Giorno 31: vetro

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Il suono del campanellò distolse l'attenzione di Jonathan dagli ultimi preparativi per la festa che avrebbe tenuto a casa sua di lì a poco. Erano le 21:30. "Ma i ragazzini non sono tutti a casa a godersi il loro bottino?" pensò, dirigendosi stancamente alla porta. Probabilmente era solo uno degli invitati che era molto in anticipo.
Jonathan aprì la porta e si trovò una figura incappucciata, alta circa un metro e quaranta. Non riusciva a vedere nulla della persona che aveva appena citofonato, eccetto le mani, che sbucavano fuori dalle maniche nere della tunica. Dubitava che fossero vere: erano grigiastre, rugose e le dita parevano artigli, perciò con ogni probabilità erano parte del travestimento.
"Bel costume, ragazzo" esordì Jonathan.
"Dolcetto o scherzetto?" chiese invece l'altro, la voce roca. Doveva essersi proprio impegnato nei minimi particolari, commentò fra sé il ventisettenne.
"Mi dispiace davvero, ma pensavo che dopo una certa ora i ragazzini fossero a casa, perciò ho dato tutto quel che mi rimaneva agli ultimi bambini che hanno bussato alla mia porta."
"Ma io ho detto 'dolcetto o scherzetto?'."
"Lo so - e qui Jonathan si fermò per fare mente locale, ma riuscì solo a elencare cose contenenti alcol decisamente inadatte a un bambino - ma non ho davvero nulla in casa, soltanto qualche mela. Vuoi che ti vada a prendere una mela?"
"Non voglio una mela, voglio un dolcetto."
"Lo so", rispose Jonathan, iniziando ad alterarsi, "ma, come ho detto, non ho nulla da darti se non delle mele."
"Dolcetto."
"Se lo vuoi così tanto vai a chiederlo ai tuoi genitori" rispose piccato il primo, rientrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle.
"I ragazzini d'oggi" borbottò indignato, mentre tornava a ciò di cui si occupava prima di quell'interruzione. Al di là dell'uscio sentì un rumore simile a un basso ringhio, ma non ci fece caso; aveva altro da fare.
Qualche minuto dopo, i lampioni che illuminavano la via si spensero simultaneamente, con un rumore di vetri rotti; dovevano essersi contemporaneamente fulminate le lampadine, per quanto improbabile. Anche le luci della casa iniziarono a sfarfallare: forse c'era stato un cortocircuito in tutta la via. Jonathan accese le candele che aveva sistemato in giro per la casa per creare atmosfera. Mentre se ne occupava sentì il rumore di un vetro che andava in frantumi: era la finestra del salotto, che era andata in mille pezzi spargendo schegge sul pavimento. Perplesso, l'uomo si avvicinò per cercare di capire cosa avesse provocato l'incidente; tuttavia, non essendo giunto ad alcuna conclusione, raccolse le schegge con una scopa e le buttò. Fatto ciò, decise di continuare a  prepararsi: di lì a poco sarebbero arrivati i suoi ospiti.
Mentre Jonathan era intento a truccarsi per la serata, il vetro dello specchio esplose in una miriade di schegge; una di queste lo ferì al braccio. Contemporaneamente, in un altro punto della casa una finestra si frantumò. Adesso Jonathan iniziava a preoccuparsi seriamente. Tenendosi una garza imbevuta di disinfettante sul braccio si diresse verso la fonte del rumore. Ogni volta che passava davanti a qualcosa fatto di vetro, quello andava in frantumi: l'uomo faceva appena in tempo a schivare le schegge più grandi, ma le più piccole si conficcavano nella sua pelle. Giunto nel salotto, trovò intorno a sé uno stillicidio di vetri.
"Okay, chi c'è? Fatti avanti, bastardo!" gridò Jonathan, un tremolio nella voce. Per tutta risposta, i vetri iniziarono a vorticare attorno a lui, minacciosi. In poco tempo, l'uomo si trovò con le spalle al muro - anzi, più precisamente alla finestra, l'unica ancora intatta - mentre un'orda di schegge attentava alla sua vita. Il suo cuore batteva impazzito, i suoi occhi vagavano da una parte all'altra della stanza in cerca di una spiegazione logica e razionale.
D'un tratto, qualcosa afferrò Jonathan e lo spinse contro la finestra che, nel frattempo, andava in frantumi. Abbassando lo sguardo terrorizzato, tutto ciò che riuscì a vedere fu una mano grigiastra e nodosa, piena di rughe e simile a un artiglio. Cominciava a pensare che forse quello con cui aveva parlato non era un bambino in costume.
Sentì una fitta al petto, mentre una grossa sceggia di vetro veniva conficcata proprio dov'era il suo cuore.
"Avevo detto 'dolcetto o scherzetto?'. Se io non posso avere il primo, tu avrai il secondo."

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