1 Io sono Eren!

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"Merda".
Fu il solo commento che Levi Ackermann disse appena vide la pioggia precipitare sul Wall Maria, la più celebre tra le università della città. Prese l'ombrello ed uscì dalla porta principale, senza degnare di uno sguardo i suoi coetanei. Quel giorno aveva finito più tardi del previsto, visto che aveva fatto ripetizione agli studenti più piccoli. In fondo, era quello il compito di un peer tutor; ci guadagnava sia in credito formativo che a titolo oneroso. Percorse il centro città a piedi, immerso nei suoi pensieri, con la testa china a guardare l'asfalto. Il rumore della pioggia che scendeva era una melodia che lo accompagnò fino a casa, un appartamento che si affacciava  sulla strada principale, piccolo ma accogliente. Quando si avvicinò alla porta la trovò stranamente già aperta; la prima cosa che vide quando la aprì completamente fu una serie di pozze di fango sul pavimento, simili ad impronte di scarpe. Erano ancora fresche, ciò significava che l'intruso era ancora in casa. Lentamente, Levi chiuse la porta e mise per terra lo zaino, tirando fuori il coltellino che era solito portarsi a scuola in caso di aggressione da parte di un Alfa in calore. Seguì la scia fangosa, dovendo di conseguenza salire le scale, fino a raggiungere la porta della camera da letto. Poggiò l'orecchio sulla superficie lignea ed ascoltò; non c'era nessun rumore, solo quello di chi respirava. Prese un sospiro e di colpo aprì la porta, sguainando il coltello.
"Muori bastardo!".
Ma si bloccò sul posto.
Sul letto ci stava un bambino di forse dieci anni, con i capelli castani e la pelle leggermente ambrata. Gli occhi erano grandi e marroni, lucidi e arrossati, che lo guardavano con stupore. I vestiti che portava erano umidi e lasciavano sulle lenzuola grossi aloni d'acqua. Tremava sia di freddo che di paura, con gli occhi puntati sul coltello, perciò Levi fu costretto ad abbassarlo, senza perdere il suo sguardo furioso e minaccioso.
"Che ci fai a casa mia moccioso?".
"Non sono un moccioso! Io mi chiamo Eren!".
La voce era frizzante e piuttosto decisa per un bambino.
"Come hai fatto ad entrare?".
"C'erano le chiavi sotto al tappeto davanti alla porta".
"Perché sei entrato in casa mia? Non hai altro da fare invece che intrufolarti in casa delle altre persone?".
"Mi sono perso...non so dove siano i miei genitori...".
Levi sbuffò. Ecco un'altra scocciatura: un moccioso che si era perso. La giornata non poteva andare peggio di così.
"Abiti qua vicino?".
"No...molto lontano...".
Lo studente non aveva né la voglia né la pazienza di stare dietro ad un moccioso, ma era consapevole di non poterlo abbandonare in strada.
La sua vita era già difficile di suo, ci mancava solo una denuncia per abbandono di minore. I suoi vicini lo avrebbero visto.
"Senti ragazzino non ho tempo da perdere. Levati dal letto che lo stai bagnando tutto".
"Certo certo!".
Eren scese, mugolando di dolore non appena appoggiò i piedi nudi sul parquet, vicino a dove aveva messo le scarpe. Fortunatamente il letto non era troppo bagnato. Si sarebbe asciugato a breve.
"Hai già mangiato ragazzino?".
"Mi chiamo Eren!".
"Sì o no?", domandò lapidario.
"No. Ho...un po' di fame...".
Non fu un problema. Levi gli riscaldò della pizza avanzata la sera precedente, e nel mentre si preparò su un piatto carne in scatola con verdure lessate. Eren mangiò con voracità, sporcando sia tutta la faccia che il tavolo e il pavimento, gustando la pizza affondo. Levi ebbe il tic nervoso all'occhio destro, stringendo fortemente il bicchiere di vetro; lo sporco era il suo nemico numero uno, e vedere il pomodoro e l'olio macchiare tutto gli fece salire il nervoso, ma si trattenne nel strangolare Eren. Subito dopo cenato Levi pulì le chiazze e decise di farsi una doccia.
"Starai con me solo questa notte" gli disse dopo essersi rivestito "poi domani cerchiamo i tuoi genitori".
"Dove dormo?".
"Sul letto".
"Tu?".
"Sul divano".
"Non dormi con me?".
"Hai dieci anni no cinque. Vedi di dormire da solo".
"Ma-".
"Buonanotte".
Levi gli diede le spalle nel prendere la coperta, scendendo dalle scale per raggiungere il salotto; era tutto bianco e non molto grande, con il sofà rosso cremisi e la tv a schermo piatto, oltre ad un lampadario appeso sul soffitto. Si buttò sul divano e compose il numero di Erwin.
"Pronto Levi?", domandò il biondo.
"Ehi Erwin. Domani lavori?".
"No...?".
"Sei...sei bravo con i bambini?".
"Sì perché?".
"Ho trovato un moccioso dentro casa che ha perso i genitori e non mi posso permettere di assentarmi dall'università. Potresti stare con lui finché sono via?".
"Ma di che parli? Non capusco".
"Ti spiegherò tutto più tardi. Puoi o no farmi questo favore?".
"Sì certo. Quando tornerai a casa?".
"Tornerò per l'ora di pranzo".
"Te lo preparo già o ti arrangi?".
"Sarebbe l'ideale se me lo facessi tu".
"Va bene. A domani".
"A domani".

Mi chiamo Eren! ~Ereri~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora