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Mi sveglio di soprassalto a causa di uno dei soliti incubi, guardo l'orario sul telefono. Sono le quattro di mattina. Mi stropiccio gli occhi e mi rendo conto di stare a casa di Philip.
Ieri, dopo aver finito l'allenamento, siamo venuti tutti qui per mangiare qualcosa insieme mentre i ragazzi si facevano qualche partita alla play, molto probabilmente mi sono addormentata sul divano, come al mio solito e, per non svegliarmi, mi hanno lasciato dormire qui.
Mi alzo dal divano e vado in cucina per prendere un bicchiere d'acqua.
"Come mai sveglia?" la voce ancora impastata dal sonno risuona nella stanza. Socchiude gli occhi a causa della luce artificiale troppo forte, per poi poggiare la schiena al muro di fianco al frigorifero.
"Luca..." sbuffo prendendo un bicchiere dalla credenza.
"Tu perché sei qua?" gli chiedo alzando gli occhi al cielo.
"Non volevo stare a casa, ci sta quella là che mi pressa" si passa una mano sulla nuca aggiustandosi i capelli.
"Quella là chi?"
"Anna, Arianna... Non ricordo il nome con precisione".
"Hai dei problemi a ricordarti i nomi che iniziano con la A, a quanto vedo" un sorriso compare sul suo volto.
"Il tuo l'ho sbagliato una sola volta, ero anche ubriaco. Ora però lo ricordo, Aurora" si stacca dal muro e si avvicina a me.
"Ancora rispondi alla mia domanda"
Poggia i gomiti sull'isola di marmo sorreggendo la testa con le mani.
"Allora, perché sei sveglia alle quattro?" mi domanda nuovamente notando il mio silenzio.
"Mi sono svegliata, non c'è un motivo" mento, in realtà praticamente ogni notte mi sveglio a causa di un incubo.
"Farò finta di crederci" alza le spalle.
"Tu invece perché sei sveglio?"
"Philip mi ha scaraventato fuori dal suo letto, dorme a quattro di bastoni ed io non so dove mettermi".
Finisco di bere il mio bicchiere d'acqua e mi stendo sull'isola del  divano.
"Fammi un po' di spazio" il moro si posiziona davanti a me.
"No, mettiti dall'altro lato" gli indico la parte opposta del divano per poi giarrami dandogli le spalle.
"Allora? Perché eri sveglia?" insiste.
"Ancora! Già te l'ho detto Luca".
"Scusa ma fai schifo a mentire e te lo dice uno che non sa praticamente niente di te" si siede di fianco a me mentre io continuo a dargli le spalle stando comodamente sdraiata sul divano.
"Vabbè ho capito, non ne vuoi parlare" si stende di fianco a me sbuffando sonoramente.
"A Bogotà, la città dove sono nata e cresciuta, ho vissuto praticamente con mio zio e mio fratello, dato che i miei genitori non erano molto presenti... Loro dicevano di andare a lavorare" faccio una pausa e mi giro nella sua direzione, mi guarda attentamente e mi fa segno di continuare.
"Sta di fatto che questo mio zio, José, era sempre molto affettuoso, presente, si occupava di me, di Kilo, di  farci trovare ogni giorno un piatto caldo a tavola, per me era un padre. Con il passare del tempo, lui ci iniziò a dare sempre meno attenzioni, inizialmente non ci feci nemmeno caso, ma ogni volta che tornava a casa puzzava di alcol, si sedeva sul divano e non si muoveva fino al mettino seguente. Kilo diceva di lasciarlo stare  'forse riesce a liberarsi la testa bevendo qualche birra' mi ripeteva. Passarono mesi e la situazione precipitò, tornava a casa ubriaco fradicio, inzió ad alzare i toni, si licenzió e diciamo che i soldi a casa iniziava a scarseggiare" faccio un gran respiro mentre Luca cinge le mie spalle con il suo braccio stringendomi a sé.
"Kilo così, per non farci morire di fame, abbandonò gli studi. José, invece, più passavano i giorni più peggiorava. Metà stipendio di Kilo lo utilizzava per bere e molto probabilmente anche per drogarsi, se provavamo a dire qualcosa lui urlava che ci aveva cresciuti quindi quei soldi erano il minimo per ringraziarlo. Era anche diventato manesco con Kilo".
"E i tuoi genitori?" ad interrompermi è Luca che continua ad accarezzarmi il braccio.
"Loro non abitavano con noi, tornavano solamente a dormire. Sta di fatto che una sera José tornò ubriaco, più del solito e Kilo non era a casa. Alzò la voce e si arrabbiò perché non gli feci trovare la cena pronta. Gli dissi di aspettare 10 minuti dato che stavo cucinando la carne. Andò su tutte le furie, lui non poteva aspettare, lui non voleva aspettare, voleva tutto, subito. Mi spinse facendomi andare contro i fornelli, provocandomi un'ustione su tutto il braccio, successivamente mi fece sbattere contro il muro, i suoi occhi erano infuocati, pieni di rabbia, non lo riconoscevo, non riconoscevo lo zio che mi aveva cresciuto, lo zio affettuoso, sempre pronto a darti un consiglio. Davanti i miei occhi avevo un mostro, mi ricordo solo di lui che premeva sul mio collo, sentivo soffocarmi, pensavo di morire. Da lì, il vuoto. Mi sono risvegliata in ospedale. José penso che ora sia in carcere, non ne sono sicura. Poi io e Kilo siamo andati a vivere per un po' da soli, in quella casa dove lui mi ha tentato di uccidere. Ogni singola cosa mi ricoradava lui, avevo attacchi di panico, la notte non dormivo. Kilo decise che lì non potevamo restare, dovevamo cambiare aria. I miei ci hanno dato dei soldi e ci siamo trasferiti qua. Pensavo che in Italia sarebbe cambiato tutto, una vita nuova. Non fu così, o almeno in parte. La notte sì, dormo ma mi sveglio. Ogni notte sogno la sua faccia, i suoi occhi infuocati che vogliono soffocarmi, mi manca l'aria e puntualmente mi sveglio di soprassalto, pensando che lui sia in camera mia quando, in realtà, sta in Colombia. Ecco perché sono sveglia alle quattro del mattino Luca, perché non faccio altro che rivivere quella maledetta scena" lo sento stringermi a lui.
"Mi dispiace, veramente. Kilo non mi aveva mai detto il perché si fosse trasferito qua". Poggio la testa sull'incavo tra la sua spalle e il collo, stringendomi a lui.
"Quando hai dormito da me, l'altra sera, sono restato praticamente tutta la notte sveglio, ero sovrappensiero, non riuscivo a prendere sonno e diciamo che ti stavo guardando dato che eri sdraiata sul mio petto" si gratta la nuca.
"Sembravi serena, tranquilla, non ti sei lamentata, né svegliata" mi fa notare il moro. E in ciò che dice ci vedo un briciolo di verità. È vero che non mi sono svegliata, ero tranquilla. La sola ed unica volta che ho aperto occhio l'altra notte è stato perché Luca mi stava praticamente schiacciando.
E, anche se odio ammetterlo, devo dire che tra le braccia di Luca mi sento protetta, tranquilla.
Chiudo gli occhi non rispondendo al moro, si monterebbe ancor di più la testa se gli dicessi che ha ragione. Lo sento posarmi un bacio tra i capelli mentre prende la coperta di fianco a noi per stenderla sui nostri corpi.

Si lo so, posto in orari indecenti.
Spero vi sia piaciuto il capitolo ❤️

|Mi scordo di noi, che è meglio così| Capo Plaza Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora