Han non sapeva esattamente dove stava andando, non conosceva praticamente nulla di quell'edificio, ma stava seguendo un suo ragionamento; il tetto era in alto, Han stava salendo le scale fino all'ultimo piano. Nella sua testa era un ragionamento con un senso e abbastanza fondato, ma si rese ben presto conto che quell'università era enorme e che anche se in quel momento si trovava all'ultimo piano, c'erano centinaia di porte diverse e lui non avrebbe mai trovato da solo quella che portava al tetto della scuola.
Si fermò in mezzo al corridoio vuoto e si guardò intorno, era come stare in un labirinto per lui, ogni muro, ogni piano, ogni porta era uguale e questo lo metteva in confusione. Con la coda dell'occhio intravide una pianta del piano appesa al muro, forse in quel momento ringraziò in dieci lingue diverse tutte le divinità che conosceva per averlo aiutato ad orientarsi. Lesse velocemente la cartina, capendo dove si trovava e percorse il corridoio fino alla fine, trovandosi davanti ad una porta che secondo le indicazioni doveva essere quella che conduceva al tetto. Appoggiò una mano sulla maniglia spingendo e tirando la porta, ma la trovò chiusa a chiave.
Gli crollò nuovamente tutto il mondo addosso, possibile che avesse interpretato male la frase di Christopher? Che Minho non si trovasse nel tetto dell'istituto ma che fosse da tutt'altra parte?
Dopotutto, come può una persona essere all'interno di una stanza inaccessibile. Han Jisung rimase immobile di fronte a quella porta per un minuto abbondante, senza nemmeno muovere un muscolo.
Poi, dopo quelle che sembrarono ore, si tolse lo zaino dalle spalle e cercò nella tasca più piccola una graffetta. Ne trovò una gialla e non perse tempo, lasciò cadere ai suoi piedi lo zaino e si inginocchiò davanti alla maniglia della porta, iniziando a scassinare la serratura. Dentro la sua testa desiderava ardentemente che in quel corridoio non ci fossero telecamere di alcun genere, anche perché non avrebbe certo saputo come spiegarlo al dirigente dell'università il motivo di quel suo gesto.Sentì il rumore di una serratura e finalmente la porta si aprì, Han mise in tasca la graffetta e riprese il suo zaino nero. Uscì nel tetto della scuola, richiudendosi la porta alle spalle e si sorprese di quanto in alto si trovasse.
Non aveva realizzato l'altezza di quell'edificio fino a quel momento, si avvicinò al bordo del tetto e guardò in basso, verso le figure minute degli studenti dell'università. Erano talmente piccoli visti da quel piano, che Han si immaginò di poterli prendere e tenere tra le proprie mani. Lasciò cadere il proprio zaino per terra accanto al muro e senza volerlo gli cadde accidentalmente anche il telefono dalle tasche, si maledisse mentalmente per la propria goffaggine e si piegò a raccoglierlo, accorgendosi solo in quel momento della presenza di qualcuno che lo stava osservando dall'altra parte del tetto. Appoggiato con la schiena al muro e lo sguardo puntato verso il minore, Minho stava consumando il suo pranzo.
Han si ritrovò ancora una volta a schiaffeggiarsi mentalmente per aver dimenticato il vero motivo del suo viaggio verso il tetto. Raccolse il suo telefono e si rimise in piedi, questa volta guardando Minho.
- hai scassinato la porta -
Han si portò una mano alla tasca dei pantaloni ed estrasse la graffetta gialla.
- non biasimarmi, sono il più piccolo di cinque fratelli, ho dovuto vivere in un certo modo per poter usare i loro videogiochi senza che lo sapessero -
- perché sei qui? -
Ad Han parve che Minho non lo stesse realmente ascoltando, decise di fare un passo verso di lui, anche se si trovavano ancora a notevole distanza l'uno dall'altro. Minho osservò lo spostamento del minore e alzò il viso verso il biondo in modo da poetrlo vedere chiaramente.
- tu come hai fatto a venire qui? -
- ho i miei trucchi -
- ma non si potrebbe stare qui, giusto?-
- credo di avere la possibilità di stare dove voglio-
Han non poteva biasimarlo, probabilmente nessuno aveva abbastanza coraggio da imporre a lui delle regole, forse Minho non aveva mai vissuto con delle regole nella sua vita, forse aveva sempre avuto il privilegio di poter fare ciò che gli pareva.
Han socchiuse gli occhi, no, probabilmente si stava sbagliando. Probabilmente Minho non aveva la possibilità di fare davvero ciò che voleva a causa delle regole. Han non lo poteva sapere, non conosceva la sua famiglia, ma rifletté sul ruolo di Minho. Essere il figlio di qualcuno di così importante e pericoloso non poteva rendergli la vita facile.
- perché sei qui? -
Minho fu costretto a ripetere la stessa domanda posta al biondo qualche minuto prima. Non capiva come mai fosse venuto fino a lì, dopotutto la porta era chiusa a chiave, una persona non sarebbe mai entrata in un posto inaccessibile per caso, doveva per forza esserci un motivo. Minho voleva solo consumare il suo pranzo in santa pace, silenziosamente e per conto suo.
- ti stavo cercando -
- mi hai trovato -
Han fece un altro passo verso il maggiore e Minho sospirò, appoggiando le bacchette sul piatto che si trovava in mezzo alle sue gambe, spostò quest'ultimo a terra e appoggiò la schiena al muro dietro di lui passandosi una mano tra i capelli.
- smettila di avanzare come se da un momento all'altro potessi morderti e dimmi cosa vuoi da me-
Han si bloccò di colpo, abbandonando ogni speranza di potersi avvicinare al maggiore. Si rimise in tasca la graffetta gialla che stava ancora tenendo stretta nella sua mano e si decise a rispondere una volta per tutte a Minho.
-volevo ringraziarti per avermi aiutato a rialzarmi dopo essere caduto e volevo anche chiederti scusa per esserti andato addosso, è stata colpa mia e non stavo guardando dove stavo andando-
Minho ascoltò le sue parole, rimase impassibile a ciò che gli disse, semplicemente riprese il piatto che precedentemente aveva appoggiato a terra. Voleva semplicemente mangiare. Han quando notò le sue azioni rimase sorpreso.
- non preoccuparti, è tutto okay, ora puoi andartene -
Han sospirò. Poteva andarsene, era tutto okay, lui non era arrabbiato, non se l'era presa, non si era fatto male, non gli importava. Poteva vivere la sua vita in modo sereno senza preoccuparsi di aver fatto qualche torto a Lee Minho. Poteva andare.
Perché non voleva?
-posso rimanere qui? -
Minho bloccò i movimenti della sua mano e alzò il viso verso il biondo.
-no-
- perché?-
-hai intenzione di rovinarti il resto della tua vita universitaria per aver passato il tuo tempo con me?-
Minho non era un ragazzo che sorrideva spesso, le battute non lo divertivano e gli scherzi lo facevano innervosire, eppure la stupidità del ragazzo di fronte a lui gli fece alzare un angolo della sua bocca. Han notò il piccolo cambiamento nel viso di Minho e alzò un sopracciglio sorpreso.
- stai ridendo di me? -
- si-
Minho si alzò in piedi, gli era passata la fame e ora voleva solo andarsene dal quel tetto che ormai era diventato troppo affollato. Han lo osservò alzarsi in piedi e per qualche secondo si chiese se fosse più alto lui o Minho. Non riusciva a darsi una risposta a questo. Minho si fermò per qualche secondo e voltò di poco il capo verso il minore.
- fai un piacere a te stesso, dimenticati della mia esistenza e vivi serenamente, piccoletto -
Han non fece in tempo a rispondere, perché Minho era già scomparso dentro la scuola.
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Who is he? [ Minsung ]
Teen FictionLee Minho è il primo genito di una delle famiglie più pericolose della Corea del sud, è un ragazzo riservato e solo a causa del suo cognome tutti hanno timore di lui. Per vent'anni ha vissuto la sua vita senza essere disturbato da nessuno, cercando...