PROGENY; PARTE UNO (THEODORE)

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"Papà...".

Sorrido tra me e me sentendo Benjamin chiamarmi in questo modo, per la seconda volta, e lo guardo negli occhi.

"Sì, tesoro?"

"Adesso tu e Gracey siete una coppia, giusto?"

"Sì, possiamo definirci una coppia"

"Questo significa che dovrò chiamarla 'mamma' o 'matrigna'?" mi domanda a bruciapelo, senza alcun preavviso, ed io mi ritrovo costretto a schiarirmi la gola più volte prima di dargli una risposta.

"Ohh, Ben!" esclamo "mi sembra un po' presto per parlare di questo, non credi? Anche se io e Gracey ci stiamo frequentando, vogliamo fare un piccolo passo alla volta... Tu devi fare solo ciò che ti senti di fare, Benjamin. Nessuno ti vuole forzare, soprattutto in una questione delicata come questa"

"Quindi non vi sposerete e non avrete figli?".

Il suo candore e la sua ingenuità mi lasciano senza parole, e non mi resta altro che cercare un modo per uscire dall'imbarazzante situazione in cui mi sono infilato a mia insaputa; e tutto ciò senza neppure considerare il fatto che mio figlio non sa nulla del recente incontro burrascoso che ho avuto con Nicole.

E non dovrà mai saperlo.

"Siamo arrivati" rispondo, indicando l'entrata della scuola, evitando così di dover dare delle spiegazioni; Benjamin, però, non demorde e solleva il viso verso di me, rivolgendomi uno sguardo risentito, perché ha capito ciò che ho appena fatto.

"Guarda che io ero serio poco fa, Theodore, penso che dovresti riflettere attentamente riguardo al matrimonio e al desiderio di allargare la famiglia per un semplice motivo" dice, mentre io mi chino per sistemargli il colletto del cappottino che indossa.

"Ahh, sì? Eri serio? E dimmi, tesoro, quale sarebbe questo semplice motivo che dovrebbe farmi riflettere attentamente riguardo al matrimonio e al desiderio di allargare la famiglia?" domando, divertito, usando le sue stesse parole; e me ne pento nello stesso momento in cui mio figlio socchiude le labbra per rispondermi, per poi scappare dentro l'edificio scolastico.

"Perché stai invecchiando ormai".



"Non immaginerai mai che cosa mi ha detto Benjamin mentre lo accompagnavo a scuola" dico qualche minuto più tardi, lasciandomi cadere sui cuscini del divano; Gracey mi raggiunge dalla cucina con in mano due tazze colme di cioccolata calda: le posa sopra un tavolino e poi si accomoda sulle mie gambe, passandomi le braccia attorno alle spalle, procurandomi involontariamente dei brividi di piacere.

"Che cosa ti ha detto il piccolo criminale?" mi domanda incuriosita, con un sorriso dolce sulle labbra che le illumina il viso: è proprio durante momenti come questo che mi sento tornare indietro di quattordici anni, ai giorni in cui io e Susan ci frequentavamo, perché Gracey le assomiglia tantissimo.

Non sono ancora riuscito a spiegarmi questa strana sensazione, tuttavia non mi dispiace.

Anzi, è piuttosto piacevole.

"Mi ha detto..." inizio, passandole le braccia attorno ai fianchi, accarezzandole la schiena con gesti lenti "che è molto contento di vederci insieme, ma secondo lui dovrei pensare seriamente alle nozze e a dargli un fratellino o una sorellina perché non sono più un ragazzino. Mi ha detto molto chiaramente che sono da rottamare".

La mia dolce metà scoppia in una risata divertita, cristallina come l'acqua di un fiume, in netto contrasto con le guance che rapidamente assumono la stessa tonalità di rosso di una mela matura.

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