XXX - su, in quota

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Changbin guardò fuori dalla finestra: a giudicare dall'altezza dal suolo, si trovavano al primo piano di quella vecchia scuola. Saltare sarebbe stato un po' rischioso, ma era la loro unica via di uscita. Aveva sentito un rumore di catene prima che una delle guardie andasse a portare loro il caffè. Non sarebbero mai riusciti ad aprire la porta da dentro e, se mai ci fossero riusciti, avrebbero dovuto passare le guardie. 

Il ragazzo si tolse la felpa e se la arrotolò intorno ad una mano, che chiuse a pugno. Colpì i vetri rimanenti attaccati alla cornice della finestra e li ruppe, lasciando la cornice liscia. I vetri si spezzarono e fecero lo stesso rumore di quando si rompe il ghiaccio. Sperò che le guardie non sentissero.

«Cosa stai facendo?» chiese Jisung, gli occhi un po' socchiusi. La droga aveva cominciato a fare effetto, perciò il ragazzo si trovava con i sensi rallentati.

«Elimino i pezzi di vetro così è più facile uscire senza tagliarsi» rispose Changbin, rompendo l'ennesimo pezzo di vetro. Li fece cadere dentro l'aula e non fuori, altrimenti si sarebbero feriti i piedi nell'atterraggio. Fece molto più rumore rispetto agli altri, tanto che il moro si fermò un attimo, in attesa. Non furono fortunati. Si sentì il rumore del lucchetto che schioccava e delle catene ce venivano rimosse.

«Hai i riflessi rallentati, ti schianteresti al suolo e basta. Vado prima io e provo a prenderti, va bene?»

Jisung annuì. La mente era sveglia come sempre, ma il suo corpo faceva fatica a rispondere. Era come se fosse stato immerso dentro a un barattolo di miele, ecco. Frustrante.

Velocemente, Changbin salì sul cornicione della finestra facendo attenzione a non ferirsi con i vetri rimanenti, poi saltò giù. Sentì una fitta salire dai piedi fino alla testa quando arrivò a piedi uniti, ma si stabilizzò facendo qualche passo in avanti. Jisung non fu tanto fortunato. Ebbe solo il tempo di affacciarsi alla finestra che una delle guardie che li sorvegliavano lo raggiunse.

«EHI!» esclamò. Uno dei prigionieri era già fuggito, l'altro era in procinto di fare lo stesso. 

Jisung salì sul cornicione e si accovacciò, pronto a saltare, ma l'uomo lo afferrò e lo tirò indietro. Changbin dal basso vide solo l'amico essere trascinato via; sentì del versi che sembravano provenire da una colluttazione.

Si mise le mani tra i capelli, angosciato. Era impotente, non poteva fare nulla per Jisung. Era bloccato lì a terra mentre il biondo era nella stanza con una delle guardie, in più mezzo stordito.

Dopo un tempo che gli parve infinito, Jisung apparve davanti alla finestra. Guardò Changbin per un attimo, poi qualcosa lo colpì alla spalla e tanti puntini bianchi e neri gli danzarono davanti agli occhi per il dolore. Perse il sostegno delle braccia e cadde in avanti, fuori dalla finestra. Changbin lo aiutò, attutendo la caduta. Finirono entrambi a terra.

«Dai, Ji. Ti aiuto ad alzarti. Dobbiamo andare» gli disse Changbin, prendendolo sotto le braccia. Era solo questione di secondi prima che le guardie del signor Shim cominciassero a dar loro la caccia.

Jisung si alzò in piedi e fece qualche passo, ma il dolore troppo forte lo fece crollare in ginocchio. Sentiva la spalla in fiamme, e il calore era talmente forte che gli sembrava fosse freddo. Il gelo gli si stava propagando in tutto il lato sinistro del corpo.

«Bin, non ce la faccio» disse piano, con le lacrime agli occhi. Non aveva mai provato un dolore fisico tanto accecante.

Changbin andò dietro di lui e vide la ferita per la prima volta: la guardia gli aveva piantato una scheggia di vetro della finestra piuttosto grande, conficcata dentro come un pugnale. La ferita era insanguinata e irregolare, con i labbri arrossati.

twisted | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora