• 15 - ROCKY

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Pensare troppo ti manda in confusione, ma non pensare non ti rende intellettuale.
Tutti abbiamo pensieri a cui non vogliamo dare retta, ma loro non possono farne a meno di disturbare la nostra mente, mandandoci in confusione ogni volta che vorremmo scacciarli o metterli in ordine.
Unitile dire che ciò che comprendono i miei pensieri sono le ultime giornate che ho passato a casa questo weekend e questi due giorni in Caserma, che sembrano essere stati uno identico all'altro.

Sabato siamo rimasti a casa tutta la mattina, facendo poi un giro la sera con Asher e prendere una boccata d'aria. La stessa cosa si è ripetuta il giorno dopo, unendosi a noi suo fratello Chris e il suo migliore amico Donny.
Ma, il giorno dopo, speravo che la felicità in Caserma fosse continua, invece ho solo visto facce depresse e monotone sull'essere stanche. Lunedì è stato così, martedì ugualmente, oggi è mercoledì e non so come potrebbe andare.

Questa volta ho voluto fare la strada a piedi per arrivare in Caserma, svegliandomi con un leggero ritardo e facendo tutto con calma. Mia madre mi guardava stupefatta e mio padre è rimasto male che io non sia andato con lui.
Credo che gli sia riuscito a leggere nella mente "Mi stai facendo rimanere con l'orco nero, eh? Ricordatelo!", ma anche se fosse, ogni volta che si tratta di litigare, non spreco fiato a dire la mia, visto che la noia delle loro scenate mi porta solo ad odiarli di più. Anche perché se solo provassi ad aprir bocca, finirei per essere ammutolito dalle loro crudeli parole.

<<Sei molto strano, tesoro mio...>> nota mia madre, mentre sorseggia il caffè dalla sua tazza.
Alzo lo sguardo su di lei, ma ricade sul pavimento legnoso, dove la luce forte proveniente dalle finestre riflette su di esso, portando il riflesso sulle pareti e sul soffitto.

Con estrema calma, raggiungo il frigo per prendere il latte e, oltre che a versarlo in un semplice bicchiere di vetro, lo mischio con il cioccolato in polvere, oltre che a dargli un bel colore avrà anche più gusto. Butto tutto giù in un sorso e riposo il bicchiere nel lavandino della cucina. Ma nel frattempo, con la coda dell'occhio, vedo mia madre ancora con lo sguardo puntato su di me.

<<Che succede?>> chiede in tono preoccupato, avvicinandosi e aggiustandomi dei ciuffetti di capelli che sono ricaduti sulla fronte.

<<Rocky, sai che puoi dirmi tutto...>> continua, cercando il mio sguardo. Ma io non faccio altro che ignorarla, vorrei che in questo momento non mi parlasse, perché le mie parole sarebbero tanto quanto inutili.

Ma vedo che non mi da tregua, così il mio mutismo termina... <<Sto bene, mamma, sono solo stanchissimo...>> mi volto, dandogli le spalle.
Raggiungo le scale, ma per ultimo, prima di lasciare il piano di sotto, le dico <<...e sai che di prima mattina non mi va di parlare>> nessuno ha voglia di parlare la mattina, ma chi si sforzerebbe di farlo?

Vedo che mia madre sghignazza e continua a bere il suo caffè.
Infatti nel mio tono c'era divertimento, non volevo essere troppo severo, almeno non con lei. Da lontano, mi fa il segno dell'"OKAY".
Risalgo di sopra, acciuffo il cappello e la cartella dei documenti e poi ritorno giù. Saluto mia madre con un rapido bacio sulla guancia e le auguro una buona giornata.

Con passo svelto imbuco delle stradine, aggiungendo anche qualche corsetta.
Nel tragitto della lunga strada, i miei occhi vengono rapiti da una scena che mi ritorna in mente, portandoli altrove e nello scuro più totale.
Un ricordo marcio, mi annebbia la vista.

'Ancora una volta il fucile mi cade dalle mani, perché tremano e sono indolenzite. Il mio corpo è ricoperto di sangue, i corpi stesi a terra sono pieni si sangue...tutto intorno a me è pieno di sangue. Sangue ovunque, che gli occhi mi sanguinano di dolore e di paura. Le grandi bombe affondate nel terreno, sono poggiate sui corpi umani che cercavano di scansarla. Ma niente, non c'è stato scampo per loro, nonché un'altra via verso un altro mondo. Le altre persone rimaste in vita, gridano e fanno tappare le mie orecchie. <<Si sbrighi Colonnello!>> mi gridava una voce, che cercava di farmi svegliare da quell'incubo e correre dove mi avrebbe portato la testa. Il coraggio non c'èra, venne dopo, ma la paura era troppa e si faceva sentire fin dentro le ossa. Convincevo me stesso a continuare, senza mai abbassare la guardia, senza mai abbattermi. Ma in quel momento, i miei OCCHI erano altrove. Un proiettile bollente, si incastrò nella mia spalla, facendomi cadere a terra dal dolore che provavo in quel momento. Ma resistevo. Le mie urla non si sparsero nell'aria, ma solo nella mia testa, dove riuscivo a sentire non solo le mie ma anche quelle degli altri. Tanti come me sono stati feriti, ma dovevano continuare, DOVEVAMO CONTINUARE. Speravamo ancora nella vittoria, e invece, abbiamo gioito per la vita che ci hanno risparmiato, portando questo momento alla gloria.'

Lottando Per Averti || Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora