16 Hai visto chi era Levi?

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"Come ti senti?", domandò Erwin a Levi.
"Meglio. Il calore è passato, così come i dolori".
"Mi fa molto piacere. Se non hai niente da fare vieni qua al Shingeki. Ti offro qualcosa".
"Non mi va di uscire".
"Sei a casa da una settimana. Hai bisogno di aria fresca".
"Senti non mi va okay?".
"Se verrai ti farò una sorpresa".
"C'è da avere timore riguardo alle tue sorprese".
"Sono serio stavolta. Ti aspetto tra dieci minuti".
Levi mise giù la telefonata e sbuffò chiudendo gli occhi. Proprio quando aveva terminato il periodo di calore e voleva rilassarsi c'era sempre un qualche cosa che glielo impediva. Nonostante la poca voglia di muoversi, indossò le scarpe ed uscì col giubbotto in spalla, raggiungendo la sua macchina parcheggiata poco lontana dalla porta di casa. La sua Audi R8 V10 Plus dominava sulle altre autovetture, con la sua carrozzeria nera e lucente; era il regalo di compleanno che Erwin gli aveva fatto per i 23 anni, e adesso che aveva uno stipendio alto aggiunto al bonus statale Levi poteva mantenersela senza difficoltà. Il cielo era limpido e le strade colme di auto e persone;  l'uomo salì a bordo e sgommò diretto al Shingeki no Kyogin, trovandolo pieno di clienti.
"Ehi Levi" lo salutò Erwin sorridente "come ti senti?".
"Meglio Erwin. Te ed Hanji? Va tutto bene?".
"Sì. Le ho chiesto di sposarmi ed ha accettato".
"Pregherò per la tua anima".
"Nah non è così pessima".
"Più che pessima ti manda in manicomio".
Erwin ridacchiò.
"Forse non hai tutti i torti".
"So di avere ragione. Mi faresti un tè nero per favore?".
"Certo. Scegli un tavolo che te lo porto io".
"Grazie".
Si sedette al primo tavolo libero che gli capitò a tiro e nel mentre che attendeva si mise a cazzeggiare col telefono. Poco dopo avvertì a destra uno spostamento d'aria e un braccio che poggiava sulla superficie di legno una tazza di ceramica bianca colma di una bevanda scura.
"Sono tre dollari signore".
"Ecco tien-".
Quando stava parlando Levi aveva alzato la testa per porgere i soldi al cameriere, bloccandosi immediatamente. Il cameriere portava una camicia nera con un grembiule corvino e sotto pantaloni altrettanto neri, ma non era l'outfit a stupirlo. Era un ragazzo dalla carnagione ambrata, i capelli corti e castani con grandi occhi verdi e al collo una chiave.
"E-Eren...?", mormorò Levi.
"Sta meglio professore?", domandò con sguardo preoccupato il ragazzo.
"Cosa ti fa pensare che sia stato poco bene?".
"Non si presenta a scuola dal primo giorno, ed è passata una settimana".
"Ho avuto la febbre. Comunque grazie per l'interessamento".
"Si figuri! Spero che torni a scuola al più presto".
"Lo spero anch'io. Come mai lavori qui?".
"Volevo avere del denaro mio per essere più indipendente dai miei genitori, nonostante i soldi non manchino in casa".
"Capisco. Ti auguro buon lavoro".
"La ringrazio. Spero che il tè le piaccia!".
Sorrise prima di andarsene con i soldi. Il suo sorriso fu una pugnalata al cuore per Levi, lui che di quei sorrisi ne aveva visti e ricevuti tanti; bastò per fargli venir in mente tutti i ricordi che, sperava, condivideva con Eren.
"Hai visto chi era Levi?", gli domandò Erwin sorridente, avvicinandosi a lui.
Levi prese la tazza e la fracassò sulla tempia dell'ex generale, facendogli lanciare un grido di dolore, non tanto per il tè - che nel frattempo si era raffreddato - ma per la ceramica dura.
Infatti tutti i presenti si voltarono a guardare cos'era accaduto, attratti dai rumori.
"Sei un idiota! Un cretino dalle sopracciglia troppo grandi!".
"Ma si può sapere che ti prende?".
"Che mi prende?! Te lo dico io! Succede che hai volontariamente fatto rivedere Eren, dopo tutti questi anni!".
"E allora?".
"E allora?! Mi fa male a solo guardarlo lo capisci?!".
"Volevo farti un piacere! Volevo che voi due vi rivedeste per poter ristabilire i rapporti come un tempo!".
"Come un tempo?! Ma ti ascolti? Ormai l'Eren di un tempo non esiste più! È morto il giorno in cui quei bastardi lo strapparono via da me!".
Incazzato, si prese il giubbotto e se ne andò dal Shingeki no Kyogin. Sospirando, Erwin si guardò attorno.
"Scusatemi tanto" parlò al resto dei clienti "perdonatemi per la scenata a cui avete dovuto assistere. Non succederà più".
I commensali continuarono con le loro chiacchiere, dimenticandosi quasi subito dell'accaduto. Erwin guardò Eren.
"Eren, vieni qua a pulire".
Ancora scosso, il ragazzo non si mosse, immobilizzato nella sua postazione, col cervello pieno di dubbi e domande.
"Di che stava parlando il professore...?".
"Professore?".
"Insegna matematica nella mia classe...signor Erwin, che significa che gli fa male a guardarmi? Ho fatto qualcosa che non dovevo?".
"No Eren no..." gli si avvicinò "non è colpa tua".
"Allora perché si è comportato così?".
"Non sono io che te lo devo raccontare".
"La prego...devo...devo saperlo".
"Sono serio Eren. Te lo deve dire Levi, lui che l'ha vissuto e provato sulla propria pelle".
L'unica cosa che comprese Eren fu una sola: parlare col professor Levi.
Con le buone.
O con le cattive.

Mi chiamo Eren! ~Ereri~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora