Capitolo 21

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*Hai gli occhi
di chi ha smesso
di crederci,
Ma continua
a sperarci*
~~

Natsu's pov
Ascolto quelle strazianti, pungenti parole lancinanti, con questa ragazza stretta tra le mie possenti braccia, sul mio petto singhiozzante, sul cuore che freneticamente batte. Le lacrime bagnano frettolose le sue guance, percorrono quella candida, pallida pelle velocemente, si liberano sulla mia maglia scura. L'abbraccio trasmettendole quel calore che non possiedo, quel calore che lei dona al mio mondo, con quella forza delle stelle che sento di poter catturare e trattenere nonostante tutto, nonostante questo repellente dolore, amaro sapore di schifosa, disgustosa aria che consuma, divora il mio petto. E va bene, crollare è lecito al suo sorriso, vita spaventosa che scivola tra le sue dita, pianeta schifosamente maligno e diabolico da farci reprimere. Fa male, sofferente, malvagia paura marcia nel cuore, fa male da poter farci soffocare, ma è sopportabile, se siamo in due ad annegare. Abbracciati in un abisso di vuoto opprimente, mura che si stringono rabbiose attorno a noi, profonda, cupa fogna terrificante. Abbraccio la bionda che giace sul fondo di un tretro mondo, a terra, sanguinante, abbraccio la mia salvezza che cade violentemente e amaramente, stringo il suo sorriso sul suo volto, quello che alla mia stella hanno tolto. Abbraccio la mia unica ancòra in questo schifo rivoltante, accarezzo quel che mi rimane di più importante.

"In quella stanza, su quel letto, il cadavere di quella donna, di mamma, bianco, pallido, freddo" sussurra.

"E faceva male, faceva male sebbene provassi ad occupare la mente con quelle anatre con le zampe da lupo, becco da aquila e con le ali gigantesche, gatti uccello, cani strani"

Passo la mano sulla sua schiena cercando di confortarla.

"E non l'hanno arrestato, fenicottero, non hanno arrestato la causa di tutto" continua. Mi acciglio, di chi sta parlando?

"Un collega di mamma" risponde subito "un pezzo di merda, la tormentava costantemente, la molestava tutti i giorni, ci provava continuamente e alla fine è arrivato a violentarla. È successo quel giorno, a lavoro, poi è tornata a casa tardi, stanca e poco dopo è accaduto tutto questo" bisbiglia strofinando il naso contro il mio petto.

"E per tutti quei tamarindi e gli ornitorinchi con la testa da cavallo, non l'hanno arrestato, è riuscito a cavarsela, l'hanno solo fottutamente licenziato da quel lavoro che anche i dragunicorno detestano" 

La stringo con maggior forza.

"E va bene? Va bene se sto così dannatamente male da voler solo sparire? Va bene se quando chiudo gli occhi, non li vorrei più riaprire?" Chiede disperata.

Incatenata in un profondo, orripilante pozzo umido, buio, disgustosamente temibile, schiacciata alla sua bieca parete consumata, corpo e cuore doloranti, mostruosità che preme contro la sua chiara e sfregiata pelle, grida che esplodono nelle sue sanguinanti orecchie, paura che accresce demoniaca, maligna nel petto, attorno alla sua esile figura tremante, narici che ricevono odore acre di uno schifoso mondo arrugginto e corrotto. Stringo il suo corpo al mio, entrambi in cerca di quel minuscolo e sollevante fiato inesistente, con queste mani sulle orecchie, le mie sulle sue, le sue sulle mie, abbracciati in un angolo isolato, appoggiati ad un'unica, gelata parete, le nostre presenze che dissolvono in questa strada tra il vento e la vita, proviamo a respirare, cerchiamo le amate ali per volare tra le urla che riecheggiano nell'aria spaccando i deboli timpani. I suoi occhi gridano solo vita, sorriso di una bellezza infinita.

"Va bene se il male mi divora?" Aggiungo sollevandole il viso, poggiando la mia mano sulla sua guancia, incatenando i miei occhi smeraldo ai suoi nocciola.

| Nalu | Non ti credo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora