Capitolo 19

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Mi sveglio presto e mi preparo per la mia solita giornata lavorativa. Saluto tutti e entro nell'erboristeria. Ci mettiamo a mettere a posto le varie erbe, controllando il loro stato e se doveva essere sostituite con delle erbe più nuove oppure ancor più essiccate. Lavoriamo tutta la mattinata e poi nel pomeriggio la capoerborista mi chiama ed entro nel suo ufficio.
Io: «Mi ha chiamato, capoerborista?»
Lei mi guarda e mi chiede come stava mia madre. Le racconto quello che avevo fatto per mia madre e poi mi dice: «Quindi ora abbiamo una pseudomedico, altroché un'erborista molto in gamba. Tutti dovrebbero consultarsi con te per sapere se il loro stato di salute è in buone condizioni o meno»
Le mie guance cominciano a tingersi di rosso e abbasso lo sguardo, perché si è generata una situazione molto, ma molto imbarazzante. Poi sento una mano sulla mia spalla e una voce dire: «Stavo scherzando, Asuna. Se vuoi posso favorirti delle ore libere per lo studio della medicina, se vuoi provare a diventare anche un medico. Tutto dipende da te, cara»
Alzo lo sguardo e le dico: «Sinceramente non saprei. Non nego che mi piaccia la medicina. Dovrei rifletterci su e poi le faccio sapere»
Lei sorride e mi dice: «Bene. Ah, stavo per dimenticarmi di dirti che hai un ospite nella tua stanza lavorativa. Sembra non stare bene»
Ho notato nel suo sguardo un qualcosa che non andava, ma non riesco a comprendere cosa. La ringrazio e mi avvio verso la stanza lavorativa che mi è stata assegnata e apro la porta, trovandomi una persona che non credevo di vedere anche oggi. Faccio un respiro profondo e avevo intenzione di tornare indietro e fare come se non fosse accaduto nulla, ma i nostri sguardi si incrociano e dalle sue labbra escono le seguenti parole: «Ciao Asuna»
Faccio un ampio respiro ed entro, chiudendo dietro di me la porta. Mi siedo sulla cattedra e gli chiedo: «Ciao. Come mai da queste parti? Hai bisogna di qualcosa per curarti?»
Lui si siede sulla sedia che si trova dal lato opposto della cattedra e mi guarda negli occhi. E poi mi dice: «Asuna, io ti voglio un mondo di bene. Ma soprattutto ti...»
Non lo faccio finire la frase alzano la mano, come se volessi chiedere una domanda ad un professore. Gli dico: «Lascia stare quella ramanzina, Izana. Se mi hai chiamata con la scusa di torturarmi con i tuoi discorsi, allora sei pregato di andartene ed io ritorno al mio lavoro. Altrimenti, dimmi cosa provi e cercherò di darti la giusta erba che potrà allievare i dolori che provi»
Ripenso a quello che ho detto e mi pento veramente di aver usato il verbo torturare. Poi sento i suoi passi raggiungere il lato in cui mi sedevo e lo trovo al mio fianco guardarmi. Vedo che le sue mani si stanno allungando verso di me e d'istinto mi allontano. La posizione in cui mi trovo è veramente scomoda, ma lui sembrava trovarsi in una comoda. Ho metà del corpo fuori dalla sedia, piegata da un lato della sedia come se avessi visto qualcosa di pauroso sull'altro lato. Mentre lui sembrava godersi questi momenti in cui mi trovo. Poi avvicina il suo volto al mio, mettendo le mani sulla sedia, per mettersi bene. I nostri due volti erano così vicini e potevo vedere nei suoi occhi il mio riflesso. Ma a riportarmi alla realtà è ciò che mi dice: «Hai detto torturarmi? Quindi stai pensando alla mia proposta in modo continuo?!»
Subito gli rispondo, balbettando: «N-non è come pensi... T-ti stai sbagliando di g-grosso...»
Lui sorride e mi chiede: «Allora perché balbetti ogni volta che mi avvicino da te? E le tue guance diventano rosse?»
Lo guardo male e gli dico: «Perché mi metti in situazioni d'imbarazzo. Poi ti avvicini sempre di più a me, superando ogni volta il limite che possa mai esserci. Mi sembra più che logico che quando un uomo si avvicina tanto ad una donna, ella arrossisca perché non si aspetta tale avvicinamento. Dovresti ben saperlo, visto che hai avuto contatto con tante donne visto che eri alla ricerca della tua futura moglie. Sicuramente anche loro avrebbero arrossito in tua compagnia. Inoltre, ...»
Mi fermo perché stavo ripensando a quello che volevo dirgli. Vale la pena dirglielo sì o no?
Lui mi fa: «Inoltre cosa? Sto ascoltando attentamente»
Le mie guance diventano sempre più rosse e gli dico: «Inoltre, noi due siamo vecchi amici e anche se ci volessimo bene, questo tuo troppo avvicinamento non mi è familiare ed è del tutto normale che arrossisca ogni volta che ti avvicini molto»
Annuisce e poi torna a sedersi sulla sedia di fronte alla cattedra. Si mette la mano sui capelli e mi dice: «Hai qualche che possa allievare i dolori della testa che sento spesso negli ultimi periodi»
Ci penso su e gli chiedo: «Sicuro di non avere raffreddore, febbre o qualcosa di simile?»
Lui mi guarda e mi dice: «No, se non la mente molto persa per te»
Le mie guance diventano subito rosse e mi avvio verso lo scaffale con le erbe. Prendo quella che ritenevo necessaria e gliela do, dicendogli: «Basta fare degli infusi per due e tre giorni e dovrebbe sparire il dolore alla testa. Altrimenti, ti consiglio di farti visitare da un medico»
Annuisce e prende il sacchetto contenente l'erba, prendendo anche la mia mano. Lo guardo imbarazzata e chiedo di mollare la presa, perché era veramente imbarazzante.

Il richiamo del passato e lo sguardo verso il futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora