"Scusa ragazzo"

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Ci rubò più di due settimane solo la messa a punto delle componenti del rover. Mentre il capitano e i suoi si allenavano. E gli altri studiavano col dottor Grasso tutti i punti della missione. Io e Anna, passavano tutte le ore di lavoro su quell' affare. L'idea di base era un vecchio progetto del dottor Grasso che insieme al dottor Di Gregorio, aveva pensato ad un veicolo a comando remoto che potesse inoltrarsi su qualsiasi tipo di terreno. E così lo costruimmo in una ventina di giorni. Il rover era dotato di tecnologie avanzatissime. Ruote meccanus, telaio in magnesio, carena in fibra di carbonio e kevlar. Sistemi GPS, di riproduzione olografica, comando telepatico e riconoscimento automatico degli obbiettivi. Oltre ovviamente una buona dotazione di armi e armamenti per risolvere tutte le situazioni anche le più intricate. Tra le quali un sistema di autodistruzione programmato, con un ordigno dotato di una microtestata nucleare, capace di azionarsi nel caso in cui l'intelligenza artificiale dello stesso, avesse ritenuto di non poter ovviare diversamente alla situazione ambientale impostagli
Insomma avevamo una bomba atomica sotto il culo e non avevamo neanche il controllo sulla sua detonazione.
Ma la politica aziendale era stata molto precisa su questo. "Nessuno poteva addossarsi una responsabilità così grande". Quindi spettava all' A.I., qualora si fosse trovata in una "situazione di DEFCON 1" ovvero di pericolo in atto e impossibile risoluzione per mezzo umano.
Io rover era dotato anche di un sistema di interazione vocale, ma il capitano non appena sentì la voce, chiese all dottor Grasso di toglierla immediatamente perché gli ricordava la ex moglie.

Quando mi ripresi dal tentativo di assalto dei nativi, ma soprattutto dalla scioccante rivelazione del capitano. Il capitano ordinò di far rientro al campo. Visto che i suoi sospetti erano fondati, bisognava andarsene da lì il più in fretta possibile.

In fretta tornammo al campo, battendo lo stesso sentiero da cui eravamo venuti. Ma alla fine della giungla, quando i cespugli dai fiori colorati, si diradarono. L'amara sorpresa.
Cinque  alieni, dall'aspetto differente, armati fino ai denti.
Uno di essi aveva una testa di toro, peluria bruna su tutto il corpo e due  grossi fucili che puntavano alla schiene di Zanotti e Marcello.
Un altro dai lineamenti umanoidi, ma gli occhi rosso fuoco, aveva un grosso coltello che cingeva la gola di Bernardo.
Altri due a cui sembrava avessero tranciato il naso di netto col precedente coltello, e dai lunghi denti aguzzi, che armati di lancia fiamme tenevano in osteggi lo le due ragazze Anna e Chiara.
Infine un tizio simile ad un elfo delle fiabe, lunghi capelli biondi, occhi celesti, lineamenti femminili, anche nelle forme e una grossa balestra che puntava alternando, tra la testa di Tiberio e quella di Tristano.
"Sta indietro ragazzo" disse il capitano, poggiando la sua mano al mio ventre e spingendo delicatamente indietro.
"Capitano non avremmo dovuto lasciare il campo disarmato" disse Turco.
"Nulla avrebbero potuto!" Esclamò una voce umana proveniente dalla nave.
E un losco figuro uscì da portellone posteriore.
Un uomo, dalla testa rasa, grossi baffoni, e un gigantesco sigaro che teneva serrato nei denti.
Scese la rampa. Passò in mezzo ai cinque figuri che tenevano i nostri in ostaggio e si avvicinò a noi.
Prese il sigaro tra le dita, diede una lunga aspirata. Attese. Attese e attese.
Poi sbuffò via il fumo.
E il bengala rosso non mi parve poi così male.
Turco e Farinella avevano i fucili puntati. Ma i loro indici tremavano.
Era la loro prima missione questa?
Forse l'accademia o l'addestramento del capitano non li avevano preparati ad un simile scenario.
Lo stallo era totale.
"Parli la nostra lingua?" Chiese il capitano.
"Ti sorprende tutto ciò?" Disse il pelato baffone.
"Sono poche le cose che mi sorprendono oggi giorno, tra cui cagare con regolarità al mattino e scoprire che la mia squadra ha fatto un gol la domenica, ma devo dire che in ambienti come questi, pensavo che la lingua di Dante fosse cosa rara." Concluse il capitano.
"Questa lingua mi è stata insegnata, non vengo dalla terra, o meglio, i miei genitori sono di quelle parti ma io sono nato su un altro pianeta." Disse
"E cosa ci fai qui? Figlio di terrestri" Chiese il capitano.
"Quello che penso stiate facendo anche voi, no?! Depredare questi selvaggi" disse.
"Noi non stiamo depredando nessuno!" Disse il capitano.
E in quel momento vidi Anna, essere come rapita da quelle parole.
" Questa è una squadra di ricerca" continuò Colombo.
"Quelli che tengono in mano i tuoi soldatini non mi sembrano strumenti di ricerca" disse l'uomo baffuto.
"Sì chiama protezione" disse il capitano.
"Ah allora abbiamo davvero lo stesso scopo - disse il pelato baffuto iniziando a camminare tra i nostri compagni atteggiandosi da showman - anche noi proteggiamo, proteggiamo gli interessi della nostra azienda." Disse
"Di che azienda parli?" Chiese Colombo
"Secondo te mi metto a spiegarti tutto il piano della mia azienda, così che tu trova un modo per sventarlo? No caro mio, la vita è ben diversa dai libri e dai film. Ora devi solo buttare a terra quelle armi e consegnarmi tutta la tua squadra. Compreso il piccoletto che tenti di nascondere da quando sei arrivato" disse  l'uomo baffuto.
"Capitano cosa facciamo?" Chiese Turco in preda al panico.
Il capitano allora fece correre le braccia lungo i fianchi.
La mano che mi teneva l'addome, in segno di protezione, mi abbandonò. Così come avrebbe fatto anche lui di li a poco.
"Fate quello che ha appena detto lui" disse  Colombo
"Ma capitano, non possiamo consegnargli la squadra!" Disse Farinella.
"È un ordine. Giù le armi" disse con un filo di voce il capitano. Tenue ma deciso. Di chi riconosceva la posizione di debolezza in cui si trovava.
Farinella e Turco deposero le armi.
Anche io gettai la mia pistola per terra.
Il capitano udito il rumore dell'arma al suolo, si voltò. La raccolse. Poi si alzò. E senza guardarmi un viso mi disse
"Scusa ragazzo, forse siamo meno combattivi di quanto credevo" .
Farinella e Turco si inginocchiarono, intimati dai due senza naso, e misero le mani sulla nuca.
Io venni prelevato da tizio con la testa di toro, che di forza mi portò vicino al misterioso uomo coi baffi.
"Più in alto credi di volare, più rumore farai quando cadrai" gli dissi.
Lui mi guardò. Sorrise e mi diede un colpo sulla testa.
Svenni.

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