Furia distruttrice

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Quando mi risvegliai. La ragazza non c'era più. Regnava un silenzio spettrale in quella orrenda prigione.
Il mio dolore alla gamba continuava a farmi tremendamente compagnia.
La fasciatura aveva limitato l'emorragia. Ma non mi ero ancora ripreso del tutto.
Provai ad alzarmi. Ma la gamba non era forte abbastanza da reggermi.
Tornai a sedermi sul pavimento umido e lercio.
D'un tratto la porta si aprì. E il minotauro Ox entrò nella mia cella.
"Alzati, è ora" mi disse
"Non c'è la faccio" dissi
Lui allora si avvicinò. Mi prese di peso sulla sua spalla, come un sacco di farina e mi portò alla sala grande.
Tutti i miei compagni stavano lì.
Tutti  legati e imbavagliati dalle maschere. Ma tutti vivi per fortuna.
Anche Bernardo si era ripreso.
"Ragazzi, state bene?" Chiesi.
Mentre Ox mi lasciava cadere  per terra.
Provai una fitta atroce alla gamba. Sembrava che qualcosa stesse provando a staccarla a morsi.
Anna mi fece un cenno col capo. E io capii che stavano bene.
Chiara piangeva. Gli altri se ne stavano col capo chino. Anche Zanotti.
C'era anche la ragazza indigena, seduta vicino Marcello.
A quel punto arrivò T, seguito da madame Butterfly, Jan, Coc e Enia.
"Dunque, come promesso, oggi è il giorno della vostra gita di classe" disse
Poi passò in mezzo a noi, sparsi per tutta la sala grande. Soffermandosi davanti a me.
Io notai che il suo sguardo era rivolto alla mia fasciatura.
"Come stai marmocchio?" Mi chiese
"Va al diavolo T" dissi
Lui si chinò, passo le dite attorno a i suoi baffoni, poi conficcò l'indice nella ferita della mia gamba
Lanciai un urlo sovrumano di dolore.
I miei compagni si dimenavano. Ma era tutto vano.
"Ti ho detto che non si risponde male a un Dio" disse.
Poi si alzò. Sì rivolse ai suoi manigoldi e disse "Fateli alzare e ora del giro"
E i cinque scagnozzi, ci fecero mettere in piedi anche se per me e  Bernardo la questione fu più difficoltosa.
Ma alla fine anche noi due riuscimmo a reggerci in piedi.
Uscimmo dall'edificio, ripercorrendo la strada lastricata.
Giunti a metà del muro, T ci fece fermare. Si avvicinò a me e mi disse
"Guarda, guarda di sotto, non aver paura" e mi fece sporgere da quel gigantesco strapiombo.
"Sono  cento metri - disse - non rimarebbe neanche un osso intero con un simile salto."
Poi col dito indice, ancora sporco del mio sangue, indicò la valle.
"Guarda- disse -il villaggio degli indigeni, il loro centro più importante sul pianeta isola."
Il fumo saliva lento dalla boscaglia.
Le case sugli alberi fatte di legna e sterpaglie, spiccavano tra i rami rigogliosi.
"Guardalo bene e memorizzalo, perché tra poco non esisterà più. Scatenerò la diga, e milioni di metri cubi di acqua, fango e alberi si abbatteranno su questi selvaggi."

Io ero pietrificato.

"Perché fai tutto questo?" Chiesi
"Perché non mi servono più. E quando una cosa non ti serve più la fai sparire. Mi hanno aiutato ad acquisire il mio potere e ora ricambierò il loro aiuto  dandogli la morte più onorevole che possano desiderare. L'annegamento."

"E noi, getterai anche noi da qui?" Chiesi
"No voi verrete con me, una volta andato via da questo pianeta. Vi consegnerò ai miei superiori, insieme al nuovo potere al servizio dei piani della PLOT" disse

Poi Ox mi prese con sé e mi trascinò insieme agli altri.

La ragazza indigena era vicina a me. Io la guardavo. Lei strizzò gli occhi e io capì che stava sorridendo sotto quella maschera.
Il suo villaggio stava per essere spazzato via.
Ma lei era ignara di tutto.
Era solo felice per me.
Perché vedeva che riuscivo a reggermi in piedi.
Non poteva finire così.
Lei mi aveva salvato dal dissanguamento. E io dovevo salvare la sua gente.
"Fermo non puoi!" Urlai
Lui si voltò.
Mi guardò fisso negli occhi. Poi fece un cenno a Ox.
"Fallo tacere." Disse
E anche per me toccò il destino della maschera.

T allora si preparò. Nel suo delirio di onnipotenza. In piedi davanti l'immensità della vallata. Sollevò le braccia. Chiuse gli occhi e il silenzio calò.
Tutti ci guardammo ignari dell'immane furia distruttrice che stava per generarsi.
Iniziò come un mormorio. Poi divenne come il rombo di motore. Crebbe diventando il fragore di alberi sdradicati dalla tempesta. Sentì nuovamente quella brezza umida che mi aveva investito il viso al nostro arrivo.
Ma non era la brezza dell'oceano.
Mi voltai.
E un muro azzurro si palesò davanti ai miei occhi. Una gigantesca massa di acqua che oscurò la luce di Sadaalsuud.
Eravamo tutti immobili.
Perfino i manigoldi di quel bastardo rimasero senza parole. Attoniti. Con le braccia pesanti lungo i fianchi, e non certo per il peso delle armi.
La gigantesca mole di acque, assunse le sembianze di una sfera. E iniziò a vorticare su se stessa sopra il bacino ormai prosciugato.
"È ora" disse T.
La sfera iniziò lentamente a muoversi.
Il destino del villaggio era segnato.
Quando all'improvviso.
T si piegò su se stesso. Una freccia lo aveva colpito al braccio.
E dall'estremità del muro dell' diga uscirono il capitano Colombo, Turco e Farinella.
Il colpo non produsse effetti evidenti sul fisico, visto che il dardo lo aveva solo sfiorato.
Ma gli causò la perdita di concentrazione.
In piena collera allora urlò ai suoi "Fermate quegli stronzi!"
I manigoldi allora attaccarono.
Mentre T. riprese a manovrare la sua arma definitiva.

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