VII - notte, la famiglia

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La casa di Minho si rivelò essere un appartamento abbastanza grande, dove viveva insieme a Nayun. Era arredato sui toni del grigio e del bianco, che rendeva tutto abbastanza neutro e impersonale. C'era qualche vaso di piante finte di qua e di là, ma solo a dare un po' di colore all'ambiente.

«Puoi dormire nella mia camera, io starò sul divano» disse.

«Non ti preoccupare, fai come se non ci fossi. Starò io sul divano. Sembra più comodo del mio letto» rispose il biondo con un mezzo sorriso.

Minho preparò coperte e cuscini, poi gli mostrò dov'erano il bagno e la sua camera, «in caso di bisogno.»

Il biondo lo ringraziò. «Grazie, davvero.»

Minho si grattò la nuca, un po' imbarazzato. «Figurati. Beh, buonanotte allora.»

«Buonanotte.»

Il ragazzo andò in camera sua, mentre Jisung si distese sul divano, coprendosi con una coperta. Era pronto a dormire ma il sonno non arrivava: continuava a rivoltarsi sperando di trovare una posizione comoda ma finì disteso a pancia in su a fissare il soffitto. Ogni tanto riusciva ad appisolarsi, ma dopo pochi minuti tornava ad aprire gli occhi, sveglio come una cavalletta.

«Aish» sbuffò dopo un po'. Erano già passate due ore ma ancora non riusciva a dormire.

Sapere che qualche estraneo era entrato in casa lo turbava. Non gli era ancora andata giù che anni prima i poliziotti avessero chiuso il caso dei suoi genitori come un incidente, perciò ora temeva ogni tipo di reato, per paura che andasse a risolversi nel nulla. Non credeva molto nella giustizia. Vide le foto sparse a terra, i vestiti rivoltati nell'armadio, i quadri storti. La scena lo fece rabbrividire.

Si tirò su a sedere, prese la coperta e se la passò sulle spalle; appoggiò il viso sulle ginocchia e sospirò.

«Sei ancora sveglio?» chiese Minho, sbucando dal corridoio. Gli fece prendere un mezzo spavento ma certo di non darlo a vedere. A quanto pare Jisung non era l'unico a non riuscire a dormire.

«Sì, non riesco a prendere sonno. Tu?»

Il ragazzo camminò verso la cucina. «Sono nel mezzo del sonno più profondo, quella che vedi è solo una allucinazione» scherzò.

Jisung si alzò e lo seguì in cucina. «Ti va una tazza di latte caldo?»

«Volentieri.»

Minho prese un pentolino e ci mise dentro il latte, poi lo piazzò sopra il fornello e lo accese. Aprì vari sportelli prima di trovare un vasetto di miele, che appoggiò al tavolo.

«Sai, la mia tata metteva sempre il miele nel latte, a me e a Nayun, prima di andare a dormire. "Il miele è dello stesso colore dei sogni d'oro" diceva. Senza miele potevamo avere solo incubi.»

«Sembra una persona molto dolce.»

«Già. Era la cosa più vicina a una madre che potessi avere. A volte penso che se lei fosse stata effettivamente mia madre, adesso la mia vita sarebbe diversa.»

Minho si sentiva a suo agio con Jisung, gli stava raccontando cose che nessuno, tranne Felix, sapeva. Non si sentiva forzato, anzi. Il nanerottolo lo invogliava a sfogarsi.

«Non parli mai della tua famiglia, o delle tue cose. Nemmeno Nayun lo fa» osservò Jisung, ripensando a tutte le volte che erano usciti. In effetti, dei fratelli Lee, non si sapeva nulla oltre a quello che loro stessi dicevano. Nulla.

Il latte cominciò a bollire, così il moro lo versò in due tazze. Prese un cucchiaino di miele a testa e lo lasciò sciogliere dentro prima di passarlo al suo ospite.

twisted | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora