Non appena entrai nell'aereo un uomo, in giacca e cravatta, probabilmente un concierge, mi prese la valigia, scortandomi verso la mia stanza. Mio padre aveva insistito a darmi una cabina lusso, il che era alquanto ridicolo. Odiavo ostentare la nostra ricchezza, detestavo quando mio padre tornava a casa con un'ultima edizione di Valentino, o altro. Non volevo che lui spendesse tutti quei soldi per me, ma quello lo rendeva così felice che era impossibile dirgli di no. Ogni volta che scartavo i suoi regali mi sembrava come un bambino in attesa di ricevere un dolce, gli occhi luminosi e le mani che battevano impazienti. Ed io ogni volta mi fingevo felice per quel maglioncino Chanel o per una borsa Hermes; non volevo farlo dispiacere e renderlo triste.
Il concierge mi aprì la porta della stanza dove avrei passato le prossime ore. Un piccolo letto era posizionato sotto l'oblò e una sedia in pelle nera era messa accanto ad esso con un piccolo televisore di fronte. Il tutto era illuminato da dei led posizionati intorno la parete.
Posò la borsa su un comò accanto l'ingresso e dopo avermi detto che il bagno si trovava nel fondo del corridoio se ne andò, richiudendosi la porta alle spalle.
Mi distesi sul letto, togliendomi i tacchi che mi stavano uccidendo i piedi. Avevo decisamente sbagliato a mettere quelle scarpe, anche se avevano il tacco squadrato e non troppo alto, erano davvero scomode. E a pensare quanto mio padre le aveva pagate...
Dopo poco l'aereo partì, sollevandosi alto nel cielo, lontano dalle luci di Tokyo; restai lì, immobile, con una mano posata sulla piccola finestra, vedendo la mia città essere inghiottita dal buio.
Un piccolo brontolio mi fece ricordare che ormai era ora di cena; rimasi ancora per qualche momento ferma a fissare il buio che mi circondava, per poi scuotere la testa e afferrare il telefono. Ancora il messaggio di Anita lampeggiava sullo schermo. L'uomo che mi aveva accompagnato alla stanza mi disse che sul volo era possibile l'uso del Wi-Fi, così mi attaccai alla rete dell'aereo, rispondendo al suo messaggio:
* Mi mancate tanto anche voi
Mentre ero al gate un ragazzo voleva attaccare bottone con me... devo dire che era proprio bello, ma peccato che fosse veramente un cretino *
Inviai il messaggio, rimettendomi le scarpe e guardandomi nello specchio appeso alla porta. Il vestito beige lungo dalla gonna larga nascondeva il mio fisico leggermente in carne ma slanciato, i capelli dorati, che avevo preso dalla mia mamma, cadevano mossi sulla schiena, raccolti in una coda con un foulard a fantasia, che richiamava il beige del vestito e delle scarpe, e con il nero, che era sulla punta delle scarpe. Allisciai il vestito, cercando di stirare il più possibile le pieghe formate sulla gonna che arrivava un po' sopra le caviglie, e rimisi apposto le ciocche di capelli che erano scappate dalla coda bassa. Aprii la borsa, cacciandone fuori la trousse di trucchi. Applicai un po' di mascara sulle ciglia lunghe che mi incorniciavano gli occhi color miele, e poi stesi un po' di blush, ridando colore alle mie guance. Le lentiggini, che da piccola erano molto accentuate, mi ricoprivano il naso, percorrendo le gote, e dandomi un aspetto quasi da bambina. Mi ricordavano tremendamente la mia mamma, da piccola mi piaceva stare in braccio a lei e contarle... una mano, involontariamente, raggiunse la mia guancia, sfiorandola. Certe volte rivedevo lei nello specchio: molti mi dicevano che ero la sua fotocopia. A volte papà non riusciva neanche a guardarmi, le ricordavo troppo lei.
Un altro brontolio mi fece risvegliare dai miei pensieri. Sorrisi tristemente allo specchio, uscendo dalla cabina e dirigendomi verso il ristorante del Boeing.
Percorsi il corridoio fino ad arrivare ad una sala con un bar al centro, doveva servivano alcolici.
"Scusi"
Chiesi al cameriere biondo dietro il bancone, e lui mi sorrise
"Potrebbe indicarmi il ristorante?"
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Love is a strange thing
RomanceSophie, ragazza modello con la famiglia perfetta, voti alti e tutto ciò che qualsiasi ragazza vorrebbe. Stefan, classico ragazzo da cui i genitori ti direbbero di stare alla larga, famiglia tutt'altro che perfetta, una frana a scuola e il fascino ch...