XXI - visite, l'orlo

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«Ehm... io vado» disse Jisung un po' imbarazzato. Si trovava davanti ai genitori di Minho, i non-genitori che il suo ragazzo odiava. Non si vedevano da più di un anno e Jisung pensò che fosse il caso di levare le tende.

Raccolse in fretta le sue cose mentre il moro guardava minaccioso i suoi. Non li aveva invitati ad entrare e loro erano ancora fermi sulla porta. Aveva un milione di domande che gli vorticavano nella testa, insieme a quella bestia nera che gli si agitava nello stomaco. Non voleva che Jisung se ne andasse, però allo stesso tempo non voleva farlo restare.

«Ci vediamo» disse Jisung. Non sapeva se baciarlo oppure no, perciò lo abbracciò solamente.

Nessuno parlò fino a che il biondo non fu abbastanza lontano per non sentire le loro parole.

«Come mi avete trovato?» chiese Minho. Lui e Nayun avevano venduto la casa della loro infanzia e avevano cambiato appartamento più volte per non farsi trovare, e invece eccoli lì.

«Abbiamo contatti da tutte le parti, è stata una cosa da niente» iniziò sua madre. «E poi è maleducazione non far accomodare gli ospiti, non te l'hanno mai insegnato?»

«I miei genitori no, perché non c'erano mai» commentò Minho.

I due entrarono nell'appartamento. Il signor Lee era stranamente tranquillo, anche Minho se n'era accorto, ma non si pesta la coda al cane che dorme. Specialmente se è un cane rabbioso come suo padre; aveva preso da lui quel lato del suo carattere. Quando esplodeva, incendiava tutto ciò che aveva intorno. Gliene faceva una colpa a prescindere, il fatto di avere quegli sbalzi di umore, nonostante il padre non avesse fatto apposta a trasmetterglielo.

«Perché siete qua?» continuò Minho, sospettoso.

Sua madre si sedette al tavolo della cucina, come se nulla fosse. «Beh, siamo venuti a trovarvi. E' da tanto che non vi vediamo. Dov'è tua sorella?»

Minho incrociò le braccia. Fortunatamente la sera prima era rimasta a dormire da Felix. «E' fuori.»

«Capisco» continuò la madre. 

I tre rimasero in silenzio per qualche minuto. Minho covava una rabbia tale nei confronti di quei due esseri che si stava trattenendo dall'incenerirli con lo sguardo. Avrebbe voluto incenerirli davvero.

La madre di Minho era sempre stata la portavoce, se così si può definire. Era quella che dialogava tra le parti, che faceva il meglio per portarsi a casa la pagnotta più grande. Non erano lì solo per visitare i loro figli, ma per un progetto più grande. Il padre di Minho e Nayun invece era più silenzioso ma i suoi piani erano cento volte più contorti di quelli della moglie. Lui era la vera mente. Non aveva nessuno scrupolo o sentimento per quanto riguardava raggiungere l'obbiettivo: ci sarebbe arrivato a qualunque costo, anche sacrificare la propria famiglia.

«Chi era quello?» chiese, parlando per la prima volta da quando erano arrivati.

Sentire la sua voce provocò un brivido a Minho. «Il mio ragazzo» disse cauto.

La donna si mise a ridere, freddamente. «Un amico, vorrai dire.»

«No, il mio ragazzo. Stiamo insieme.»

Il signor Lee contrasse la mascella. Era sempre stato contro gli omosessuali, i trans e il resto della banda. Erano assolutamente contro natura. Dio aveva creato Adamo ed Eva, maschio e femmina, per stare insieme e procreare. Era sempre stato così nella storia dell'uomo. Una relazione tra due persone dello stesso sesso era una relazione malata, malsana. Per lui era una cosa riprovevole e suo figlio non sarebbe mai diventato gay, anche a costo di raddrizzarlo con la forza. Quella "fase" doveva finire al più presto.

twisted | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora