Paolo Orsi non parte

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Mi tolsi il poco fango che avevo sotto le scarpe, prima di entrare a casa di nonna, dalla stanza da letto proveniva un incessante mormorio. 

Le mie valige erano nella mia stanza. Zio Max era di sopra nel suo studio probabilmente a trangugiare qualche liquore di bassa qualità.

Mi appoggiai alla porta della camera dei nonni e d’un tratto mi sentì soffocare.

Uscì nuovamente fuori.

Allentai il nodo alla cravatta e presi una boccata d’aria, ma non bastò.

Decisi allora di toglierla completamente cosicché potessi avere il collo libero e respirai nuovamente a pieni polmoni.

Il cielo era plumbeo, le gocce mi solcavano il viso e scendevano giù sulle mie scarpe ancora un po’ sporche.

Il mio naso stranamente sgombro, percepiva amplificati tutti gli odori, soprattutto quello dei fiori che mi procurava un gran mal di testa.

Tornai dentro, pulendomi nuovamente le scarpe. 

Zio Max era appena uscito dalla sua stanza. Aveva un aspetto devastato. I vestiti sgualciti e la puzza di alcool arrivava fino all’ingresso.

Mi guardo con gli occhi socchiusi e mi disse.

“Che ci fai lì? dove è la nonna? Che ore sono?”

Poi barcollando rientrò in camera, non volle neanche sentire le risposte, e io non credevo di potergliele e volergliele dare Era stata una giornata stressante, erano stati giorni stressanti. Non avevo dormito, non avevo mangiato, avevo una sensazione di malessere fisico e mentale che pervadeva ogni centimetro del mio corpo.

Alle 15:00 avrei dovuto prendere un aereo per Roma, i bagagli erano nella mia stanza, nonna li aveva comunque preparati. Ma io non volevo più andare, non mi interessava più di Roma, della SIPI, del progetto Argo, del dottor Grasso, di Anna, di Chiara, di Colombo,di Keplero, delle liti con Zanotti. Non mi interessava più di nulla, perché mio nonno non c’era più.

E io non volevo partire. Paolo Orsi non parte perché Paolo Orsi è già partito.

 La gente che lo conosceva era venuta, al funerale erano tanti, troppi. La chiesa era stracolma di persone.

Anche durante la veglia, in casa, le persone si erano accalcate, per rispetto dice mia nonna, ma io credo che se vuoi bene ad una persona, la rispetti  finché quest’ultima è in grado di apprezzarlo.   

L’ho trovato io il nonno, steso sulla paglia sporca del pollaio. Un attacco di cuore hanno detto i medici. E nel giro di un anno avevo perso papà e nonno. E proprio per questo non avevo intenzione di abbandonare  mia nonna e mio zio Max, che era dei due, quello messo peggio.

Non era neanche venuto alla cerimonia funebre, standosene per tutti quei due giorni rintanato a bere e probabilmente fare altro.

Mi decisi e andai a parlargli.

“Zio Max, posso entrare?” chiesi aprendo pian piano la porta.

Non mi rispose, così azzardai e feci capolino. Il fetore dell’alcool e del fumo mi invasero più dell’oscurità della stanza.

“Zio Max?”

“Entra se devi, e chiudi quella stramaledetta porta” mi disse.

Lo vidi seduto alla scrivania ma guardando al balcone serrato dietro di lui.

Chiusi la porta dietro di me, ma non mi avvicinai, temendo di farlo infuriare ancora di più.

“Cosa c’è, ti ha mandato la nonna?” mi chiese

“No, la nonna è di la, c’è ancora gente” spiegai.

“Che cosa vogliono ancora quegli avvoltoi!” esclamò

Poi diede una boccata a quella che sembrava una sigaretta e una densa nuvola di fumo uscì dalle narici e pervase tutto l’ambiente.

“Come stai?” chiesi

“Come vuoi che stia, una meraviglia! – esclamò, agitando il bicchiere rovesciandone in parte il contenuto – Me ne sto qui a trangugiare alcool di merda e drogarmi, perché mio padre è morto e il fratello che ammiravo lo ha fatto prima di lui ed io che sono un inutile PR da strapazzo, che ama vivere di eccessi, me ne sto qui, sano come un pesce!” concluse.

“Non devi fartene una colpa” gli dissi.

Lui si voltò, e la fiamma provocata dalla sigaretta gli investì il viso di un’inquietante luce rossa. Poi prese il bicchiere e me lo lanciò, mancandomi a causa dello stato di ebbrezza.

“Come faccio a non farmene una colpa! Sto buttando la mia vita, mentre loro avevano realizzato tutti i loro sogni! Avevano una famiglia, un lavoro onesto, dei figli. Cosa ho io!? “ concluse alzando la voce.

“Hai nonna…hai me” dissi 

“Fanculo nonna e vaffanculo pure a te!” urlò 

Abbassai lo sguardo, mi voltai e uscì dalla stanza.

Rimasi dietro la porta, le lacrime correvano nuovamente sulla mia faccia, e lo udì ancora ripetere a voce alta

“Fanculo! Fanculo…”

Nonna era nel corridoio e aveva sentito  tutta la scena. 

“Va” mi disse

“Dove vuoi che vada nonna?” le chiesi

“Hai un volo da prendere, qui non è più posto per te” mi rispose

“Ma lo zio…tu…non posso” le dissi

“Lo so che non puoi, devi.” Mi disse

Io rimasi in silenzio

“Tuo zio è solo spaventato, anche io lo sono” mi disse

“Spaventato?” le chiesi

“Ha paura di perdere anche te, il viaggio è pericoloso  per questo sta così male, è in pensiero” mi spiegò

“Non voglio lasciarti, nonna” dissi piangendo.

“Ma ci rincontreremo non preoccuparti” mi disse, e dopo due giorni di lacrime per la prima volta sorrise.

Le corsi in contro e la abbracciai, come mai avevo fatto, e non mi importò se mi avesse riempito di baci.

“Va figliolo, tuo padre e tuo nonno sarebbe fieri di te, anzi sono certa che lo sono.” Mi sussurrò all’orecchio.

“Salutami zio Max” le dissi

Poi mi passò la mano tra i capelli e mi baciò sulla guancia.

“Va mio piccolo principe delle stelle, se tuo nonno e tuo padre sono in cielo, magari li incontrerai. Io la notte guarderò il cielo e pregherò per tutti e tre.” Mi disse con gli occhi pieni di lacrime.

“Grazie nonna, arrivederci” le dissi

“Arrivederci” mi disse.

Arrivai appena in tempo in aeroporto, il gate stava per chiudere, presi quel volo per Roma, pronto per un decollo più importane, quello per lo spazio.

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