XXVIII - briciole

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Minho aprì gli occhi ma la luce forte del neon lo obbligò a sfarfallare le palpebre. Riconobbe all'istante l'odore della stanza, così come il colore delle pareti e l'arredamento. Era in ospedale; per un attimo gli sembrò di avere un déjà-vu.

Sulla sedia accanto a lui c'era Nayun. Rimase abbastanza sorpreso nel vederla: credeva che fosse partita con i loro genitori, che lo avesse lasciato.

«Ben svegliato» disse la ragazza abbracciandolo forte. Minho ricambiò la stretta e non la lasciò andare.

«Cosa ci fai qua?»

«Sono stata una stupida. Quando Felix ci ha detto che ti aveva trovato svenuto dentro casa, ho capito che stavo facendo una cazzata. Sono subito scesa dall'aereo e sono corsa qua.»

Minho era rincuorato del fatto che la sorella, alla fine, avesse preferito rimanere. Sperò che lo stesso potesse succedere con Jisung, ma la storia era un po' diversa.

«Mi ha trovato Felix, quindi? Non so nemmeno io cos'è successo» confessò il ragazzo.

«Il dottore ha detto che sei stato sotto pressione per troppo tempo, avevi troppo stress addosso e il tuo corpo ha detto basta. E' stato come un blackout.»

Minho annuì: sì, poteva essere. Aveva avuto un altro attacco dei suoi e forse, dato che era molto tempo che si tratteneva, era stato piuttosto violento. In più sua sorella che lo abbandonava e la rottura con Jisung dovevano aver dato il colpo di grazia.

«Quanto tempo ho dormito?»

«Più di un giorno intero. Io stavo per partire ieri verso l'ora di pranzo quando Felix ci ha avvisati. Ora sono quasi le sei di sera.»

Ci fu un momento di silenzio tra i due. Nayun doveva metterlo al corrente di alcune cose, ma voleva arrivarci per gradi.

«Devi dirmi qualcosa, Minho?» chiese.

«No, perché?» Il ragazzo era un po' confuso. Nayun prese un respiro e lo guardò dritto in volto.

«Ci sono degli agenti di polizia qui fuori.»

In effetti, solitamente si veniva ricoverati in stanze con più pazienti. Quella volta invece Minho era da solo, in una stanza troppo grande per una persona sola.

«Perché?»

«Jisung è scomparso e tu sei fra i sospettati.»

Nonostante fosse disteso, Minho si sentì come se gli avessero tolto la terra da sotto i piedi. Sentì un macigno opprimergli il petto e fece fatica a respirare.

«Cosa vuol dire scomparso?»

Nayun gli raccontò di come Seungmin stesse aspettando Jisung per la partita, ma che il biondo non si era presentato. Seungmin era corso a casa sua nonostante la partita e avesse trovato la porta aperta e nessuno all'interno. Il cellulare e tutte le sue cose erano ancora lì ma di lui nessuna traccia. Per sicurezza, aveva chiamato la polizia.

«E cosa vogliono da me?»

«Sei tra i sospettati, devono interrogarti. La sua sparizione e il tuo svenimento sono avvenuti quasi in contemporanea. Loro la vedono come un omicidio-suicidio, dal momento che sono venuti a conoscenza della vostra recente rottura e dei tuoi attacchi di rabbia.»

A Minho quasi venne da ridere. La loro storia era iniziata con un tentato suicidio-omicidio, rispettivamente. Era il colmo.

«Sono qua fuori?» 

Nayun annuì. «Quando verrai dimesso, ti scorteranno alla centrale. Il medico dice che devono aspettare ancora qualche giorno per interrogarti, altrimenti potresti avere un altro black-out.»

Inutile dire che Minho si fece dimettere quella sera stessa. Non sarebbe mai stato fermo in un letto ad aspettare che trovassero Jisung. In quel modo sì, avrebbe avuto un altro black-out per lo stress. Doveva dare una mano, doveva aiutare a cercarlo. Poteva essere ovunque là fuori e poteva subire qualunque cosa mentre lo trattenevano. No, Minho non poteva stare lì fermo ad aspettare. 

Aveva sofferto come un cane quando lui e Jisung si erano lasciati, ma non era nulla in confronto a questo. Se quella sera non si fosse arrabbiato così tanto, se avesse dato retta a Jisung e si fosse calmato starebbero ancora insieme. Il biondo sarebbe ancora lì con lui al sicuro. Minho si guardò allo specchio.

«Sei proprio un coglione» si disse.

***

Chan arrivò a casa un po' malconcio: la guardia del signor Shim si era divertito con lui ancora per un po', dopo che Changmin se n'era andato via. Non era stata una passeggiata, il tizio ci aveva dato proprio dentro. Fortunatamente suo padre non era a casa, così ebbe tutto il tempo di medicarsi. Quando appoggiò il cotone pieno di disinfettante al sopracciglio, sentì bruciare così tanto che volle urlare. Tanti puntini neri e bianchi gli danzarono davanti agli occhi come una televisione a cui non arriva il segnale. Tolse il cotone sporco di sangue e si resse al lavandino per qualche secondo prima di riacquistare la vista. Era proprio ridotto male.

Lesse i messaggi di Felix nel loro gruppo, dove diceva che Minho era finito in ospedale. Pensò con amarezza che la loro compagnia stesse andando piano piano a rotoli e, al contrario di come avrebbe pensato mesi prima, non era colpa di Changbin. Decise che sarebbe andato a trovare Minho appena possibile, per vedere come stava.

Passò un po' di tempo e di Changbin nessuna novità. Provò a telefonargli ma non rispose. Aveva una brutta sensazione ma decise di tentare lo stesso ancora. Chiamò anche Jisung ma nulla. Mentre andava dalla camera alla cucina, sentì il telefono vibrargli nella tasca. Lo prese velocemente nella speranza che fosse Changbin ma rimase un po' deluso nel vedere che era solo Seungmin. Aprì i messaggi e sbiancò: Jisung era sparito. E con lui anche Changbin probabilmente, ma Chan era l'unico a saperlo.

Il ragazzo abbandonò ogni idea di farsi uno spuntino e uscì di casa. Changbin gli aveva lasciato l'indirizzo, perciò non fece fatica a trovare il suo palazzo. Salì le scale fino al terzo piano e aprì l'appartamento numero 17. Era tutto molto ordinato, con dei modellini di edifici sparsi in tutta la casa. Probabilmente ne aveva dovuti fare così tanti per l'università che ora li usava come soprammobili.

«Changbin, sei in casa?» chiamò ma non rispose nessuno. 

Per sicurezza controllò in tutto l'appartamento ma del ragazzo nessuna traccia. In camera trovò un sistema di computer, casse e altre diavolerie collegate tra di loro che occupavano quasi metà stanza. Doveva essere con quello che controllava il signor Shim e i suoi. 

Tornò in cucina e cercò il cassetto delle posate: dovette aprirli tutti prima di trovare quello giusto. Lo estrasse dal mobile e lo appoggiò al tavolo, tolse tutte le posate e lo mise sottosopra. In effetti c'era una busta appiccicata al legno. 

La staccò e la tenne in mano, insicuro su cosa fare. Era quella la busta di cui stavano parlando? Beh, non c'erano molte probabilità di avere delle buste attaccate a dei cassetti. Non volle aprirla per paura di quello che c'era dentro. 

Changbin gli aveva detto di chiamare subito la polizia, senza esitazione, perché erano gli unici a poterli davvero aiutare. Normalmente Chan sarebbe stato restio ad obbedire a Changbin, per partito preso, ma quella volta eseguì tutto senza lamentarsi.

«...»


eccoci qui con un nuovo capitolo!

-3 al finale. io stessa ho l'ansietta lol

vi ringrazio per aver seguito la storia fino a questo punto <3

xx

twisted | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora