Capitolo 17

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Nuova Zelanda, 11 Ottobre 2005

La pioggia batteva senza pietà sul parabrezza, in gocce così pesanti e fitte che i tergicristalli non riuscivano a tener loro dietro.

Hermione guidava col naso a un palmo dal vetro, concentratissima sulla carreggiata deserta che si vedeva a malapena, nella luce crepuscolare del temporale solcata solo di tanto in tanto dai fulmini.

In più di tre ore avevano percorso la strada che avrebbero dovuto macinare in due: di quel passo, sarebbero arrivati a Christchurch in piena notte, anziché in prima serata come previsto. Dato che si avvicinava l'ora di cena, sperava che avrebbero trovato un ristorante o almeno un fast food entro breve, ma l'ultimo abitato di una dimensione decente l'avevano attraversato più di mezz'ora prima e, da quel momento, avevano incrociato solo gruppi di case che non erano nemmeno degne dell'appellativo di villaggio. Si chiese se le persone che abitavano da quelle parti non provassero mai il desiderio di uscire a mangiare.

Accanto a lei, Severus sonnecchiava e, anche se le avrebbe fatto piacere un po' di compagnia, forse era meglio così: il riposo avrebbe aiutato le pozioni a fare effetto.

Passando accanto a un gruppo di case notò l'insegna luminosa di un locale, ma decise di non fermarsi: secondo l'atlante poco più avanti c'erano, sui due lati di un fiume, due micro-cittadine che, forse, offrivano qualcosa di meglio di un bar a bordo strada in mezzo al niente.

Dopo cinque minuti, era arrivata al primo paesino ma, non vedendo insegne o cartelli, tirò dritta, uscendo dalla luminosità del tratto tra le case per ripiombare nella semi-oscurità crepuscolare della campagna.

In lontananza, qualcosa di rosso in movimento attirò la sua attenzione, ma solo quando fu quasi giunta a ridosso di quell'oggetto riuscì a identificarlo: una bandiera agitata da un poliziotto bardato con un impermeabile enorme. Si fermò, abbassando il finestrino e facendo sussultare Severus, strappandolo al suo riposo. Per fortuna che prima di ripartire avevano riparato i suoi abiti e ripulito le macchie di sangue dalla tappezzeria.

«Che succede?» chiese al poliziotto, mentre ondate d'acqua si riversavano attraverso l'apertura.

«Il ponte è chiuso.»

«Come sarebbe a dire, chiuso?»

«In montagna c'è tempesta da stamattina, gli invasi sono pieni, il fiume si è ingrossato a dismisura e c'è il rischio che esondi, inoltre sono stati sradicati dei tronchi che stanno venendo a valle. Non è sicuro passare.»

Hermione imprecò a mezza voce.

«C'è un'alternativa per oltrepassare il fiume? Abbiamo una camera prenotata a Christchurch per questa sera.»

L'uomo aggrottò la fronte sotto il cappello dalla tesa larga.

«Turisti, eh? Da dove venite?»

«Inghilterra.»

«Mi dispiace. Tutti i ponti su questo fiume, che sono poi tre, sono chiusi. Dovreste attraversare le montagne, scendere sulla costa nord e poi riattraversarle per tornare su questo lato della catena. Ci mettereste tutta la notte.»

«E allora cosa facciamo? Ci accampiamo qui?»

«Credimi, ragazza, non è molto comodo. Piuttosto umido, oserei dire. Ascoltate, mia nipote ha un Bed&Breakfast qui vicino: ditele che vi manda il vecchio Bill, vi farà uno sconto. Stando alle previsioni del tempo e alle allerte diramate, è probabile che riapriremo il ponte domani nel primo pomeriggio. Nel frattempo potete riposare un po' e, beh, non ve lo devo dire io cosa fanno le giovani coppie quando hanno tanto tempo a disposizione e non possono uscire...» concluse strizzando l'occhio.

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