quarto

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-È una setta?- chiedo, ancora confusa.
Serena ridacchia e una delle donne più anziane prende la parola: -Le lettere che avete raccolto sono scritte da cuori infranti, che non credono più nell'amore, o, al contrario, ci credono talmente tanto che vogliono farlo sapere al mondo... anche solo con una lettera a Giulietta, personificazione dell'amore.-

Oh. Non mi accorgo di avere la bocca aperta finché non inizio a parlare. -Quindi qual è il vostro compito?- chiedo, sempre più curiosa.

È la ragazza giovane a rispondermi: -Noi siamo Giulietta, le persone si rivolgono a lei, sperando in un consiglio. Ed è quello che facciamo noi.- Allarga le braccia, mostrando tutti i fogli e le penne sparse sul tavolo. -Rispondiamo a tutte queste lettere! O almeno, a quelle che hanno un mittente o un indirizzo-

-Vuoi provare?- sussurra Serena, accanto a me.

Sembra assurdo, soprattutto perché io non me ne intendo minimamente di amore o consigli sull'amore, insomma, come ha detto il mio capo, non sono brava coi sentimenti. E poi non ho un ragazzo, non mi sento proprio in diritto di poter dire qualcosa.

-Sai, non c'è bisogno di essere fidanzate per poter aiutare qualcuno con i suoi problemi di cuore.- Serena mi guarda sorridendo, come se mi avesse letto nel pensiero. -Sono curiosa di vedere cosa scrivi, in fondo, sei una giornalista, le parole dovrebbero essere il tuo forte-

Incredibile, questa ragazza sorride sempre. Però ha ragione, perciò annuisco, stranamente impaziente di mettermi a scrivere. E poi, potrebbe venirne fuori un bel articolo per il mio giornale, magari così renderò fiero il signor Styles.

***

Ho risposto a decine e decine di lettere, impersonando Giulietta. E devo dire che è stato bellissimo, in qualche modo strano mi sono sentita utile, importante per qualcuno. Anche perché le altre donne presenti hanno letto qualche lettera di risposta scritta da me e ne sono sembrate entusiaste. Questo, mi ha incentivato a continuare.

Durante una "pausa tisana", come l'hanno definita le Giuliette, ho chiamato Michael, spiegandogli la situazione e chiedendogli se dopo avesse voglia di venire a darmi una mano per portare la valigia in hotel.
Cioè, in realtà l'ho obbligato, non ne aveva nessuna voglia, ovviamente.

Quando è ora di andare in albergo, dopo che ho gentilmente chiesto a Michael di portarmi la valigia giù per le scale del palazzo delle Giuliette, sento la voce di Serena richiamarmi.

-Se domani vuoi tornare, a noi farebbe molto piacere.- Le altre annuiscono sorridenti, alle sue spalle. E non posso fare altro che accettare.

-Ehm, Rebecca...- guardo Michael, che con quel tono mi ha messa in allarme, per spronarlo a parlare. Lui si schiarisce la gola -Ecco, in hotel ho chiesto se avevamo due stanze prenotate e... beh.... non esattamente...-

Mi blocco in mezzo al marciapiede. -In che senso?- sono un blocco di ghiaccio.

Alza gli occhi al cielo -Eh nel senso che abbiamo una sola camera e dobbiamo condividerla.-

Ah. Vuol dire che lo sentirò russare tutta la notte. E magari è pure sonnambulo.

-Ci sono due letti separati, vero?-

-Certo.- Bene. Michael continua: -Ma io ho già preso quello matrimoniale, tu prendi quello singolo-

***

Il giorno dopo, alla stessa ora del tardo pomeriggio, ritrovo Serena che raccoglie le lettere dal muro della casa di Giulietta e mi metto ad aiutarla.

-Sono contenta che tu sia tornata, vuol dire che la tua prima impressione su di noi è stata positiva.-

-Sì beh, devo dire che il mio lavoro comporta già lo scrivere, ma questo è... affascinante.-

Sono dieci minuti che stacco pezzi di carta dal muro, quando ne tiro via uno con troppa violenza, facendo cadere il mattone a cui era attaccato. Mi sento subito un vandalo, così cerco di rimettere a posto la pietra prima che Serena mi dica qualcosa o se ne accorga, ma, guardando il buco da cui si è staccato il mattone, noto che c'è qualcosa all'interno. Evito di pensare a quanti insetti, tra cui i ragni, sono passati di lì e infilo la mano, tirando fuori un pezzetto di carta tutto piegato.
Sembra una lettera, come quelle appese al muro, ma la carta è più rigida e ingiallita dal tempo e dalla polvere. Chissà da quanto tempo è lì. La tengo in tasca, come un tesoro, sono curiosa di leggerla.

Arrivata dalle altre Giuliette, racconto della mia scoperta, mostrando poi la lettera spiegazzata.

-Ohhh leggila!- mi incalza una delle donne più anziane, seguita dalle altre, che mi incoraggiano.

E così inizio: -"Cara Giulietta, non sono tornata da lui. Non sono tornata dal mio Luca, i suoi occhi erano così pieni di fiducia... Avevo promesso di incontrarlo, per fuggire insieme, perché i nostri genitori non approvano.
Invece l'ho lasciato ad aspettarmi, sotto il nostro albero... Ad aspettare e a chiedersi dove fossi.
Ho tanta paura...
Ti prego, Giulietta, dimmi che cosa devo fare!
Il mio cuore è infranto e non ho altri a cui rivolgermi...
Con affetto, Adele."-

Un silenzio commosso aleggia nel salone.

-Dovrei... risponderle.- Annuiscono tutte, sempre più convinte.

Dopo due ore, ho forse trovato una degna risposta, cercando le parole giuste, la dolcezza dei termini e dando il consiglio che più sento giusto.
Alla fine, spediamo le lettere, anche quella per Adele.
Prego che sia ancora viva, magari la lettera era lì da settant'anni e chissà quante cose sono successe. Magari Adele è rimasta col suo Luca, oppure se n'è andata per sempre, senza nessun rimpianto, oppure non è mai partita, ma non ha mai trovato il coraggio di scusarsi con Luca.

Fatto sta che quella notte mi addormento serena, anche con Michael di sottofondo che canta "Wouldn't it be' nice" nel bagno.

Verona || Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora