Il mio psicologo (pt.3/finale)

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Ok, p a n i c o.
Erano le 7:30 del mattino, ed io non sapevo ancora cosa mettermi. Quella notte avevamo fatto, fra ragazze, trattamenti di bellezza coi contro cazzi; gossip; un altro po' di fatti suoi e solo alla fine Rose e Connix avevano scelto come mostrarmi il 25. Avevo insistito per non mettere una gonna e per avere del verde, quindi dopo un po' di discussioni, scelsero per me questo, da portare con i capelli sciolti:

 Avevo insistito per non mettere una gonna e per avere del verde, quindi dopo un po' di discussioni, scelsero per me questo, da portare con i capelli sciolti:

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Un'altra opzione poteva essere quella di mettere una camicia senza maniche, ma con i segni sulle braccia che mi sono fatta, era assolutamente da scartare.
Tutto, fra abito e quant'altro, era stato gentilmente scelto dalle altre anche perché io non ci avrei (e non riesco ancora) capito nulla.

Ben aveva detto di avere programmi e di avvisare che sarei stata assente per tutta la giornata: questo significa un pranzo, pomeriggio e probabilmente una cena...

Emergo dai miei pensieri grazie a una sua chiamata: che faccio Gesù ustionatoo??
Prendo un bel respiro e rispondo:
-Si?-
-Sseenti... Per quando vuoi che ti venga a prendere?-
Guardo l'orologio: 9:40 -Che ne dici delle 10:15? Ti va bene?-
Ridacchia, quello lì: che ci trova di divertente? Bho, misteri...
-Ma certo, allora sarò puntuale!-
-Ci conto!-
Chiudiamo la chiamata con i soliti saluti prolungati, senza notare che stia tremando e che ci sia un gran movimento per casa: oH nOoOo Ke PeKaTo, Mi PeRdO iL cEnOnE... Francamente, tanto meglio: meno domande stupide e scomode, solo a pensarci rabbrividisco.
Manca davvero poco, questione di minuti, quindi esco tranquilla da camera mia, fra le incitazioni di Connix e Rose e gli sguardi fra il compiaciuto e il disprezzante dei miei famigliari.

Ok, l'orologio dice 10:15? Va bene, si inizia: schiena dritta e sorriso, respiro profondo e via.
Ben è davanti a me, in giacca elegante: ragion per cui invidiare gli uomini, a loro basta una camicia e una giacca che son pronti, mannaggia a loro.
Mi sorride e mi sciolgo (ma ormai è abitudine) mi prende la mano da true gentelman e accenna un piccolo bacio sulla guancia, per poi invitarmi a salire in auto: beep boop, abbiamo perso Rey già all'inizio...
Torno alla realtà quando, dopo aver cambiato marcia, poggia la sua mano sulla mia coscia: mi giro e gli sorrido, con le pomelle un po' rosse, lui ricambia.
È UFFICIALE: QUEST'UOMO MI MANDA IN PARADISO, F I N E.
-Dimmi Rey, hai un posto preferito?- lo guardo con un sopracciglio alzato -per mangiare, intendo: un ristorante, tipo... Sennò scelgo io, se non c'è problema-
Ci penso: oddio, a mangiare una piada (n.a. è una piadina, io le chiamo così) a Natale non ce lo porto, fuori questione.
-In realtà, non per davvero: non mi piace stare fuori, mi mette a disagio-
Sorride, sardonico -Bhe, il mio compito, dato che sono il tuo psicologo, è farti uscire dalla tua timidezza: ti sto portando in un bel luogo, di solito non c'è quasi nessuno... Nemmeno nei giorni festivi, giuro!-
-Seh, cooome no!-
-Fidati! Ci vado da quando sono piccoli e non ho mai visto più di 80 persone circa e- abbassa la voce, come se ci fosse qualcun'altro con noi -in sei eravamo io e la mia famiglia al completo!*-
Continuamo a scherzare, ma quando mi fa segno di scendere rimango a bocca aperta... Si sta davvero scomodando tanto da farmi passare il Natale in un ristorante così fottutamente lussuoso?
-Vuole che la porti dentro, Madame?-
Mi porge il braccio, per appendermi.
-Gradirei molto,Monsieur- ridacchio -è comunque è Mademoiselle, grazie eh-

Entriamo, c'è un leggero brusio: mi stringo al braccio di Ben, che sembra capire la mia ansia e mi conforta: un cameriere chiede a che nome avessimo prenotato e, ottenuta la risposta, ci conduce ad un tavolo per due, abbastanza appartato ma non troppo lontano.
Le portate non tardano ad arrivare e passano veloci, ma non ci faccio caso tanto sono intrappolata da quelle sue iridi e le chiacchiere piacevoli, accompagnate da un ottimo vino.
Relativamente presto ci alzammo da tavola e, per quanto "volessi" pagare la mia parte, offrì Ben.
Erano circa le due del pomeriggio e, contando le due orette di viaggio per tornare, mi chiese cosa volessi fare.
Lo guardai e risposi, quasi fosse naturale -Cosa ne dici se passiamo il pomeriggio a casa tua?-
Mi guardò, per capire se fossi ubriaca o meno: -Bhe, penso si possa fare... A meno che tu non voglia tornare a casa, sai che non ti voglio obbligare-
Ok, è dolcissimo. Basta, voglio morire qui, mi va bene.
Scossi la testa e iniziai a fargli domande sull'aspetto della casa: capii che era spaziosa, con due cagnoloni (Blacky e Blitz**), con un enorme pianoforte a coda ma tinteggiata di un core tenue, forse crema, tipo.
Appena messi i piedi per terra, preso una decisione veloce: ok, io mi scrocchio la schiena nel mio modo stupido. Yolo!
Ben saltò quando mi vide piegata a 90º, ma con la schiena verso il basso.
Mi mise subito una mano sulle spalle, tirandomi su -Meglio di no, mi sono rotto una vertebra facendolo una volta...- Ora la mia bocca formava una O perfetta: come fa uno come lui a rompersi qualcosa?
Iniziai a ridere e continuai anche quando, lanciata sul divano, il grosso cane lupo mi salì sulla pancia. Ben lo richiamò in una lingua dura, tedesco probabilmente: feci una faccina triste, che non gli sfuggì.
-Cosa vuole che io faccia per farla gioire nuovamente, oh mia sovrana?-
-Suona. Qualsiasi cosa, ma voglio sentirti... Ti prego.-
Annuì, sedendosi sullo sgabello -Questa, cara, me l'insegnò mia madre, quando ero molto giovane..-
Mi guardava, con un non-so-che di dolceamaro. Con un sorriso lo invitai a iniziare:

Stupenda, solo questo si poteva dire.
Avevamo entrambi gli occhi lucidi, la musica parla.
Mi alzo dal divano, gli prendo una delle sue mani giunte sopra i tasti e lo faccio muovere verso il centro del salotto, il parquet mi aveva e l'atmosfera mi avevano fatto pensare ad una serata in gala, dove si ballava, ballava e ballava...
Mi chiese per la musica, ma gli risposi che la creavamo noi con i passi, pensieri e parole. Mossi i primi passi di un valzer, lui mi seguì e si rivelò un ottimo ballerino: ad un certo punto appoggiai la testa sulla sua spalla, mente mi stringeva più forte a se.
-Ben?- si fermò -Si Rey?- ok, è fatta, ora o mai più -Io.. penso di, insomma, si... Amarti...- lo sussurro, sicurissima di essere un pomodoro.
-Ti dico, lo speravo- che? -sei sempre stata diversa, come una calamita per me: in questi anni ho capito che ti amavo, come mai fatto con nessun altra prima. Per prima se n'è accorta la mia figlioccia girovaga: le è bastato uno sguardo, non so come faccia... eee pian piano ci sono arrivato anch'io.-
Piangevo, piangevo per felicità, per essere stata accettata, per una volta...
Mi asciugò le lacrime, per poi stampare delicatamente le sue labbra sulle mie.
-Tutto qui quello che mi sai dare?-
-Non hai ancora visto nulla, mon chèrie- mi solleva come fossi una piuma e mi appoggia delicatamente sulla superficie del piano -Ben, penso che non mi pentirò mai di quel giorno di anni fa quando misi piede nel tuo studio-
-Giuro su ciò che vorrai che continuerò a non fartene pentire-












































Devo dire che quando Ben Solo promette, le mantiene fino in fondo.
Firmato: Sig.ra Rey Solo











ECCO LA TANTO ATTESA PARTE FINALE. Non so come sia venuta, quindi fatemelo sapere. Se volete dare pareri, fatelo e se volete capitoli specifici, fate un commentino che in caso prenda la vostra idea vi taggo.
Non ho altro da aggiungere, cya cya.

One-shot ReyloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora