Capitolo 13

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Pov's Asuna
I raggi solari illuminano il mio viso, da costringermi ad aprire gli occhi. I miei occhi si stavano lentamente adattando alla luce, ma c'era qualcosa che non quadrava bene. Vedevo accanto a me qualcosa di color rosa carne. Pian piano la vista si sta mettendo a fuoco e mi rendo conto di trovarmi accanto ad un petto di un uomo. Subito mi scorre un brivido sulla schiena e appena alzo lo sguardo, ho coperto la mia bocca con la mano destra. Perché io sono qua? O perché lui è con me?
Alzo nuovamente lo sguardo e trovo i suoi occhi aperti, che mi stavano guardando. Subito gli abbasso e mi allontano da lui. Mi siedo sul letto e corpo il mio viso con le lenzuola.
Io, imbarazzata: «C-che ci faccio I-io qui? Perché siamo s-sullo stesso l-letto?»
Lui sorride e si alza anche lui. Aveva il petto nudo e questo veramente mi dava fastidio. Gli dico: «Dammi una risposta! Che ci faccio io qua e perché sei così scoperto? Non dirmi che... Sei - prendo un cuscino e glielo lancio in faccia, con le guance tutte infiammate - veramente un pervertito»
Lui mi dice, dopo aver fermato il cuscino: «Sei veramente dolce quando dormi, Asuna!»
Subito le mie guance arrossiscono. Sapevo che mi stava solamente provocando, ma io non riesco a resistere alle sue provocazioni. È troppo per me. Mi alzo dal letto e mi avvio verso la finestra della stanza, quando lui prende la mia mano impedendomi di procedere. Mi giro e gli dico: «Cosa altro vuoi? Ti sarai sicuramente divertito questa notte a mia insaputa. Non ti...»
Mi interrompe alzandosi dal letto e avvicinandosi verso di me. Ormai i nostri corpi erano vicini, così come i nostri visi. Lui mi dice: «Non pensare male, Asuna. Non ho fatto nulla se non ammirarti mentre dormivi. Non farò mai niente senza il tuo consenso. Ci sono sempre dei limiti da rispettare»
Abbasso lo sguardo e gli dico: «Comunque alcuni limiti gli hai superati!»
Lui mi chiede quali e gli rispondo: «Quello di dormire sullo stesso letto. Perché mi trovo nella tua stanza e non nella mia?»
Alzo lo sguardo e trovo che si stava grattando la nuca. Sembrava come se stesse cercando di formulare una risposta che non scateni la mia rabbia. Sorrido e poi mi dice: «Sono stato preso della tua bellezza mentre dormivi che non sono riuscito a non averla accanto a me tutta la notte»
Le mie guance diventano rosse e gli dico: «C-comunque non ti perdono per quello che hai fatto. Ora ritorno nella mia stanza, prima che qualcuno interpreti male questa situazione. E poi copriti bene»
Mi giro e poi sento la sua mano sulla mia che mi bloccava di procedere. Lui mi chiede: «Perché ti comporti così scontrosa con me? Cosa ti ho fatto di male?»
Faccio un respiro e gli dico: «Tanto non vale la pena che ci provi perché non ci capiremo. Ora lasciami e chiudiamo qui il discorso. Togli la tua mano e fammi tornare in stanza»
Lui stringe di più la presa, facendomi male. Allora mi giro e lo guardo con uno sguardo da sfida. Lui, con la sua aria da interrogato, mi dice: «Spiegami cosa ho fatto per scatenare tutta questa rabbia in te. Non capisco perché non vuoi corrispondere»
Io: «Dovresti ben saperlo. Ora lascia la mia mano. Devo tornare nella mia stanza prima che ci vedano così e si facciano l'idea sbagliata sulla situazione. Lascia la mia mano, ti prego»
Lui stringe ancora di più, come se stesse scaricando su di me la rabbia nel non capire la situazione. Stavo per dargli un pugno secco nell'addome, quando lui ritrae la sua mano portandomi verso di lui. In quel momento avevo perso l'equilibrio del mio corpo e sapevo che sarei finita contro di lui. Ma le sue mani mi fermano e poi lui posa delicatamente le sue labbra sulle mie. Lui aveva chiuso gli occhi mentre io no, perché volevo che la smettesse una volta per tutte. Ma lui non accennava nemmeno di termire questo bacio. Sentivo le mie guance infuocarsi sempre di più, le lacrime scendere lungo il mio viso. Inoltre, gli davo dei pugno sul suo petto, come segno che io sono contraria a ciò. Rimaniamo così per non so quanto, ma poi si stacca e mi asciuga le lacrime, chiedendomi il perché delle mie lacrime. Ci sediamo e prima che potessi rispondere vengo interrotta da una voce femminile dire: «Vostra altezza, volevo avvisarla che la colazione sarà pronta tra non molto»
La ringrazia e subito mi alzo. Mi metto a posto e mi avvicino alla finestra. La apro ed esco fuori al balcone. Stavo per mettere piede sul bordo del balcone, quando lui mi riporta dietro e mi chiede: «Cosa vuoi fare, Asuna?»
Mi libero dalla sua presa e gli dico: «Devo tornare nella mia stanza. Non cercare di fermarmi, altrimenti te ne pentirai amaramente»
Rimetto il piede sul bordo del balcone e poi faccio un salto, raggiungendo il mio che si trova affianco al suo. Coincidenza che abbiano dato a lui la stanza per gli ospiti quella vicina alla mia e non le altre. Mi giro e gli faccio la linguaccia. Entro dentro e mi trovo la serva dentro. Sorrido e lei mi dice: «Mi stavo preoccupando nel non trovarla. Comunque, volevo avvisarla che la colazione è quasi pronta e che i suoi genitori vogliono che lei faccia colazione con loro»
Annuisco e poi esce, sorridendo. Immagino che lei abbia capito che non mi trovavo qua tutta ma notte. Prima che se ne andasse la richiamo e le chiedo: «Sei tu che mi stavi svegliando ieri - lei annuisce - sera? Per favore, non parlarne a nessuno»
Annuisce sorridendo e mi dice: «Spero lei abbia dormito bene»
Mi sento in imbarazzo a questa domanda e prima che potessi risponderle, lei mi dice: «Fa lo stesso. Le prometto che non ne parlerò a nessuno. Basta che lei faccia quel che le è stato chiesto»

Il richiamo del passato e lo sguardo verso il futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora