La commissione

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Libri e tesine mi tennero lontano dal pensare alla sfortuna che avevo avuto al concorso.

Nonno Paolo e nonna Lella, si trasferirono stabilmente a casa mia, rimpinzandomi di cibo e riempiendomi di attenzioni, anche troppe.

Ma veicolavo tutto lo stress sullo studio e gli esami sempre più vicini, furono uno stimolo per tenere tutto fuori dalla mia stanza.

Passavo le giornate alla scrivania, dormivo quel tanto che bastava a ridarmi le energie, e tentavo di mantenere una dieta sana, vista l’eccessiva sedentarietà. La scuola finita nei primi di giugno, mi diede la possibilità di ampliare le mi ore di studio anche alla mattina. Ero carico e determinato a fare bella figura.

Il giorno della prima prova scritta mi sentivo fiducioso, e non appena ci assegnarono le tracce dei vari temi proposti, iniziai a scrivere con tanta naturalezza e in maniera scorrevole. Le parole mi venivano spontanee. Avevo la mente sgombra da pensieri e in quel mese e mezzo ero riuscito a mettermi alle spalle tutto il trambusto di Roma.

Il giorno successivo alla prova di indirizzo, che quell’anno verteva su meccanica, vi confesso che qualche problema l’ho avuto. Ma non per la prova in se, bensì per quello che rappresentava ormai quel mondo per me. L’elettronica, la meccanica, l’ingegneria in generale. Avevano sempre influenzato la mia vita. Ma negli ultimi sei mesi mi avevano dato tante di quelle emozioni, positive e negative, che ero tutto scosso interiormente. E ogni qualvolta affrontavo un argomento inerente a queste materie, tutto ciò legato ad esse, ovvero tutta la mia vita, riaffiorava, dandomi da pensare.

Ma nonostante tutto, riuscì brillantemente anche a superare quella prova. D’altro canto, avevo risolto prove di accesso alla prestigiosa SIPI, cosa volete che fossero per me quattro esercizi di meccanica delle superiori.

Nei giorni che mi separavano dalla terza prova, tra una sessione di studio e l’altra, pensavo ad Anna, solo a lei, e a cosa stesse facendo in quel momento. Non eravamo rimasti in contatto, nonostante avessi potuto contattarla benissimo sui social, preferì rimanere distaccato. Anche perché lei avrebbe cominciato il corso di lì a breve e le sarei stato solo di disturbo. Chissà se aveva trovato una bella sistemazione.

Finita anche la terza prova, non restava che fare l’esame orale, i miei professori erano fiduciosi che il cento e lode non me lo avrebbe tolto nessuno, ma la mia esperienza romana aveva parecchio minato la mia sfacciata sicurezza accademica.

Mentre a destare qualche sospetto erano i membri della commissione esterna, mi guardavano in maniera sinistra, quasi a volermi scannerizzare con lo sguardo. Forse era solo una mia sensazione, dopotutto sono professori esterni e credo sia quasi una regola fare gli stronzi con gli studenti che non conoscono.

Mentre facevo il mio bel colloquio orale, la commissione mi guardava estasiata, perfino il professore di meccanica esterno, era molto soddisfatto in volto. Io temevo sempre un giudizio come a Roma, che mi elogiasse portandomi in paradiso, per poi scaraventarmi dritto nel baratro infuocato della disperazione.

Ma non fu così, ricevetti solo complimenti quella mattina e a coronamento di una splendida giornata, scoprì che mio zio Max era venuto quel giorno per assistere all’esame insieme agli immancabili nonni.

“Zio Max! che sorpresa!” esclamai come un dodicenne inebetito.

“Non potevo perdermi il mio nipote preferito che dava sfoggio del suo genio”

“Ma sono il tuo unico nipote!” gli feci notare

“Infatti!” esclamò

Poi uscimmo dalla scuola e ci concedemmo un meritato gelato in piazza Duomo. 

Mentre i nonni erano spalmati sul bancone dei gusti, indecisi su quale prendere, io e lo zio scambiammo due chiacchiere al tavolino.

“Mi dispiace per quanto successo a Roma” mi disse zio Max

“Non preoccuparti” gli dissi

“Sono sicuro che l’anno prossimo andrà bene” mi disse lui.

“Non credo che ci riproverò l’anno prossimo” 

“ E perché mai non dovresti ?” mi chiese.

“So che è un opportunità prestigiosa e sono contento che tu mi abbia aiutato a provarci…”

“E voglio ancora aiutarti” mi disse

“Appunto, zio Max, vedi, io sono da solo ormai, tu hai il tuo lavoro e sei sempre fuori città. I nonni poi, non posso fare mica affidamento su di loro. Devo trovare un impiego e iniziare a dare una sistemata alla mia vita” gli spiegai.

“Ah non dire stronzate! – esclamò – tu sei un genio, e non puoi confinarti a fare un lavoro di merda solo perché una volta le cose ti sono andate male. Hai fallito? Ok! Ma non puoi restare lì in un angolo a piangerti addosso, o ancor peggio non puoi permetterti di accontentarti del minimo sindacale. Tuo padre non avrebbe voluto questo e lo sai. Ricorda cosa ha detto al pranzo di Natale?”

E improvvisamente mi parve come se fosse lì seduto accanto a noi, nella stessa posa, con la stessa, ultima, espressione sorridente. E mi diceva:

“Paolo farà ciò che è meglio per lui”

“Esatto! – esclamò zio Max – accontentarti non ti recherà alcun giovamento! Tuo padre non si è mai accontentato ed è diventato il genio che era. Sai io l’ho sempre invidiato, nonostante abbia trovato un lavoro gratificante e remunerativo, guardavo a lui e gli invidiavo tutto ciò che aveva in più di me, e sai cosa era?” 

“No”

“Eri tu, Paolo, lui oltre una carriera brillante, aveva te, un figlio ancor più brillante e non puoi permetterti di buttarti nel cesso così. Lui non lo avrebbe voluto, io non lo voglio e nemmeno tu. Quindi ora aspettiamo che quei due reperti archeologici dei tuoi nonni finiscano il gelato, torniamo a casa e fai i bagagli”

“Bagagli? Perché? Per dove?” gli chiesi.

“Ah devi scusarmi, non te l’ho detto, sai di cosa mi occupo io non è vero?”

“Papà diceva che eri nelle pubbliche relazioni, ma francamente non gli ho mai chiesto di più”

“Già il parlare con la gente non ti ha mai affascinato quanto quelle montagne di libri e quei grovigli di ingranaggi e circuiti. Vedi ecco, io sono nella pubbliche relazioni è vero e di recente ho lavorato con alcuni membri della commissione d’esame della SIPI”

“La SIPI?” non potevo credere a cosa stava per dirmi quel pazzo di mio zio Max

“Esatto e a quanto pare uno dei dieci ammessi ha rinunciato al posto per problemi di salute e nonostante loro volessero indire un bando interno per reclutare un sostituto, io li ho convinti a prendere in considerazione, beh ecco, te.” 

E mi allungò il mio tesserino di stagista della società.

Ero completamente rimbecillito da quelle parole, sarà stato il gelato non so, ma il mio cervello si era come bloccato. Sul serio quel folle di mio zio aveva convinto quelli della SIPI per i quali ero solo un foglio bianco, a prendermi con loro. Non potevo crederci, quel pazzo mi aveva sorpreso un’altra volta. Ero tornato in corsa.

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