7.

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Lo feci sedere sulla sedia della cucina, correndo verso il freezer e prendendo dei paletti di ghiaccio che avvolsi in dei panni. Ritornai da lui, che aveva lo sguardo perso e vuoto, il colore dei suoi occhi non più limpido e chiaro ma scuro come se un'ombra se ne fosse impossessata. Mi avvicinai cautamente, alzandogli la maglietta di poco, ma venni fermata dalla sua mano che bloccò il mio polso. I suoi occhi mi guardavano riflettendo tutta la loro oscurità

"Stef se non metti il ghiaccio peggiorerà... fatti aiutare"

Lui lasciò andare il mio polso, levandosi a fatica la maglietta e buttandola sul tavolo. Gli sistemai il ghiaccio sul livido che era molto più grande di quello che sembrava. Percossi con i miei occhi tutto il suo torso nudo: non lo avevo mai visto così da vicino e sotto la luce e questo mi permise di vedere più dettagli. Sotto le foglie di palma dei fianchi vi erano delle piccole cicatrici circolari, tondeggianti, con qualche graffio poco visibile sotto tutto quel nero; ebbi modo anche di leggere la scritta che aveva sotto il pettorale: "the one who does not kill you strengthens you" ("quello che non ti uccide ti fortifica"). Involontariamente il mio indice tracciò quelle parole, notando una cicatrice al di sotto di essa. Un lungo taglio andava da parte a parte, seppur la cicatrice era poco visibile grazie al tatuaggio che la copriva. Al mio toccò lo sentii trasalire, così ritirai subito la mano, riportando il mio sguardo nei suoi occhi.

"C-cosa?"

Lui mi afferrò la mano, portandosela sul petto, come a non volere interrompere quel contatto. I suoi occhi piano piano stavano tornando al normale colore.

"Non sarei dovuto venire scusami"

Disse di colpo, lasciando andare la mia mano e cercando di alzarsi a fatica. Gli misi le mani sulle spalle, facendolo tornare a sedersi

"Se non ne vuoi parlare va bene. Non ti chiederò nulla. Però ti prego, lascia che ti aiuti"

Lui annuì, sedendosi pesantemente sulla sedia con un gemito di dolore e tenendo il ghiaccio sul suo fianco.

Non capivo neanch'io perché mi importasse così tanto di aiutarlo solo che vederlo così, con tutte le sue difese abbattute, mi aveva scatenato qualcosa. Gli era costato caro venire a bussare alla mia porta, ne ero certa, e non lo avrei cacciato via.

Corsi al bagno, aprendo la teca e tirandone fuori degli antidolorifici e dell'acqua ossigenata con della bambagia.

Tornai in cucina, trovandolo piegato in due probabilmente per il dolore. Presi un bicchiere e lo riempii d'acqua, porgendoglielo con una pillola di antidolorifico. Lui mi guardò, alzando leggermente l'angolo della bocca, ingoiando a secco la pillola.

Aprii la bottiglietta di acqua ossigenata, versandone un po' sul cotone, e portandoglielo sul sopracciglio tagliato. Non appena la garza toccò il taglio lui si tirò indietro di scatto

"Brucia!"

Roteai gli occhi. Era tanto grosso e aveva paura di un po' di bruciore

"Avanti, non fare il bambino. Devo disinfettartelo se no potrebbe venirti un'infezione e magari potresti perdere il sopracciglio..."

Vidi il suo viso sbiancare. Mi aveva creduto veramente.

Colsi l'occasione per afferrargli la testa con una mano e premere il cotone sul taglio, sentendo lui che cercava di dimenarsi ma senza successo a causa dei dolori.

"Suvvia, resisti. Sei grande e grosso"

Non appena decisi che poteva bastare tolsi la garza, soffiandoci lievemente sopra. Era una cosa che faceva sempre la mia mamma...

Sentii il suo corpo bloccarsi al mio soffio così realizzai che il mio seno era effettivamente quasi sul suo naso. Mi ritirai indietro, tossendo in agitazione e procurandogli una risatina mezza soffocata

Love is a strange thingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora