L'apprendista cavaliere

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Nathan aveva cenato con pane e polenta, aveva lasciato le croste al ratto, aveva sfamato Cassius ed era uscito lasciando a loro la guardia della casa.

L'aria serale era fresca e piacevole e le lucciole erano già sgusciate fuori dalle tane per danzare e conversare nel loro codice luminescente.

Nathan si esibì in due saltelli prima di partire a corsa lungo i campi.

Quando correva, la mente gli formicolava. Quella sensazione di libertà gli trasmetteva un'euforia straordinaria, qualcosa che, ne era certo, la magia non avrebbe potuto equiparare. Era sicuro che soltanto volare sarebbe risultato più eccitante di correre e cavalcare.

Corse per buona parte del tragitto, finché, sentendo le gambe tremolare e il respiro venire meno, rallentò per riprendere fiato.

Avrebbe impiegato meno tempo in sella a Cassius, ma ci sarebbe stato l'alto rischio che lo vedessero arrivare.

Raggiunse infine la base dei cavalieri di Murcuw: era una struttura molto grande, circondata da mura solide quanto quelle della città, con alcuni capannoni esterni per le guardie e le scuderie per i loro cavalli.

E, soprattutto, all'interno della cinta si trovava un'accademia per le reclute.

In tutto il regno di Egaelith vi erano soltanto cinque scuole per cavalieri, e Murcuw aveva il privilegio di ospitarne una poco fuori dalla città.

Nathan attraversava le mura di quella base quando doveva consegnare un messaggio a un soldato o a un apprendista, ma non aveva mai visto il campus durante il buio.

Se si recava lì ogni sera a quell'ora, era soltanto per rimanerne fuori.

Col favore delle tenebre, sgattaiolò sino alla fiancata della collina su cui poggiavano le strutture militari, così da rimanere nascosto alla vista delle sentinelle.

Presso un insieme di rocce, raggiunse un frassino solitario che sporgeva audacemente nel vuoto, e si arrampicò per sedersi su un ramo ad aspettare, ammirando interessato i giochi delle lucciole che gli svolazzavano intorno.

Di lì a poco udì un rumore di passi.

Si allarmò poiché provenienti dalla zona dei capanni, ma quando si volse vide giungere soltanto un ragazzo della sua età.

Aveva la pelle scura, le labbra erano carnose e i buffi capelli neri irsuti lasciavano pensare che fosse rimasto vittima di un fulmine. Sebbene fosse un poco più basso di Nathan, il suo fisico era robusto, molto più resistente, con le braccia e le gambe cariche di muscoli. Gli occhi erano verde chiaro, a differenza della maggior parte delle persone dalla pelle nera.

Nathan si rilassò mentre l'altro ragazzo si arrampicava accanto a lui.

«Come va?» lo salutò questi allegramente.

«Da dove sei passato?»

«Mio padre è tornato, perciò ho il suo permesso per poter uscire quanto voglio. Gli ho raccontato dei nostri incontri. Non temere, non ci tradirà.»

«Non facciamo tardi come ieri, Yan» borbottò Nathan, quasi in tono accusatorio. «Stamattina ho rischiato di non svegliarmi.»

Yan scoppiò a ridere forte. «Veramente? Di solito sei sempre così attento all'orario, prendi il lavoro molto seriamente! Non riesco a credere che tu abbia rischiato di far tardi!»

«Sbellicati quanto ti pare...»

«Non è certo colpa mia se non hai messo il canto-del-gallo al segna-ore!»

Scesero per distendersi sull'erba, ad ammirare la scintillante volta celeste.

A Nathan piaceva tenere a mente la posizione delle stelle, suo padre gli aveva spiegato quanto potessero tornare utili per non perdere l'orientamento: guardandole si poteva riconoscere il nord dal sud, l'est dall'ovest, l'ovest dal nord...

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