Capitolo 10

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Il giorno seguente facciamo un giro nella città, cercando di comprare altre erbe. Alla sera facciamo il bagno e poi ci sdraiamo sul letto. Nel giro di pochi minuti Kiki si era già addormentata, mentre io continuavo a pensare a ciò che mi aveva detto. Non voglio che quello che mi ha detto si avveri. So bene che io voglio bene a Izana, ma non sono pronta a prendere quella posizione. Ha troppe responsabilità e anche molte preoccupazioni. Ma a cosa sto pensando? Non lo accetterò mai, anche perché non mi ha riconosciuta mai e poi anche per quello che mi ha fatto quella serata. Sarei veramente una stupida che si sottopone facilmente a ciò che gli uomini vogliono.
Mi alzo dal letto e decido di togliere la tinta nera dai capelli, visto che il giorno seguente sarei tornata a casa. Mi tolgo la tinta e continuo a guardare il colore dei miei capelli, un color miele che mi ricorda tanti ricordi d'infanzia. Dei tempi passati a casa nonostante le tante regole da seguire.
Mi corico sotto le lenzuola e continuo a riflettere su come avrei rivisto la mia famiglia dopo tutti questi anni di stacco. Sicuramente nessuno vorrebbe accogliermi dopo la mia fuga da casa. Mi sovraccarico di pensieri e riflessioni, che alla fine cedo al sonno.
Il giorno seguente, dopo aver fatto colazione insieme, ci incamminiamo verso casa mia. Una buona mezz'oretta di camminata fa bene alla nostra salute.
Appena raggiungiamo il cancello, ho notato che tutto è rimasto come l'avevo lasciato, se non che gli alberi sono cresciuti. Mi faccio coraggio e suono il campanello. Una figura anziana si avvicina al cancello e ci guarda, poi prima che io potessi aprire bocca, nel suo volto comprare un sorriso. E mi chiede: «Siete veramente la duchessa Asuna-sama?»
Annuisco e subito apre il cancello. Lo abbraccio e lui ricambia l'abbraccio, dicendomi: «Non doveva abbracciarmi, signorina. Io non ho fatto nulla per lei e non sa quanto sono felice di rivederla»
Sorrido e gli dico: «Ti sbagli. Io ti ho sempre considerato come mio nonno e mi ha sempre aiutata nelle difficoltà! Non so proprio come ringraziarvi»
Una lacrima gli sfugge e gli bagna la guancia sinistra. Sorrido e nel mentre ci accompagna verso l'ingresso principale, mi dice che la salute di mia madre non faceva che peggiorare nei giorni. Gli chiedo di accompagnarmi da lei e lui annuisce. Percorriamo diversi corridori che mi erano già familiari e poi ci fermiamo davanti alla stanza di mia madre. Il maggiordomo chiede il permesso di entrare e dopo aver ricevuto una risposta, apre la porta e ci fa entrare. Trovo mia madre seduta al letto, mio padre accanto a lei seduto su una poltrona. Saluto entrambi cortesemente e mi concentro su mia madre. Mi avvicino da lei e le chiedo: «Come state, madre?»
Lei sorride, dicendomi: «Beh, ieri non tanto bene. Ho avuto la febbre tutta la giornata, ma stamattina sto meglio»
Le dico: «Adesso mi occuperò personalmente della tua salute. So che hai una malattia rara che richiede cura e pazienza. Sono venuta qui per prendermi cura di te e scusarmi per la lunga assenza. Spero...»
Vengo interrotta dalla sua mano che poggia sul mio braccio e mi dice: «Non preoccuparti. Per quanto mi riguarda sei già perdonata. Coff coff coff»
Le do un bacio sulla fronte e chiedo alle serve che erano presenti nella stanza se potevano mettere dell'acqua a bollire. Annuiscono e se ne vanno. Mi ero resa conto che la fronte di mia madre aveva una temperatura non tanto normale e quindi sarebbbe meglio curare il più veloce possibile. Mi alzo e mi dirigo verso la porta, per andare a preparare il necessario, quando una mano mi blocca. Capisco a chi appartiene: a mio padre. Mi giro e mi dice: «Cosa ti ha portata qui a casa? Perché dopo tutti quelli anni sei tornata oggi? A cosa stai tramando, Asuna?»
La rabbia aveva raggiunto uno dei suoi limiti, ma decido di rispondergli: «Al momento, la salute di mia madre è ciò che importa. Poi prometto che me ne andrò come desiderate»
Lascio la sua presa e mi incammino verso la cucina. Preparo il medicinale a base di quei fiori che avevo raccolto e anche un unguento da spalmare sul petto di mia madre, che le avrebbe aiutata ad abbassare la temperatura.
Rimango accanto a mia madre per tre o quattro giorni. Ogni tanto Kiki mi veniva a trovare, altrimenti passava la giornata nella stanza che le era stata assegnata. Inoltre, non riuscivo a mangiare niente perché volevo almeno garantire la ripresa della salute a mia madre e poi togliere il mio peso da questa abitazione. A quanto pare mio padre non ha colto questa mia visita improvvisa.
Nella sera del quinto giorno mi sono resa conto che mia madre era tornata alla sua normalità: la temperatura si era abbassata, la tosse sparita e sembrava dormire beatamente. Sorrido tra me e me e poi cado in un sonno profondo.
Pov's padre di Asuna
Ho notato che in questi giorni la salute di mia moglie migliorava sempre di più e questo è grazie all'intervento di Asuna. So di non essere stato cordiale con lei, me ne pento veramente. Lei ha fatto di tutto per aiutare sua madre e io l'ho trattata come se fosse un'estranea.
Durante la quinta serata l'ho vista controllare la temperatura di mia moglie e sorridere, dicendole: «Ce l'abbiamo fatta, madre»
Subito ho notato che si è addormentata e questo me lo posso ben immaginare, vista la fatica di rimanere accanto e rimanere sveglia a lungo. Vado nella sua stanza e prendo una mantellina che usava da piccola e gliela metto sulle sue spalle. Ho controllato personalmente come sta mia moglie e mi meraviglio che lei sia riuscita a trovare una cura a questa malattia, che i medici che abbiamo consultato non erano in grado. Ritorno in ufficio e continuo l'attività che avevo lasciato in sospeso.

Il richiamo del passato e lo sguardo verso il futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora