23 Ti darò quello di cui hai bisogno

1.9K 86 26
                                    

Quando si svegliò, Levi avvertì i tipici sintomi del calore, come l'erezione e il dolore tra le natiche e nel basso ventre, strappandogli mugolii di dolore. In quel momento si rese conto di essere di nuovo nella cantina di Yager e di non aver sognato niente.
Merda...
Lo stomaco era attraversato dai crampi per la fame e le articolazioni cominciavano a risentirne dato che erano in quella posizione da due giorni. Improvvisamente, la porta d'accesso si aprì e si vide scendere Eren con un vassoio tra le mani.
"Buongiorno! Mi perdoni se non le ho portato la cena ieri sera ma- ehi sta male?!".
Mise per terra il vassoio e corse dal poveretto, ma quando vide com'era messo indietreggiò leggermente.
"È...in calore?".
Levi distolse lo sguardo dolorante.
"Beh...spero che la colazione la aiuti".
Gli tolse il nastro isolante dalla bocca e gli liberò i polsi, poi gli porse il vassoio, pieno di ogni ben di Dio: una brioche, una tazza colma di tè nero fumante, un piattino con dei biscotti e un bicchierone di caffè. Levi ingurgitò tutta la colazione famelico, quasi rischiando di strozzarsi. Tutte quelle quelle leccornie gli stava staziando pure l'anima, e pensò per l'ennesima volta che Eren avrebbe dovuto fare un alberghiero e non un classico.
"Stia attento! Le andrà di traverso qualcosa".
"Fottesega".
L'uomo iede il vassoio al ragazzo, e questo rise senza apparente motivo.
"Che hai da ridere moccioso?".
"Ha tutta la bocca sporca".
"Allora dammi un tovagliolo".
Eren prese dalla tasca un fazzoletto, ma invece di darglielo lo usò per pulire lui stesso le labbra del professore. Involontariamente il moro arrossì lievemente, senza fare niente per impedire al giovane di toccarlo. Il suo tocco era delicato e leggero come una piuma.
"Aveva ragione...", biascicò Eren.
"Riguardo a cosa?".
"A quello che mi aveva detto in camera".
"Hai forse parlato con Erwin?".
"Sì...".
Gli occhi divennero traslucidi.
"Avrei dovuto ascoltarla...sono un emerito idiota...".
Quando Eren fu in procinto di piangere, a Levi venne in mente il Eren bambino, quando piangeva perché stava male o perché era triste, e in quello studente nonché suo rapitore rivide il bambino per cui aveva così tanto lottato.
Istintivamente, Levi gli accarezzò il retro della nuca, spingendola leggermente verso il basso, cosicché potesse baciargli la fronte senza problemi. Lo fece senza saperne il perché, ma subito dopo cacciò un urlo di dolore che lo spinse ad allontanarsi, lacrimando in maniera involontaria.
"Le fa così tanto male?".
"Sì. Anche tu sei un Omega?".
"Alfa in realtà".
Come lo disse, Levi si trascinò verso l'angolo della cantina più vicino a lui, dato che aveva ancora le gambe legate.
"Stammi lontano".
"Non le faccio niente".
"Se certo, e poi mi violenti come Alfa che sei".
Ma che merda dico?
Non sapeva esattamente perché l'aveva detto, ma seppe di aver premuto il bottone sbagliato. Infatti,
Eren gli diede una sberla e lo tirò per i capelli fino a far sfiorare i loro nasi.
"Qual'è il tuo problema?! Ho forse la faccia di un Alfa che ti vuole stuprare?! No, perché altrimenti l'avrei già fatto!".
"Come osi darmi del tu?".
"Non cambiare discorso!".
L'uomo girò la testa, ma Eren gliela  prese fra le mani e la girò in modo che si guardassero.
"Ti voglio aiutare a stare meglio".
"E come? I compressori degli Alfa non sono compatibili con gli Omega".
"Ti darò quello di cui hai bisogno".
Lo baciò. Levi rimase piazzato dov'era, ma notò che anche Eren non sapeva che fare, dato che le loro labbra si stavano solo toccando e la sua faccia era più simile a una grossa fragola. Una fragola apetitosa...
Ma sono deficente?
L'uomo si rilassò e cercò di ricambiare il bacio, ma quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Eren inclinò di lato la testa e gli leccò il labbro inferiore, strappando a Levi un gemito di piacere. Mentre continuavano a baciarsi sentì le forbici tagliare il nastro isolante che gli teneva legate le gambe, allora avvinghiò il bacino di Eren, avvolgendogli il collo con le braccia snelle. In risposta il castano gli strinse le natiche, affondando le dita nel tessuto dei pantaloni.
"Eren...".
"Sei bollente, forse starai meglio senza vestiti".
Lo disse con una voce talmente sexy che Levi divenne un peperone e mise il broncio, ma Eren non si fermò. Senza mai smettere di baciarlo gli infilò le mani sotto la maglietta e gliela sfilò via, accarezzando la pelle con amore e lussuria, scoprendo gli addominali scolpiti nella carne. Mentre veniva spinto a sdraiarsi sugli stracci Levi gli tolse la maglietta, ma poi Eren gli divorò il collo a suon di baci e morsi. L'uomo gemeva a tutto spiano, incapace di trattenersi per colpa del calore.
"Eren-aaah".
"Levi...".
Il più piccolo scese concentrandosi sui capezzoli: uno si mise a stuzzicarlo con la bocca, l'altro a strofinarlo tra i polpastrelli. Il moro gemeva ad occhi chiusi, e mentre si godeva quella meraviglia cominciò a sdrusciare la patta dei pantaloni contro quella di Eren, entrambe gonfie e dure.
"Voglio di più...".
Credette di averlo ordinato, ma scoprì in realtà di averlo supplicato. Il ragazzo obbedì e cominciò a scendere, marchiandogli il petto creando una scia violacea. Gli tolse i pantaloni e con i denti gli sfilò i boxer; il pene era grande e duro, già bagnato dal presperma.
"Gesù buono", esclamò Eren.
"Anche se sono basso ce l'ho sempre grande".
"È inversamente proporzionale lo sai? Più basso sei più sei dotato".
"Taci e succhialo".
Ad Eren non servì dirlo una seconda volta. Lo prese in mano e cominciò a dargli delle profonde leccate, massaggiando le vene sporgenti e la cappella. Levi cercò di rimanere impassibile, ma quando il più piccolo se lo mise tutto in bocca la maschera di apatia si sciolse come fatta di cera, gemendo senza pudore. Ripeteva il nome dell'amante come un mantra, tirandogli forte i capelli.
"Sto venend-".
Eren si staccò subito. Aveva le labbra bagnate e gonfie.
"Lo decido io quando devi venire".
Girò Levi mettendolo a pancia in giù e gli aprì le gambe.
"Ma che cazzo fa-aaah!".
La lingua di Eren stava esplorando zone del suo culo dove una lingua non era mai andata, facendo quasi gridare il più grande. Strinse gli stracci sotto di sé e gridò più forte. Dopo un po' lo studente si staccò e avvicinò le labbra all'orecchio del professore, allineando l'erezione al suo orifizio.
"Adesso".
Ma quando stava per entrare, Grisha Yager aprì la porta della cantina.

Mi chiamo Eren! ~Ereri~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora