XVIII - torre, il pick-up

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Jisung allacciò gli ultimi bottoni della camicia e si guardò allo specchio. Era agitato e continuava a toccarsi i capelli, convinto che non gli stessero mai bene. Era nervoso: quella sera Minho lo avrebbe portato fuori per il loro primo appuntamento ufficiale. Non stava più nella pelle.

Gli aveva detto solo di vestirsi bene ma non troppo, non troppo leggero e nemmeno troppo pesante. Le indicazioni di Minho erano state davvero chiare, perfino Saw l'Enigmista si sarebbe grattato la testa cercando di capirci qualcosa.

Jisung non aveva assolutamente idea di dove potesse portarlo. Si erano visti più volte in quella settimana ma il moro non gli aveva detto nulla, bocca cucita. Era davvero intenzionato a sorprenderlo e non voleva cedere al suo bel faccino solo per uno spoiler.

Alle sette in punto, Minho citofonò e Jisung si precipitò fuori. Il moro era appoggiato alla macchina con le mani in tasca, vestito elegante e completamente di nero, il suo solito sorrisetto beffardo sul volto. Jisung lo trovò così bello che si sentì morire dentro. 

«Ciao» disse Minho, alzandosi bene in piedi. «Sei pronto?»

«Non so per cosa, ma sì. Vado bene vestito così?» gli chiese.

«Non poteva essere meglio.» Minho gli diede un bacio veloce sulle labbra e salì in macchina. Jisung fece lo stesso mentre cercava di calmare le farfalle che aveva nello stomaco.

Il tragitto fu occupato dalle mille domande del biondo sul posto in cui stavano andando. Minho tenne la bocca chiusa fino all'ultimo momento nonostante la sua insistenza.

«Sei proprio testardo» si lamentò Jisung dopo un po', facendo il finto offeso.

«Io? Ma se è da quando siamo partiti che mi fai l'interrogatorio!» rise esasperato l'altro.

«Comunque, siamo arrivati.»

Minho parcheggiò la macchina e i due scesero. Jisung non si rese conto di dove fossero fino a che non focalizzò la torre della televisione di fronte a lui, che si stagliava enorme ed altissima verso il cielo. Non c'era mai stato così vicino, la vedeva sempre e solo all'orizzonte come se stesse vegliando sulla città. Rimase a bocca aperta.

«Vieni. Abbiamo un tavolo riservato all'ultimo piano» disse Minho, tirandolo per una mano.

«Ma è impossibile trovarne uno libero! E' sempre tutto prenotato con mesi di anticipo.»

«Niente è impossibile se sei figlio dei miei genitori» rispose, facendogli l'occhiolino. Era l'unica cosa utile che i tuoi gli avevano dato: il nome importante.

Quando entrarono nel ristorante si beccarono qualche occhiata storta dai clienti. Minho e Jisung si tenevano ancora per mano e ciò, agli occhi dei vecchi ricconi che cenavano lì abitualmente sembrava una cosa abominevole. Minho strinse la mano di Jisung più forte e camminò a testa alta fino al loro tavolo. Non aveva niente di cui vergognarsi e non gli importava se quei vecchiacci lo guardavano male.

Il loro tavolo era un po' in disparte, accanto alla vetrata panoramica. Si vedeva tutta la città, tutte le luci delle case e delle strade sembravano il riflesso delle stelle in un mare scuro.

«Dove vuoi sederti?» gli chiese Jisung.

«Stai pure vicino alla vetrata, si vede meglio» rispose l'altro, con già il voltastomaco per l'altezza.

Jisung amava i posti in alto, da cui si poteva vedere tutto, ed era quella la ragione per cui aveva scelto di portarlo lì. Ma Minho, al contrario, soffriva di vertigini in modo pazzesco e magari, stare seduto più lontano, lo avrebbe aiutato. Il posto, la compagnia, il panorama: tutti era semplicemente perfetto. Jisung si sentiva come su una nuvola.

twisted | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora