Dove il giorno e la notte si incontrano

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Dimmi tu addio, se a me dirlo non riesce. Morire è nulla; perderti è difficile.》
[Umberto Saba]

Jughead si sdraiò su una panca di frassino, ancora impregnata della fresca rugiada mattutina, con gli occhi ancorati all'immensità silenziosa del cielo, frastagliato di soffici nuvole candide. Si dice che la primavera sia il ritorno della vita, la stagione della rinascita, eppure il moro non poteva far altro che sentire come se una parte di lui, fosse morta. Come se si fosse spenta. Aveva guardato allontanarsi, verso una nuova vita, quella dannata macchina aziendale su cui era seduta la sola ragazza che aveva mai amato, senza fare assolutamente nulla. E ora era lì, a passarsi tra le mani quel bracciale d'argento lucido, unico ricordo materiale del sentimento più travolgente che avesse mai provato.

"Che idiota..." mormorò tra sé e sé. "Sono un idiota..."

"Jug!" Lo chiamò Archie da lontano. "Forse dovresti venire qui..."

Il ragazzo si trascinò fino al capannone, attonito. Guardò il rosso con fare interrogatorio, non capendo cosa ci fosse di tanto importante da vedere. Archie gli indicò la branda su cui il moro aveva dormito la sera prima, con un leggero sorriso di compassione sul volto. Appoggiata sul materasso, una busta sbiadita riportava le iniziali  L e A, scritte con l'inchiostro nero. Jughead prese tra le mani quell'involucro di carta, passando un dito sulle quelle due lettere del colore della pece, esitante.

"Ti... Ti lascio solo..." Balbettò Archie.

Il ragazzo aprì la busta, e ne estrasse una lettera scritta a mano, con una calligrafia che avrebbe riconosciuto ovunque. Sorrise istintivamente, per poi lasciarsi cadere all'indietro sul materasso duro del lettino in ferro scricchiolante.

Caro Jug,
Lo so, sono patetica. E scontata. Non è da me. Ti sto scrivendo una stupida lettera strappalacrime, come se le mie parole potessero impietosire qualcuno... Non so che ore siano, precisamente, ma a giudicare dalla posizione della luna nel cielo, credo più o meno le due di notte, o giù di lì. Io ancora non sono riuscita a chiudere occhio, ed è tutta colpa tua. Non so nemmeno se mai ricevarai questo futile foglio di carta, ma sono troppo orgogliosa per guardarti negli occhi e dirti che sei stata l'illusione più spettacolare della mia vita. E ti odio, per questo. Ti odio perché ancora ci spero. Ti odio perché ancora ti aspetto. Ti odio perché anche se volessi tentare di sostituirti, non ci riuscirei. Sei l'unica persona che vorrei al mio fianco in quel senso, te e nessun'altro. Dio, quanto detesto tutto questo. Non riuscure a liberarmi dei ricordi che mi fanno male, cercare di tenermeli stretti nonostante tutto, nonostante tra me e te non ci sia più nulla, non ci sia più un noi. E andrò avanti, ne sono certa. L'ho sempre fatto. Ma la verità è che in due, il buio fa meno paura. Tutto il dolore a cui sono abiutuata, che ormai fa parte della mia routine, con te si affievoliva. La mia anima tormentata pareva trovare pace, trovare gioia. Ci siamo voluti bene, tanto. E ci siamo fatti anche tanto male. Due come noi non sono destinati a stare vicini, ma non riescono a stare lontani. Ma chi si sottrae al fato, prima o poi ne paga le conseguenze. È stata una condanna, la nostra. Una dannata, maledettissima, meravigliosa condanna. Forse non possiamo ricominciare daccapo, ma darei ciò che non ho per poter scrivere un finale nuovo. Non volevo che si concludesse così, la nostra storia. Ognuno per la sua strada, ognuno per sé. Perché mi manchi come l'aria. E ogni volta che sono con te, che mi sforzo di fare la finta indifferente, mi impongo di non dirti ciò che ancora provo, mi sembra di soffocare. Di annegare nelle parole che non riesco a dirti, che non posso dirti. Vorrei stringerti, congiungere le nostre labbra come prima, dirti che non ti ho dimenticato. E sì, sì, ci sto girando intorno. Continuo a girare intorno al concetto che ancora ti amo. Vorrei potertelo dire in faccia. Urlarlo al mondo. Ma no, non posso, devo fare finta che vada tutto bene. Lo faccio per me, per cercare di convincermi che sono ancora un leone selvaggio, fuggito dalla gabbia che lo teneva prigioniero. Ma nonostante io non lo ammetta, il leone, in cattività, si è affezionato. E questo rende molto più difficile la sua fuga. Se avessi saputo che quello sarebbe stato il nostro ultimo bacio, lo avrei fatto durare di più. Se avessi saputo che quella sarebbe stata la nostra ultima notte insieme, non me ne sarei andata via così presto. E se qualcuno mi chiedesse di te... Direi che ti amo come il primo giorno. Che non posso farne a meno, perché mi hai stravolto la vita. In bene e in male, tu mi hai cambiata. È sbagliato, ma ti amo. È stupido, ma ti amo. Fa dannatamente male, eppure ancora ti amo. Ti auguro di non provare mai una pena simile, perché ogni secondo che passa pare di perdere la testa. È questo che fa, l'amore. Illude. E distrugge.
Che la vita ti sorrida, Jughead Jones, io abbandono le scene, mi faccio da parte, il sipario è calato, addio. I tuoi occhi, nella mia collezione, per sempre.
A mio mio malgrado ancora tua,

Rebel [Jughead Jones]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora