XXXIII - Il Diavolo In Persona. (Ilyà)

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TW: violenza, tentato abuso.
(Mi sento in dovere di segnalarlo, anche se minimo, perché non vorrei triggerare qualcuno.)

Passano le ore, ma Anna non si sveglia.

Brian la prima ora non ha fatto altro che andare avanti e indietro per la stanza, fino a quando le sue gambe si sono stancate e ha deciso di sedersi. Io mi sono accomodato su una sedia accanto al letto di Anna, aspettando in silenzio.

Nessuno dei due osa fiatare, anche perché non sapremmo di cosa discutere. Abbiamo letto entrambi il bigliettino, ma ci abbiamo capito poco e niente. Non sappiamo chi lo abbia inviato e che cosa significhi il suo contenuto.

"Bentornata, stella."

Lancio un'occhiata ad Anna, alla sua espressione sofferente, ai suoi occhi che si muovono incessantemente sotto le palpebre chiuse, la fronte corrugata e il respiro pesante come se stesse facendo un incubo. Un terribile incubo.

Non so cosa fare. E odio questa cosa.

Sia io che Brian ci lanciamo un'occhiata quando lei comincia ad agitarsi nel letto.

<< Ti prego, no. Lasciami andare. >> le sento biascicare con tono sofferente, mentre comincia a scalciare animatamente, prendendomi quasi in testa se non mi fossi allontanato prontamente.

Mi allontano di piedi del letto, avvicinandomi alla testiera e poggiando una mano sul suo braccio nel tentativo di calmarla un po', ma sembra peggiorare solo la situazione perché si mette a urlare a squarciagola e, a furia di scalciare e muoversi, finisce sul pavimento prima che io possa afferrala.

Si sente il tonfo, e poi il silenzio più totale.

Brian si alza tempestivamente dalla sua sedia, chinandosi per terra dal lato in cui Anna è caduta. << Anna? Va tutto bene, tranquilla. Ci siamo noi qua. >>

I miei piedi sono incollati al pavimento, anche se la mia testa dice che dovrei muovermi e andare da lei, vedere come sta, se si è fatta male. Ma un'altra parte di me non vuole vederla, non vuole vedere la sua faccia sicuramente devastata dal dolore che sta provando in questo momento.

Non sono pronto per vedere, perché se lo facessi probabilmente andrei a uccidere a mani nude il soggetto che l'ha ridotta così.

<< Aiutala a stendersi. Vado a farle qualcosa da mangiare. >> affermo impassibile, nascondendo la mia rabbia dietro un'espressione il più neutrale possibile. E senza aspettare la sua risposta, mi volto e mi avvio alla cucina. Afferro un paio di uova, una mozzarella e del tonno. Un pasto veloce, leggero ma che comunque basta a saziarla. Sicuramente non avrà molta fame e lascerà quasi tutto, ma avevo bisogno di andarmene da quella stanza e prendere un boccata d'aria.

Metto una padella sul fuoco con un filo d'olio e dopo un po' ci lascio cadere dentro il contenuto delle due uova. Appoggio il bacino sul bancone, cercando di ignorare il silenzio assordante che arriva dall'altra stanza. Posso sentire solo Brian sussurrare qualche parola per rassicurarla, ma nessuna risposta da parte di Anna.

Punto lo sguardo fuori dalla finestra della cucina che da sul cortile di sotto, dove posso vedere le nostre macchine parcheggiate. Cerco di ignorare i guizzi di rabbia che sento percorrermi il petto ogni volta che il mio pensiero va a chi c'è nell'altra stanza, tentando di mantenere la calma.

L'Incantatrice - La Caduta del DiavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora