Quando Mark aveva deciso di viaggiare per il mondo non aveva mai pensato che avrebbe potuto trovarsi in una situazione simile. Se l'avesse saputo si sarebbe premurato di spostarsi sempre in compagnia di qualcuno: non si sarebbe trovato da solo in un punto imprecisato della giungla indiana, immerso nel verde.
In ogni luogo che visitava, il ventiduenne cercava sempre di coglierne l'essenza, i lati più nascosti, celati negli angoli più reconditi. Per questo, munito di macchina fotografica, si era inoltrato nel folto della foresta, tra grandi alberi dalle foglie rigogliose e liane dall'aspetto resistente. Aveva lasciato il sentiero, "solo per un attimo", si era detto, "poi torno indietro". Eppure, catturato dalla varietà delle forme di vita presenti in quel verde, tra uccelli variopinti e fiori meravigliosi, tra piante dai grossi frutti succosi e scimmie incuriosite da quel buffo visitatore, Mark aveva trascorso ore e ore vagando senza una vera e propria meta, guidato solo dal desiderio di scoprire cose nuove e catturarle con l'obbiettivo della sua fotocamera, cogliendole senza filtri, in un istante di pura e semplice vita. Quando però aveva notato l'azzurro del cielo diventare di un blu più deciso si era guardato intorno in cerca del sentiero, ma invano.
Aveva vagato fino a quel momento, preso da un crescente senso di panico. Lì nella giungla il telefono non funzionava e qualunque tentativo di cercare aiuto o di orientarsi era stato vano. A un certo punto aveva deciso di fermarsi, preso dallo sconforto più totale. Seduto su quel tronco, pensava alla propria situazione, alla stupidità con cui ci si era cacciato e a un modo per uscirne.
Dopo essersi arrovellato per un tempo che gli parve correre via senza aspettarlo, Mark si alzò dal tronco su cui era seduto. Autocommiserarsi non sarebbe servito e cercare di trovare il sentiero a quell'ora, quando ormai le ombre calavano e la notte scendeva lentamente, come una dama avvolta in un abito di velluto blu scuro su una lunga scalinata, era impossibile, oltre che pericoloso. Analizzò la situazione: con sé aveva un sacco a pelo, una borraccia mezza piena d'acqua e alcune barrette energetiche; poteva sopravvivere fino all'indomani - almeno, senza tener conto di minacce esterne, un lusso che tuttavia non poteva permettersi.
Dopo aver costruito un rifugio di fortuna e aver mangiato e bevuto qualcosa, Mark si distese sul sacco a pelo, il viso rivolto al cielo. I pochi sprazzi di volta celeste che riusciva a scorgere tra le fronde degli alberi erano ricchi di meravigliosi puntini luminosi. Il giovane cercò di tenersi sveglio osservando le stelle, ma alla fine il sonno lo vinse.
Fu svegliato da un rumore inquietante: un basso ruggito, probabilmente di una tigre, a pochi metri di distanza da dove si trovava. Il fuoco che aveva acceso si stava ormai spegnendo e, alla debole luce delle poche braci ardenti, Mark potè scorgere la figura di un grosso animale che lo fissava. Colto dal terrore, Mark si immobilizzò, fissando i due occhi gialli della tigre, che brillavano nel buio come due torce. Ripensò alla sua vita, rivide nella mente tutti i volti amati - i genitori, la sorella, il suo ragazzo Jonathan, che sarebbe voluto venire con lui in India ma che, alla fine, era dovuto rimanere a casa -, pregò qualunque divinità conoscesse di salvarlo. Il minaccioso felino si avvicinò lentamente, un passo alla volta. Mark sentiva il sangue pulsargli forte nelle vene, il battito accelerato, e già immaginava cosa gli sarebbe successo: la tigre l'avrebbe sbranato, facendo scempio del suo corpo, azzannandolo ferocemente e nutrendosi delle sue carni. Mentre la belva si avvicinava, il ragazzo pregava per una morte rapida e indolore. "Fa' che il mio cuore si fermi subito", diceva. "Fa' che io non mi accorga di nulla, quando la morte verrà per me."
La tigre era vicina a lui, ne sentiva il respiro sul viso. Sentiva il suo fiato caldo sul collo, mentre quella lo annusava con circospezione. L'animale aggirò lentamente il giovane, il naso a pochi centimetri dalla sua pelle; un movimento brusco da parte di Mark e la belva feroce gli sarebbe saltata addosso, riducendolo in poltiglia.
Quando la tigre ebbe fatto un giro completo intorno al corpo immobile e teso del giovane si fermò. Lo fissò per istanti che a Mark parvero interminabili, poi lentamente si girò e si allontanò, lasciando il giovane immobile, col cuore in gola, gli occhi sbarrati rivolti verso il buio, i sensi all'erta, in attesa di una nuova minaccia, mentre il sollievo per aver scampato la morte si faceva strada dentro di lui con lentezza inesorabile.
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Writober 2019
Short StoryAvete presente l'Inktober? Ecco, questo è simile: al posto di disegni ci sono racconti più o meno brevi, la cui tematica varia ogni giorno del mese. Vediamo quanto ci metto prima di fallire miseramente :)