12 Eren...

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Levi rimase paralizzato sul posto, consapevole delle parole appena udite. Aveva appena perso la causa, aveva appena perso Eren...la sola cosa che desiderava gli sarebbe stata tolta per sempre, perché in cuor suo sapeva che Grisha Yager non gli avrebbe mai più lasciato vedere Eren, non dopo quel giorno.
"Mi dispiace Levi" si scusò Kenny dimettendosi il cappello "ho fatto del mio meglio".
"Si è visto Kenny".
La famiglia Yager si congratulò con Petra per il suo aiuto e dopo averle stretto la mano se ne andarono contenti; Levi guardò tutta la scena notando l'avvocatessa sorridergli maligna.
In quel momento comprese.
Petra non aveva mai fatto nulla per impedire che Grisha vincesse, anzi, sembrava che le propri azioni ne avessero agevolato la vittoria.
Non aveva rispettato l'accordo.
Il giovane provò dentro di sé una rabbia dalle dimensioni titaniche, una scintilla che aveva dato il via a un incendio interiore. Camminò a gran passi verso di lei, con la mano chiusa a pugno.
"Brutta figlia di puttana!".
A nulla servirono i richiami di Hanji ed Erwin; lo studente diede alla femmina Alfa un cazzotto sull'occhio, venendo subito trattenuto dalle guardie lì presenti.
"Me lo avevi promesso Petra! C'era un accordo!".
Massaggiandosi l'occhio dolente, lo guardò con occhi malvagi, facendo un ghigno.
"Mi credi stupida? Pensavi veramente che saremmo tornati assieme? So che preferisci Eren a me e che non mi ami, non avrei mai permesso di venir messa sul secondo piano da un moccioso".
Levi le sputò in faccia e venne subito gettato fuori dal tribunale come fosse un criminale, lanciandolo sul piazzale di marmo che dava sulle scale per scendere in strada. Sbloccato a terra, si rese conto di essere stato uno sprovveduto; aveva sottovalutato Petra, considerandola ancora come una ragazzina innamorata persa di lui, talmente tanto che avrebbe perso il lavoro per lui. Avrebbe dovuto puntare tutto su Kenny, o sulle prove che disponevano per inchiodare Grisha Yager.
E invece aveva scelto Petra Ral.
Hanji ed Erwin, assieme a Kenny, uscirono dall'edificio e i primi accorsero verso lo studente, ma questo li spinse via rialzandosi incazzato.
"Sono un deficente! Non arei dovuto essere così stupido! La ammazzo quella troia!".
Era così infuriato che quando Hanji lo strinse al petto lui scoppiò in lacrime, piangendo come un bambino, disperato come non mai. La donna gli accarezzò i capelli e gli baciò la fronte.
"Voglio Eren...", mormorò il più giovane.
"L'unica cosa positiva di questa cosa è che oltre al bonus statale non ti hanno messo dentro per rapimento", fu il freddo commento di Kenny.
Se ne avesse avuto la forza, Levi gli avrebbe dato molto volentieri una sberla in faccia.
"Levi" lo chiamò dolcemente Hanji "io non ho potere per cambiare le cose, ma se vuoi c'è qualcosa che posso fare".
"E sarebbe?".

"Verranno domani mattina alle otto, perciò verrò ad avvisarti in tempo", disse Hanji mentre chiudeva la porta della stanza.
Levi annuì e si sedette accanto al letto dove riposava Eren, stringendogli forte la mano. Tra meno di un giorno non lo avrebbe rivisto mai più, perciò aveva intenzione di goderselo il più possibile. Ancora pochi mesi e sarebbe passato un anno da quel fatidico settembre, quando per caso o destino si erano incontrati. Per Eren, più che un padre, era stato come un fratello maggiore, un fratello con cui giocare, divertirsi e stringere un forte legame affettivo. Per Levi invece, quel bambino era stata la luce che per mesi e mesi aveva illuminato la sua vita, rendendola degna di essere vissuta. Gli sarebbe mancato tutto di lui: la sua voce quando parlava senza mai smettere, il suo sorriso intramontabile, la sua testardaggine, la sua positività...tutto quanto, dalla più piccola alla più grande delle cose. Delicatamente, spostò Eren di lato e si sdraiò accanto a lui, senza fare troppo rumore.
"Lev...".
Levi gli accarezzò la guancia usando il dorso della mano, con un sorriso appena accennato e gli occhi gonfi.
"Dormi Eren. Riposati".
Il bambino sorrise e si mise sul fianco col volto che guardava quello di Levi, senza smettere di dormire. Il più grande non resistette e lo abbracciò, lasciando che le lacrime fuoriuscissero senza vergogna.
Strinse il corpicino di Eren al petto, affondando il volto nell'incavo del collo. Le lacrime uscirono a fiotti, solcandogli le guance come un potente acido; il suo pianto era un mix di dolore e rabbia, buttando fuori quello che non aveva rigurgitato al tribunale. Il cuore pareva un oceano in fermento, il cervello incapace di assimilare gli eventi delle ultime ore. Quando giunse l'alba, dettato dall'arrivo del sole, gli occhi si erano come svuotati, privati delle emozioni. Fortunatamente Eren non si era mai svegliato, né aveva dato segni di averlo sentito. Gli baciò la testa e si alzò dal letto, assicurandosi che avesse al collo la collana che gli aveva regalato quello che sembrava essere stato un lontano trenta marzo.
"Spero di rivederti un giorno, Eren...".

Mi chiamo Eren! ~Ereri~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora