13-Ma non come vuoi tu

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Saranno due minuti che sono in giro a cercarlo eppure di Niccolò non ho visto nemmeno l'ombra. Sembra quasi scomparso, svanito nel nulla. Ma proprio mentre continuo a camminare a vuoto però, mi arriva il lampo di genio.
Il parcheggio.
Come ho fatto a non pensarci prima?
Avrà sicuramente fatto il giro per non prestare sospetti e sarà andato lì, è l'unica spiegazione.
Mi avvio nella direzione opposta, sicura di trovarlo su una delle tante panchine e infatti eccolo lì, con una sigaretta in bocca e la testa tra le mani.

"Dio, ma dove ti eri cacciato?" esclamo non appena mi avvicino un po' di più, notando che però da parte sua non riesco a ricevere nemmeno un cenno.
Rimane fermo e in silenzio.
Magari vuole pensare, magari pensare gli fa male.
Lo so perché mi è successo tante volte.

"Guarda come ti sei combinato" con non so quale istinto prendo le sue mani nelle mie, accarezzando dolcemente le nocche rosse dato ciò che è appena accaduto poco piùlontano da qui. Continuo a lasciargli dolci carezze sul dorso della mano quando finalmente, per la prima volta da quando sono arrivata, mi degna di uno sguardo.
Così semplice eppure così complesso.
Un gesto comune dal quale però non si riesce a dedurre nulla di concreto. A tratti sembra volermi incenerire con quegli occhi, in altri momenti sembra quasi chiedermi pietà.
Sono arrivata alla conclusione che non riuscirò mai a capirlo, o perlomeno non attraverso queste iridi scure.

"Vogliamo rimanere così in eterno?"

Sicuramente qualsiasi altra persona in questo momento sarebbe stata zitta, con la scusa che a volte certi silenzi parlano più di mille parole.
Gli sguardi comunicano come nulla al mondo, parlano come un libro aperto azzarderei dire.
Invece io adesso ho solo bisogno di spiegazioni, ho bisogno di sapere perché.

"Moriconi mi dai un segnale di vita?" domando di nuovo alla ricerca di una risposta.

A quelle parole lo vedo alzarsi lentamente e avvicinarsi pericolosamente a me. Per dramma o per fortuna alle mie spalle sta il muro di una casa, che aderisce perfettamente con la mia schiena nel momento in cui il corpo del moro mi intrappola letteralmente. I suoi occhi si incastrano nei miei e per un piccolo secondo posso sentire i nostri petti entrare in contatto. È lui che si sposta leggermente per paura di avermi schiacciata suppongo. Torna però con il viso a pochi centimetri dal mio, talmente vicino da sentire il rumore del suo respiro mischiato al mio che diventa sempre più accelerato. Il suo fiato corto arriva a sfiorare le mie labbra facendomi quasi rabbrividire, ma non posso darlo a vedere.

"Cosa stai facendo?" sussurro cercando di rimanere più sostenuta e tranquilla possibile.

"Niente" finalmente sento la sua voce roca che arriva dritta dritta sulle mie labbra, come il suo respiro del resto.
Poggia entrambe le braccia ai lati della mia testa lasciando che una mano vada a posizionarsi sotto il mio mento che alza leggermente. Ora come mai mi sento completamente plasmabile al suo tocco, prima d'ora non ricordo di aver provato il senso di vulnerabilità che sto provando adesso. Con il pollice prende ad accarezzarmi il labbro inferiore ed io d'istinto chiudo gli occhi in attesa di un qualcosa che nemmeno io so. Forse ho paura di quello che potrebbe succedere in questo momento, eppure non mi sto tirando indietro.
Ilperché non lo so neppure io.

E proprio adesso, ora che sono pronta ad affrontare ogni sua possibile mossa, lo vedo scansarsi dal mio corpo, lasciandomi in preda a mille brividi ed emozioni non decifrabili a parole. Si allontana, fino a tornare su quella benedetta panchina mentre io spalanco la bocca e, più arrabbiata che mai, gli corro nuovamente incontro.

"Mi dici che diavolo ti prende?" urlo irritata, forse un po' troppo.

Noto infatti un leggero sorriso da parte sua, uno di quelli che mi mettono talmente tanto odio addosso che sarei capace di prenderlo a sberle nonostante tutto quello che è appena successo.

"Che cazzo ti ridi?" sbotto all'ennesimo ghigno sul suo viso.

"Sei buffa" ammette tra una risata e l'altra, anche se noto il suo impegno nel rimanere serio.

"Mi farai uscire pazza" scuoto nuovamente la testa nascondendo anche io un mezzo sorriso sotto i baffi.

"Mi spieghi perché stavi prendendo a pugni il mio ex ragazzo davanti a scuola?" metto le mani sui fianchi stando sempre in piedi davanti a lui.

"Era il retro" corregge.

"È importante?"

"No"

"Ecco appunto"

Lo guardo mentre osserva l'orizzonte, sbuffa, per poi posare lo sguardo su di me per l'ennesima volta. Mi squadra da testa a piedi prima di  buttare fuori un'altra nuvola d'aria gelida.

"Si sente ancora con Jessica a quanto pare, lo ho visto arrivare e dato che a vederlo sembrava come me lo avevi descritto tu, mi sono avvicinato" estrae il pacchetto dalla tasca e si accende un'altra sigaretta. Ne porge una anche a me, che però rifiuto. Voglio concentrarmi sul racconto.

"Allora mi è venuta la brillante idea di cercare di capire se era veramente lui cominciando a parlare di te" ammette facendo uscire una vampata di fumo dalle labbra.
Devo ammettere che però mentre fuma ha un non so che di terribilmente attraente.

"Nel momento in cui ho pronunciato il tuo nome ha incominciato a sparlare. Sparava un sacco di stronzate che pur non conoscendoti sono certo siano falsità, ed io all'ennesima supposizione non ci ho visto più" scrolla le spalle come se nulla fosse.

Io quasi non svengo sul colpo. Tommaso era l'unico a cui avevo raccontato di mia madre, di tutto quello che ho passato a causa sua e del perché. Era l'unico che conosceva ogni mia singola sfumatura di carattere, compresi i miei punti deboli, ovvero quelli che mi hanno messa a K.O. quando ho potuto constatare con i miei occhi un tradimento da parte sua. Sapeva tutto di me, e la mia paura adesso era che magari lo aveva potuto raccontare a chi di me sapeva meno di zero.

"Che cosa ha detto?" chiedo freddamente.

"Erano parole totalmente a caso, sembrava anche ubriaco a dire il vero. Ho capito poco o niente" fa uscire nuovamente fumo dalla bocca.

"E allora perché lo hai quasi ammazzato di botte?" allargo le braccia scocciata.

"Non lo so" utilizza il mio stesso tono e i miei stessi gesti.

"Non dovevi farlo, non puoi ridurti così" sussurro dopo un minuto di silenzio che sembra infinito.

"Che sei mia madre che mi dice quello che devo o non devo fare? Beh ti avviso che nemmeno lei è mai riuscita a farmi rimanere nei margini, perciò figurati tu, che non sei assolutamente nessuno"

Nel sentirlo pronunciare tali parole rimango paralizzata.
Mi trema la voce, le gambe, la mano.
Apro la bocca per ribattere ma non riesco a fare altro che rimanere in silenzio, senza niente da dire.
Esco a passo svelto dalle reti di quel parcheggio che nonostante sia all'aperto, è diventato fin troppo stretto. Lui non mi segue, lo vedo rimettere la testa tra le mani mentre rimane immerso nei suoi mille pensieri.
Non sei nessuno.
Queste parole mi trafiggono dentro come lame affilate, eppure a pensarci bene è proprio quello che ho sempre voluto essere per lui.
Nessuno.
Sarà che nel sentirlo dire dal diretto interessato l'effetto è amplificato. Sarà che magari nel profondo non è così che volevo finisse. Sarà che magari un posto nella tua vita volevo occuparlo anche io, Niccolò. Ma non come vuoi tu

SPAZIO AUTRICE
Beh? Che dite?
Pubblico prima perché la noia mi sta ammazzando e così sono più invogliata a scrivere il prossimo capitolo:)

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