Capitolo 11: Inseguimento

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Prendo posto accanto ad Alex, ancora perplesso per quel gesto.

"Verrò con voi." Alla mia frase, mi guarda incredulo. "Come ci è riuscito? Ti ha minacciato?"

"Con una tregua e un aiuto con chimica." Spiego semplicemente. Alex fa un sorriso poco promettente, come a voler intendere qualcosa, ma lo ignoro. Poi cambia espressione, in una sconfitta.

"Ho perso la scommessa."

"SCUSA?" chiedo, alzando la voce giusto di qualche tonalità e dandogli un colpo nel collo, intimandogli di non farlo mai più. Sovrappensiero, domando ad Alex, perché Jung vuole che vada, ma in risposta lo vedo sollevare gli occhi al cielo. "Già, chissà come mai."

"Se i signorini Lee e Min finissero di parlare, potrei continuare la lezione. Grazie." Mortificati per il rimprovero, chiediamo scusa e chiniamo la testa, ma in realtà stiamo cercando di trattenere le risate.

Sto tornando in camera, quando qualcuno mi chiama.

"Ragazzino, aspetta." Di nuovo l'idiota. Gli faccio segno di parlare.

"Dammi il telefono." Lo fisso come se avesse tre teste, così allunga direttamente le mani su di me, iniziando a tastare ovunque, mentre cerco di spostarlo inutilmente. Una volta trovato, ci segna sopra il suo numero e poi fa squillare il suo telefono. Me lo ridà e lo guardo interrogativo.

"Ti ho salvato il mio numero, così possiamo organizzarci per le lezioni." chiarisce lui.

"Potevi chiederlo gentilmente."

"E io che ho fatto?"

"Tu quello lo chiami gentilmente?" lo rimbecco io.

"Avevamo detto tregua e stiamo già discutendo. Va bene, ti chiedo scusa." Termina imbarazzato. Non pensavo avrei mai sentito queste parole uscire dalla sua bocca. Smuovo una mano in aria sminuendo la situazione e indicando di lasciar perdere. Poi mi sbatto la mano in fronte, perché mi sono ricordato improvvisamente di dover fare una cosa urgente.

"Sei diventato pazzo ragazzino?" scherza, divertito dal mio comportamento.

"Mi sono ricordato di dover andare a ritirare un pacco, ma non penso di arrivarci in tempo, perché tra poco chiudono." Mi lamento, affranto.

"Posso darti un passaggio, se ti va." Mi propone, grattandosi la testa impacciato. Penso non faccia questo genere di cose. Ammetto che anche io sono un po' scomodo in questa situazione. È quasi tenero, penso prima di insultarmi da solo.

"Non ti disturbare, grazie." Ma lui sembra non ascoltarmi neanche, così mi ritrovo in macchina, sedutogli accanto. Poi mi guarda, in attesa.

"La cintura te la metti da solo, o vuoi che faccia io." Mi sbrigo ad allacciarla, sentendomi il viso andare a fuoco, mentre lo vedo ghignare. Partiamo e per rompere il silenzio creatosi, mette un po' di musica.

"Che musica ascolti?" mi chiede dopo alcuni minuti.

"Non ne ascolto." Rispondo, guardando il paesaggio che scorre veloce.

"Perché?" a quella domanda mi irrigidisco.

"Non lo faccio e basta." Sbotto, facendogli capire che quest'argomento è chiuso. La musica è un capitolo chiuso della mia vita.

"Scusa." Mi stupisce ancora una volta e dal suo tono, posso sentire la sua sincerità.

"C'è un posto che ti piacerebbe visitare?" Tenta di nuovo a fare conversazione, ma sta volta cambia argomento e lo ringrazio interiormente, perché la mia mente aveva iniziato ad intraprendere pensieri poco felici.

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