Capitolo 11

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Pov's Asuna
Mi risveglio all'alba e mi trovo le spalle coperte con una mantellina. Guardo in direzione di mia madre e la trovo dormire beatamente. Sorrido e decido di lasciarla riposare. Esco e mi trovo una serva che sembrava aspettarmi. Le chiedo se avesse qualcosa per me e lei mi dice che le era stato detto di dirmi che potevo riposare nella mia stanza. La ringrazio e mi avvio nella mia stanza, anche se mi sembrava tutto strano. Prima mio padre non mi voleva nemmeno a casa e adesso mi sento accolta. Alla mattina saprò cosa succederà e se nel caso dovesse degenerare la situazione, vedrò mia madre e me ne andrò via. Il solo pensiero di tornare al castello mi fa paura, soprattutto con la promessa che aveva fatto a Izana. Ora che sono lontana da lui vorrei non pensare nemmeno al suo nome. Voglio godermi di questa pausa!
Apro la porta e trovo mio padre dentro. Chiudo dietro alle mie spalle la porta e lui si gira, dicendomi: «Hai fatto veramente un ottimo lavoro. Nemmeno i medici sono riusciti a riportare la salute di tua madre. Mi dispiace per come mi sono comportato con te, ma non riuscivo proprio a perdonare la tua fuga di tanti anni fa e la tua improvvisa comparsa. Ma ho capito che questa fuga ti ha resa un donna molto responsabile e competente»
Sentire queste parole mi ha fatto veramente piacere e mi ha anche emozionata, facendomi versare alcune lacrime. Gli dico: «Non sai quanto mi siete mancati tutti in questi anni. Sono veramente senza parole, non so più cosa dirti»
Lui mi abbraccia e ricambio il suo abbraccio. Non sentivo più quel odore paterno da molto e molti anni e volevo che le mie narici se ne godessero fintanto che potevano. Poi mi dice di riposare. Annuisco e prima che se ne andasse gli dico: «Grazie padre. Grazie per aver accettato una figlia così testarda, da voler realizzare sempre i suoi pensieri senza pensare alle persone che le circondano»
Si gira e mi dice: «Tale padre tale figlia, no?»
Sorrido e poi se ne va, chiudendo dietro di sé la porta. Rimango a riflettere e poi mi sdraio sul letto, ripensando a quello che mi aveva detto mio padre.
Il giorno seguente vengo svegliata da una serva, che mi indica anche gli indumenti da indossare. Si ritorna alla vecchia abitudine, quando la serva ti prepara il vestito, gli accessori e ti aiuta a indossarli e metterti a posto. Io sono nettamente contraria a ciò.
Ringrazio la serva e le dico: «Potrei fare tutto sola, ma se ci tieni tanto ad aiutarmi non lo rifiuto. Tanto non mi sono dimenticata di questa vecchia abitudine»
Lei sorride e mi dice: «La aspetto dopo che si sia fatta la doccia e messa il vestito. Facciamo come facevamo quando era piccola»
Annuisco e mi dirigo in bagno, trovando la vasca già piena d'acqua. Mi tolgo i vestiti e mi immergo nell'acqua. Rimango in ammollo per alcuni minuti, ripensando alla mia vita passata e quanto ero capricciosa e birichina di piccola. Ma poi mi viene in mente i momenti in cui giocavo assieme a Izana. Le mie guance sono istintivamente diventate rosse e mi sono immersa di più nell'acqua. Perché devo arrossire ogni volta che ripenso a quei ricordi? Perché tutto questo succede a me? Come mai la vita è diventata sempre più complessa?
Esco dalla vasca e mi asciugo il corpo. Mi metto il vestito e mi siedo accanto alla specchiera. Poi la serva mi pettina i capelli e si complimenta della bellezza dei miei capelli e mi chiede cosa avevo fatto in questi anni. Le ho raccontato in sintesi tutto e poi mi dice: «Certo che è vero il detto: la fatica rende le persone più complete e responsabili. Ad ogni modo, i suoi  genitori la aspettano alla sala da pranzo per fare colazione»
La ringrazio e le dico: «La prossima volta cerchiamo di dimenticare - facendole l'occhiolino - la formalità. Sai che l'ho sempre odiata!»
Sorride e mi dirigo nella sala da pranzo. Facciamo colazione insieme e poi mi rinchiuso in biblioteca a leggere alcuni testi. Mio padre era rimasto accanto a mia madre e così ho deciso di lasciarli insieme. Kiki mi faceva compagnia e poi decidiamo di fare un giro nel giardino, richiamando i ricordi del passato. Poi veniamo chiamate dai miei genitori e passiamo a discutere con loro. Sembravano felici della nostra presenza. Poi ad un certo punto mio padre mi chiede: «Ora che lavori al palazzo, non hai mai incontrato il principe Izana-oji? Non avete mai scambiato qualche discorso?»
Io, imbarazzata: «Beh, ecco... Sì, abbiamo scambiato qualche discorso. Ma l'abbiamo fatto in un contesto lavorativo perché come potete vedere io mi occupo anche della sua salute»
Sia mia madre che mio padre si guardano e capisco dove vogliono parare le loro successive domande, ma li fermo dicendoli: «Con permesso, terminerei il discorso qui. Mi piacerebbe andare a leggere alcuni testi in biblioteca, se ovviamente questo non vi disturba?»
Si guardano e poi sorridono entrambi, dicendomi che potevo fare ciò che volevo. Così, insieme a Kiki, ci rifugiano all'interno della biblioteca fino a che una serva mi avvisa di avere degli ospiti. Subito un brivido scorre lungo la mia schiena. Immagino che Kiki abbia notato la mia reazione. Non dirmi che sia proprio lui a venire a trovarmi? Non lo voglio vedere!
Annuisco e le dico che sarei venuta nel giro di pochi minuti sarei venuta dagli ospiti. Mi giro e trovo Kiki ridere. Mi dice: «Fatti coraggio e affronta la situazione. Mi sa proprio che ti perseguiterà per sempre»
Io, facendo l'offesa: «Bell'incoraggiamento, Kiki. Ma non penso sia lui perché ha detto ospiti. Andiamo insieme, così eviterò di fare scene mute»

Il richiamo del passato e lo sguardo verso il futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora