XV. Nudo e crudo.(Anna)

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Un rivolo di sudore scorre lungo la mia schiena, mentre i due uomini armati mi trascinano per le braccia verso la porta bianca alla fine del corridoio. Il ginocchio ancora duole per il colpo inflitto con il calcio della pistola dalla guardia e non riesco a reggermi in piedi. Il sangue sulla tempia sinistra si è ormai rinsecchito, la pelle tira e un mal di testa sordo batte sulla fronte, lasciandomi stordita.

"Ho visto giorni migliori."

Giro di poco il capo per non farmi notare, e lancio un'occhiata al corpo inerte di Ilyà sorretto dalle braccia di due guardie. Lui è conciato peggio: ha lividi lungo tutte le braccia, una guancia viola e il labbro spaccato.

Quando ci siamo ritrovati con le pistole puntate addosso, abbiamo provato a disarmarli ma erano in troppi, e ci hanno conciato per le feste. Ilyà è riuscito ad andare avanti più a lungo rispetto a me, ma lo hanno atterrato con un colpo alla testa. Sono riuscita a distruggere i nostri cellulari mentre loro erano distratti, perché li sentivo confabulare qualcosa riguardo al numero di mio zio. Spero solo che si riprenda presto, perché non mi piace proprio come si sta mettendo la situazione.

<< E reggiti in piedi! >> sbotta uno dei due uomini, tirandomi verso l'altro e sento l'osso della spalla scrocchiare prepotentemente. Trattengo una parolaccia quando mi metto dritta e il mal di testa non fa altro che aumentare.

Una volta giunti davanti al grande portone bianco, una guardia bussa e viene subito aperto. Una donna sulla quarantina stretta in un tubino rosso e in bilico su dei trampoli da dodici centimetri mi lancia un'occhiata dispiaciuta come se avesse a che fare con tutta la situazione.

<< Potete lasciarli qui. >>

Le guardie annuiscono e poco dopo vengo scaraventata sul pavimento dello stesso colore della porta, così come Ilyà che però non accenna a riprendere i sensi. Sento la testa quasi esplodere dal dolore provocato dell'impatto con la superfice dura e aspetto che la porta si sia richiusa, prima di fare leva sui gomiti e alzarmi a mezzobusto.

Striscio di un paio di centimetri più avanti, dove il biondo è disteso su un fianco e le braccia scomposte. Lo scuoto per una spalla, chiamandolo ma sembra non dare cenni di vita. La donna rimane in silenzio anche quando alzo il tono della voce e alla fine, esasperata, gli tiro un forte schiaffo che lo fa rinsavire.

Sbatte le palpebre confuso, e per un momento mi fa tenerezza, finché non si rende conto di chi si trova a pochi centimetri da lui e mi lancia un'occhiataccia.

<< Come sei delicata...>> bisbiglia con voce roca, massaggiandosi la guancia colpita.

<< Vedi se riesci a muoverti. Nulla di rotto? >> domando preoccupata, mentre tasto le sue gambe. Ho sentito un rumore strano quando l'hanno colpito con il manganello.

Tenta di sottarsi alla mia presa, ma gli ordino di starsi fermo, mentre tasto leggermente il ginocchio e confermo la mia ipotesi. << Ti è uscito l'osso del ginocchio. So come sistemarlo, me lo permetti? >>

Rimane in silenzio ad osservarmi attentamente, non convinto dalle mie parole.

<< So quel che faccio. >> Mi tiro su a sedere con le braccia tremanti per lo sforzo e lascio le gambe distese per evitare di piegare il ginocchio che continua a dolere. << Stringi la mia caviglia. Farà molto male. >>

Stranamente, mi ascolta e fa come detto, poggiando la mano sulla mia caviglia sinistra, vicina alla sua faccia. Posiziono le mani intorno all'osso che sporge visibilmente e comincio il conto alla rovescia.

<< Tre... due... uno... >> Reinserisco l'osso il più velocemente possibile, e la presa di Ilyà sulla caviglia sembra quasi bloccarmi la circolazione. << Finito. Tutto okay? >>

L'Incantatrice - La Caduta del DiavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora