intro

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PLAY: Corbyn - Odsee

Minho era sulla spiaggia, circondato da bottiglie di soju vuote. Indossava solo una camicia nonostante fosse la fine di febbraio, non si era preoccupato di indossare un maglione o un cappotto perché tanto, diceva, non gli sarebbe più servito.

Di fronte a lui il mare rombava impetuoso e il vento soffiava gelido sotto ad un cielo temporalesco. Il meteo sembrava quasi apocalittico: il profumo della tempesta in arrivo che volava nell'aria, le nuvole bluastre e cariche di pioggia oscuravano la già fioca luce del sole.

Sì, il profumo della tempesta. Non era un semplice odore: era l'attesa intrepida prima che qualcosa accadesse. Per Minho era dolce. Probabilmente era tutta colpa dell'alcol, ma una dolcezza simile non l'aveva provata nemmeno nei suoi ricordi d'infanzia.

Bevve l'ultimo sorso prima di lanciare via la bottiglia, che rotolò sulla spiaggia. Si alzò in piedi barcollando un po', poi ripulì i pantaloni dalla sabbia passandoci sopra velocemente le mani. Guardò il mare. Sembrava più nero e più minaccioso di quando era sobrio.

«Beh, Minho se ne va ragazze» disse alle bottiglie vuote ai suoi piedi.

«Comportatevi bene. Au revoir.» Una folata di vento lo fece barcollare un po' in avanti, verso l'acqua.

«Questo è un invito?» continuò guardando il cielo cupo.

Prese un respiro e si guardò intorno. Non c'era anima viva sulla spiaggia. Se avesse avuto un po' di sale in zucca non ci sarebbe stato neanche lui, ma Minho stesso pensava di non averne mai avuto a sufficienza.

Fece qualche passo avanti, fino al bagnasciuga: un'onda gli colpì i piedi, avvolgendoli come dei tentacoli gelidi. Minho sorrise amaramente.

Avanzò ancora fino a che l'acqua non gli fu arrivata alla vita. Aveva la pelle d'oca e i muscoli erano tesi dal freddo. Un lampo illuminò tutto, seguito da un tuono fortissimo, che il ragazzo sentì riverberare nel petto. Scoppiò in una risata isterica, la vista annebbiata dall'alcol.

Proseguì l'avanzata a fatica: non riusciva quasi a sostenersi e ogni passo gli causavano uno sforzo inimmaginabile. Quando l'acqua gli arrivò al collo decise di fermarsi. Tutti i muscoli erano talmente ghiacciati che Minho non riusciva più a comandarli con fluidità. Si voltò a guardare la città un'ultima volta prima di avanzare ancora.

Ormai non toccava più, l'acqua era troppo fonda e lui troppo stanco. Minho prese un ultimo respiro e si immerse.

Sotto la superficie, l'acqua era ferma. Rimase sospeso per un minuto, le braccia e la camicia fluttuavano senza peso. La luce che filtrava da fuori inondava Minho, colorando tutto di azzurro: la sabbia che vorticava, le sue mani, la sua camicia.

Là sotto c'era silenzio. Un silenzio che il ragazzo aveva sempre cercato, durante tutta la sua vita, ma che non aveva mai trovato nel mondo là fuori. Un mondo che faceva sempre troppo rumore.

Quando i suoi polmoni iniziarono a bruciare, Minho lasciò uscire piano il suo ultimo respiro dalla bocca, che raggiunse la superficie sotto forma di bollicine. Quando non ne ebbe più, il corpo seguì l'istinto di sopravvivenza, disperato, cercando di riprendere ossigeno. Ma la mente del ragazzo era troppo stanca e lasciò che il freddo, l'alcol e l'essere esausto lo portassero giù.

Se questo era il tuo piano fin dall'inizio, beh, potevi anche dirmelo. Non mi sarei impegnato così tanto.

Mentre continuava ad affondare, Minho si lasciò andare. Si era preoccupato di ubriacarsi oltre il limite; se non fosse stata l'acqua, avrebbe avuto altro ad ucciderlo. Non avrebbe fallito.

Minho si sentì pesante, come prima di addormentarsi. Era facile, doveva solo rilassarsi.

L'ultima cosa che sentì fu una mano prendere la sua e trascinarlo verso l'alto. Era un angelo? Forse, non lo sapeva. Minho chiuse gli occhi per l'ultima volta e si lasciò andare all'inconscio.

«...»

twisted | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora