XXIV. Tempo prezioso (Anna)

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Accendo la torcia del telefono, tenendo la gonna del vestito con quella sinistra per evitare che mi impacci nei movimenti. 

Lo studio di Collins è di forma rettangolare, essenziale: una scrivania in vetro con su di essa pile di fogli, portapenne, carpette senza nomea, una poltrona di pelle dietro, una finestra che prende tutto il lato sinistro della stanza e sulla destra un grande quadro raffigurante un prato fiorito con una coppia che si tiene per mano in mezzo al campo di girasoli. 

Mi lancio un'occhiata alle spalle, sul corridoio e dopo essermi accertata che non vi sia nessuno, chiudo la porta alla velocità della luce. Passo il dorso della mano sulla fronte, tirando via le gocce di sudore formatesi per lo stress. Riuscire a trovare la scorciatoia indicatami da mio zio è stato faticoso e destreggiarsi tra i cespugli per raggiungere la porta secondaria, con un vestito del genere, è stato doloroso; sento la ferita sulla coscia bruciare. 

Secondo le informazioni giunte a mio zio, i documenti che ci interessano dovrebbero trovarsi dentro questa stanza. 

Lancio un'occhiata stizzita alle pile e pile di documenti sulla scrivania, maledicendo Collins senior per il suo disordine. 

Faccio qualche passo verso la scrivania, puntando la torcia sulle varie carpette e prendo la prima della pila alla mia destra. Mi immergo nella lettura dei vari fogli, trovando investimenti di grosse cifre su delle società - a me sconosciute - americane. Rimetto la carpetta al suo posto, passando subito a un altro: altri investimenti. 

Sbuffo.

"Sto perdendo tempo prezioso."

Mi guardo di nuovo intorno, posando gli occhi su tutti gli oggetti presenti nella stanza. 

"Dove nasconderesti dei documenti così importanti da poterti far finire in galera? In una cassaforte, ovviamente; non su una scrivania. E dove terresti questa cassaforte?" 

<< Dietro il dipinto. >> Una voce giunge alle mie orecchie, facendo uscire dalla mia bocca uno strillo e il cellulare cade per terra; la mano della persona mi copre la bocca, prima che mi sentano fino all'altro capo del mondo. 

Sento il calore di un corpo irraggiarsi pericolosamente vicino al mio, e mi irrigidisco poiché non sono riuscita a riconoscere la voce, presa dal panico. Il mio respiro si fa corto, e, dopo qualche secondo di silenzio nella stanza, la presa della mano si allenta fino a scomparire. 

Mi giro di scatto, e il volto di Ilyà si trova a pochi centimetri dal mio, illuminato di poco dalla torcia del cellulare che ormai è sul pavimento. 

Aggrotto le sopracciglia, incrociando i suoi occhi glaciali e mi domando cosa ci faccia qui, poiché non era previsto nel piano. 

<< Immaginavo stessi girando a vuoto. >> Il suo sguardo mi trapassa da parte a parte, nel tentativo di capire cosa mi passi per la mente. 

Distolgo il mio, a disagio, ma soprattutto arrabbiata. Perché è venuto, dopo avermi insultata apertamente? Dopo che gli ho detto chiaramente che  non voglio più avere a che fare con lui? Me la stavo perfettamente cavando da sola, non c'era bisogno che lui venisse; soprattutto perché non sono via da molto e mi sono presa un'ora di tempo.

"Non è che nel mio tempo libero mi introduco clandestinamente in un ufficio."

<< Lasciami in pace. >> sussurro, abbassandomi per riprendere il cellulare che da qualche secondo aveva preso a vibrare. 

Controllo i messaggi, che scopro essere di Veronica, in cui mi dice che Tyler sospetta qualcosa ma Melanie se ne sta occupando. 

<< Non è Vanessa, il suo vero nome. >> sussurra ignorando totalmente le mie parole, ma non gli presto particolare attenzione: sono stanca di starlo sempre ad ascoltare. 

L'Incantatrice - La Caduta del DiavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora