49-Non era una domanda

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Nonostante io gli abbia consigliato più volte di tornare a casa, non c'è stata storia e alla fine Niccolò ha insistito per rimanere qui con me tutto il giorno. Fossimo stati in settimana di sicuro avrei vinto io e adesso lo avrei costretto a casa a studiare per gli esami, ma essendo sabato, ho riconosciuto il fatto che la sua presenza mi avrebbe fatto solo bene. E infatti adesso, nonostante io stia ben stravaccata sul divano di casa mentre il moro sta sistemando in cucina, io sono felice di averlo qui.

"Ridi ridi, intanto il lavoro sporco lo sto facendo io" nota la mia espressione divertita.

"E che lavoraccio oh" lo prendo in giro.

"Scusa, nulla in confronto al tuo controllare che sul divano non ci sia nessuno strano mostro che potrebbe divorarti spuntando fuori da sotto un cuscino" sta al gioco. Io mi ributto nuovamente sulla morbida superficie del sofà attirando un suo sbuffo.

"Fai una pausa Nì" cerco di sembrare seria ma lui è ancora nell'ottica del divertimento.

"Non mi fermo per così poco baby" scocca un occhiolino pietoso tornando a lavoro.

"Nicco adesso sono seria, smettila e vieni qui che non sei mica il servo di casa" mi alzo dal divano, anche se con qualche dolore al basso ventre, trascinandolo con me Niccolò.

"Amò ma tu non stai proprio bene" mi passa una mano sulla fronte per controllarmi la temperatura.

"Ma no tranquillo, avrò preso un colpo d'aria" cerco di tranquillizzarlo ma neanche il tempo di finire la frase che già mi ritrovo con una coperta sulle gambe e un Aerosol a fianco.

"Ma te non stai tanto a posto" esordisco sbalordita dalla velocità con la quale ha fatto tutto.

"Com'è che sapevi dove stava sto coso?" gli indico l'aggeggio che ha posato sul divano.

"Non fare domande" mette a tacere le voci nella mia testa, prendendo posto accanto a me. Sta per avvicinarsi alle mie labbra ma adesso sono proprio io ad allontanarlo. Inutile dire che il suo sguardo il questo momento mi sta incenerendo da capo a piedi, peggio di quello che io utilizzo comunemente con Jessica, e il che non è poco.

"Metti che ho preso veramente l'influenza, che fai?" sorrido nel momento in cui lo vedo accorciare di nuovo la distanza tra il mio viso e il suo.

"Me la piglio anche io" sta per baciarmi finalmente quando, per la seconda volta in un giorno, il campanello non ci allontana bruscamente scatenando una risatina da parte mia e un'altro sbuffo suo.

"Questo è papà" affermo sicura questa volta, alzandomi per andare verso la porta.

"Ciao amore"  mi saluta stringendomi in un abbraccio che io però non faccio durare troppo, per paura della possibile febbre.

"Oh Niccolò, non ti avevo visto scusa" si accorge della presenza del moro, per poi andare a salutare anche lui.

"Ho interrotto qualcosa?" chiede notando pieno silenzio da parte di entrambi. Allora ci rivolgiamo un breve sguardo seguito poi da una risata, che viene accompagnata dallo sguardo incerto di mio padre. In effetti era la seconda volta che venivamo interrotti proprio nel momento fatidico di un bacio, ma questo non lo verrà mai a sapere.

"State bene o devo tornare in clinica con voi due per pazienti?" chiede poi mettendo le braccia conserte, facendomi ridere ancora di più.

"In realtà Emma non sta proprio alla grande" coglie l'occasione per raccontare a mio padre del mio stato di salute.

"Niccolò" lo rimprovero.

"Niccolò un cazzo, hai fatto bene a dirmelo. Che ha?" si rivolge direttamente al ragazzo zittendomi sul posto.

"Credo che abbia preso un'influenza, però non lo so perchè io essendo ipocondriaco.." gesticola con le mani mentre io sghignazzo di nascosto data la serietà con cui sta ammettendo il suo essere ossessionato.

"Ok ok ho capito" lo ferma, afferrando il concetto.

Mio padre mi fa segno di avvicinarsi e una volta seduta sul divano gli bastano giusto pochi minuti, se non secondi, per constatare che la teoria di Niccolò era ben fondata.

"Eh si, una bella influenza" ripone il termometro nel borsone mentre io mi metto seduta. Scorgo il labiale del moro che mi sussurra un 'hai visto?' con un sorriso soddisfatto in volto. Io emetto un'espressione strafottente per controbattere.

"Nic rimani a cena?" proprio papà interrompe la gara di sguardi che si stava instaurando tra di noi, lasciandolo in sospeso.

"Non voglio disturbare vi ho già rubato tanto tempo"

"Si, rimane" ci penso io a rispondere. Metto a tacere le sue paranoie senza senso facendo sorridere mio padre.

"Ah e fai la carbonara così siamo tutti felici e contenti, va bene?" metto in chiaro prima di trascinare il mio ragazzo in camera.

"Un mese che stiamo insieme e ancora te stai a fa' le paranoie se rimanere o no?" sorrido aprendo l'anta dell'armadio per estrarre una felpa dato che comincio a sentire freddo.

"In realtà dal giorno in cui te l'ho chiesto sono passate circa due settimane" mi corregge abbracciandomi da dietro.

"Si però conosci mio padre dal giorno zero perchè me lo sono casualmente trovato a casa" poggio le mie mani esattamente sulle sue.

"E poi non me l'hai chiesto, l'hai confermato, quindi era già sottointeso da tempo Moriconi" gli passo una mano sul ciuffo ribelle che, neanche a farlo apposta, adesso gli sta coprendo la vista.

"Ricordi proprio tutto eh?" sfiora il mio viso con la punta del naso mentre con le mani mi tiene ben salda da dietro, nonostante ci sia la parete dell'armadio.

"Diciamo che sono una che dimentica molto difficilmente" gli rubo un breve bacio sulle labbra, per poi sentire papà chiamarci dalla stanza accanto.

"Carbonara doc, scommetto che non ne avete mai mangiata una così" ci fa sedere a tavola mettendoci davanti i piatti di pasta.

"Mi spiace contraddirti ma, anche la mia non scherza" si pavoneggia Niccolò imboccando un'altra forchettata.

"Emma tu che dici?" mi interpella mio padre, ed un'idea mi passa per la testa.

"Allora, facciamo che domani tu rimani qui con me proprio come oggi così mi tieni compagnia e per pranzo mi prepari la carbonara, così potrò decretare la migliore" sorrido compiaciuta del piano perfetto che ho ideato in questi pochi secondi.
Il professore mi fa un baffo.

"E' una scusa per passare un'altra giornata intera con me?" chiede già certo del mio storpiamento della risposta, per non dargliela vinta.

"Me lo hai detto tu che non mi lasciavi da sola se non stavo bene, poi lui domani sta tutto il giorno in ospedale e dovrei comunque stare qua" spiego calma rivolgendo uno sguardo anche a mio padre.

"A me va bene, sempre che non combiniate casini" ci mette in guardia.

"Giuro" porto una mano sul cuore.

"Beh allora se proprio proprio non puoi fare a meno del sottoscritto, farò un sacrificio" scherza Niccolò beccandosi un'occhiata da parte mia.

"Se se, sacrificio proprio" scuoto la testa divertita.

"Io domani alle cinque del mattino devo essere in ospedale, tornerò verso le otto e mezza. Organizzatevi voi."

Gli faccio un cenno con la testa per poi lasciarlo andare in stanza, mentre io e il moro ci preoccupiamo di lavare e mettere a posto i piatti.

"Dormi qui"

"No, tranquilla"

"Non era una domanda, dormi qui e basta" rido di nuovo sentendo poi il suo braccio avvolgermi la vita.

"Però sto sul divano altrimenti l'influenza me la becco per davvero" bisbiglia all'oreccho.

"Ti odio"

"E io so biondo"








Ho bisogno di amarti||ultimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora