceva a casa mia? Non si era mai presentato a quella porta e vederlo lì mi faceva riflettere.

-"Volevo vederti"- ammise con un sorriso. Lo guardai spiazzata e senza saper che altro dire. Che voleva da me? Cercai di essere il più gentile possibile, ma la situazione mi lasciava con i dubbi.

-"Ma ci siamo visti questa mattina in accademia.."- risposi sbuffando una risata. Era assurdo tutto ciò. Dopo tanto tempo il mio ex veniva e bussare alla porta di casa senza un vero e valido motivo. Lui fece un passo verso di me e continuó a sorridere.

-"Lo so, però mi mancavi. Come la mettiamo?"- chiese alzando un sopracciglio e facendo un'altro passo facendomi indietreggiare. La porta di casa rimase aperta, ma nel frattempo lui continuava a superare l'uscìo.

-"Giacomo hai bevuto?"- chiesi deglutendo e cercando in tutti i modi di sembrare forte. Quella situazione cominciava a spaventarmi, ma provai a restare calma.

Forse sta solo scherzando.

Pensai e cercai di convincermi di ciò.

-"Assolutamente no. Sono venuto qui più sobrio che mai"- rispose contrariato e facendo spallucce. Mi guardava con occhi indagatori ed ogni tanto scendeva con lo sguardo lungo il mio corpo.

-"Cosa sei venuto a fare?"- cominciai a domandare con un tono di voce più duro. Dovevo farmi valere. Non avevo alcuna intenzione di sembrare debole davanti ai suoi occhi. Sentivo dentro di me una brutta sensazione e ciò non era piacevole.

-"Volevo dirti un paio di cosette"- disse facendo il finto tonto ed alzando la testa per guardare il soffitto. Cominciò a fischiettare e quell'atteggiamento mi fece insospettire. Era da tempo che non si comportava in quel modo così strano ed inconsueto. Era sempre stato così dolce e carino da quando l'avevo rincontrato, ma in quel momento non sembró essere lui.

-"Giacomo non ho tutto il giorno"- sputai acida mettendo le braccia a conserte. Poggió una mano sotto il mento e mi guardó stringendo gli occhi.

-"Vedo che tra te e Niccolò le cose sono parecchio cambiate"- cercò di indagare lasciandomi sorpresa. Che voleva saperne lui della mia situazione sentimentale?

-"Ti importa?"- chiesi con tono freddo. Detestavo quando la gente si intrometteva nella mia vita.

-"Oh si molto, ora però rispondi"- disse con un tono di voce più serio. Aggrottai la fronte e mi schiarii la voce.

-"Si, le cose sono cambiate. Ti basta?"- domandai inarcando un sopracciglio mentre osservavo quei suoi occhi color cielo.

-"Scommetto che avete litigato"-

-"Giacomo, che cazzo vuoi?"- sbottai entrando nella volgarità. Lui sembrò adirarsi di colpo e si avvicinò ancora di più a me. Provai ad indietreggiare, impaurita dalla sua reazione, ma la parete sembró essermi fin troppo vicina. Così, ci poggiai sopra la schiena e lo guardai intimorita. Afferrò un mio braccio con forza e mi strinse il polso facendomi quasi male.

-"Prima di tutto voglio che tu smetta di parlarmi in questo modo"- cominció a dire a denti stretti. Strizzai gli occhi e cercai di liberarmi dalla sua presa. Mi stavo letteralmente spaventando. Non ebbi il tempo di ribattere che lui parlò un'altra volta.

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