Prologo

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La sfilata digitale dell'ultimo stilista italiano, in programma per quella sera, si era appena conclusa. Gli ospiti del museo avevano potuto ammirare, attraverso le proiezioni in maxischermi, sparsi per l'ampio ambiente, i nuovi modelli della collezione primavera-estate destinati per l'anno successivo.

Jeffrey aveva osservato con particolare interesse le opere dell'artista in questione poiché, anche se faceva parte della rosa degli emergenti, il suo fiuto gli suggeriva che sarebbe stato un ottimo partito sul quale puntare.

Era giunto alla Fashion Week di Milano con grandi aspettative e anche il desiderio di prendersi una pausa da ciò che aveva lasciato a Los Angeles.

"Non posso continuare a farmi spezzare il cuore" pensò, mentre quello che aveva affrontato nelle ultime settimane sembrava intensificarsi e crollargli addosso di colpo.

Un mese in giro per il mondo, sopraffatto dalla freneticità di eventi mondani, sfilate dal vivo, incontri con celebrità del settore, pranzi, aperitivi, cene di lavoro: non aveva avuto un solo momento per se stesso e la cosa, da quel punto di vista, lo rincuorava.

Si sentiva a pezzi, distrutto dalla stanchezza, ma era anche particolarmente soddisfatto per come le cose si erano concluse per alcuni modelli della sua agenzia. Dei cinque che aveva portato con sé in giro, per tutto il mese, soltanto una era rimasta senza contratto per la stagione autunno-inverno dell'anno successivo, ma puntava di piazzarla proprio tra le file dei volti e dei corpi che avrebbero sfoggiato le creazioni dell'ultimo artista di cui aveva appena apprezzato la sfilata.

-Ci avviciniamo?- domandò Iris, la modella in questione, incrociando le braccia sul petto. Jeffrey si volse nella sua direzione, squadrandola dalla testa ai piedi, ammirandone i lineamenti delicati, i grandi occhi scuri e le labbra carnose. Lunghi capelli bruni le incorniciavano il viso e sfoggiava un abito lungo, rosso rubino, che la faceva risaltare agli occhi come se fosse lei stessa una pietra preziosa.

L'uomo fece una piccola smorfia, guardandosi intorno: non c'era una sola donna o un solo uomo che per bellezza o fama non potesse rivaleggiare con Iris e molti l'avrebbero battuta su tutti i fronti a mani basse, senza il minimo sforzo e quello lo preoccupava.

-Aspettiamo che finisca di ricevere i complimenti della critica- disse a denti stretti, osservando lo stilista stringere mani a destra e a manca, con un ampio sorriso a incurvargli le labbra, sintomo che, ancora una volta, Jeffrey aveva saputo vederci giusto: "Il ragazzo sta riscuotendo un successo notevole" pensò.

L'edificio che aveva ospitato la Settimana della Moda nella sua tappa italiana era davvero immenso, caratterizzato da enormi sale, perlopiù arricchite da elementi architettonici di colore bianco che mimavano la struttura interna di tetti spioventi, a vista, in netto contrasto con le pareti di mattoni grezzi, alcune delle quali permettevano un senso di comunicazione tra interno ed esterno - dove si intravedeva un rigoglioso giardino, illuminato a giorno da fari, luminarie e candele - grazie a lunghe e strette finestre che partivano dal pavimento, arrivando fino al tetto, le une poste al fianco alle altre nella stessa parete, incastonate all'interno di cornici di legno dipinte di bianco. Le tubature erano a vista, di un metallo così lucido da contribuire a donare al luogo un aspetto industriale, ma anche moderno ed elegante.

Tra la folla di persone che si aggiravano intorno ai maxischermi piazzati in diverse parti della sala, come se fossero tante opere poste sopra dei piedistalli, Jeffrey notò una ragazza che parve riuscire ad attirare l'attenzione di diverse persone, non solo la sua.

La giovane si muoveva tra la folla portandosi dietro gli sguardi poco compiacenti di uomini e donne, e sembrava che la cosa non la impensierisse affatto.

-Oddio, capo! Guarda quella!- esclamò Iris con voce acuta, urtando un fianco di Jeffrey con un gomito.
-Eleganza, Iris. Cerca di tenere la lingua a freno e smettila di atteggiarti in questo modo. È volgare- l'ammonì l'uomo, massaggiandosi il fianco leso, con aria distratta. La modella impallidì e serrò le labbra, compiendo un passo indietro, ponendosi alle sue spalle.

Jeffrey sapeva che Iris non era a conoscenza del perché l'umore del suo capo fosse cambiato in modo tanto repentino, tuttavia, non fu in grado di staccare gli occhi dalla ragazza che aveva già catturato il suo interesse: sembrava muoversi per la sala in cerca di qualcuno, finché non la vide voltarsi nella sua direzione. Lo fissò negli occhi, fermandosi a meno di una decina di passi da lui e a Jeffrey parve che tutto si spegnesse, che ogni cosa perdesse di valore: esistevano solo lui e lei, al mondo.

La giovane sfoggiava un abito da cocktail di colore nero, di pelle, a collo alto, senza maniche, sopra degli stivali che le arrivavano a metà coscia, dello stesso colore del vestito. I capelli erano lisci, decolorati, con riflessi violacei, e le arrivavano in lunghezza a sfiorarle a malapena i lobi delle orecchie. Il trucco che le appesantiva le palpebre era una sapiente esecuzione di uno smokey eyes dai toni del nero e dell'argento, un po' demodé, ma sicuramente d'effetto, dato che rendeva i suoi occhi castani ancora più intensi, in netto contrasto con la pelle pallida del viso.

Jeffrey sorrise e reclinò il capo da un lato.

La sua bellezza faceva un po' a pugni con l'eleganza tutta luccichii, colori pastello, oro e argento, stravaganze di vario tipo che la facevano da padrone nella sala, soprattutto tra gli outfit del gentil sesso. Il fatto che non indossasse alcun gioiello era un altro elemento che la rendeva distante dagli altri presenti, così come il trucco pesante e la sua scarsa altezza. Tra gli ospiti del museo vi erano anche diversi fotomodelli, non proprio altissimi, ma lei sembrava anni luce anche lontana da chiunque di loro in ogni suo più piccolo particolare.

Era unica.

"O forse sono io a vederla... speciale" pensò Jeffrey. Recuperò due bicchieri di champagne dal vassoio di un cameriere che gli era passato vicino proprio in quel momento, per poi muoversi in direzione dell'incantevole demone che non aveva mai smesso, neanche per un secondo, di fissarlo.

-Mi hai trovato- disse, fermandosi a un passo da lei, porgendole un bicchiere.
-Mi hai riconosciuto... di nuovo-
-Beh, questa volta, toccava a te trovare me-

La giovane si morse le labbra e reclinò il capo da un lato. Gli strinse le spalle con entrambe le mani e si sollevò in punta di piedi, cercando di azzerare la differenza di altezza tra di loro che neanche i vertiginosi tacchi dei suoi stivali erano stati in grado di smorzare, accostando le labbra, tinte di un rosso cupo, a un suo orecchio.

-Mi hanno detto che mi stavi cercando, che eri disperato... altrimenti non sarei tornata- sussurrò lei con malizia, sfiorandogli il contorno di un lobo con un dito. Tornò a scostarsi da lui, prendendo un bicchiere da una delle sue mani, per poi portarselo alla labbra, accarezzandone il bordo con quello inferiore.

Jeffrey percepì un brivido corrergli lungo la schiena, desiderando che gli venisse concessa istantaneamente la capacità di smaterializzarsi da lì e materializzarsi in un battito di ciglia da qualsiasi altra parte: bastava che il resto del mondo sparisse per davvero, lasciandolo da solo con lei.

Azzerò la breve distanza che li separava, poggiandogli una mano su un fianco.

-Seguimi- le soffiò sul collo. Lei scosse la testa, bevve tutto in un sorso il contenuto del proprio bicchiere, per poi abbandonarlo sul vassoio dell'ennesimo cameriere che era passato loro accanto. -Come hai fatto a entrare qui?- chiese e la giovane tirò fuori da una tasca del vestito un cartoncino plastificato.
-Me l'ha fatto avere niente di meno che il direttore del Seraphim...-
-Gliel'ho lasciato io, per te-
-È un buon amico- ribatté lei, pizzicando con i denti una delle punte del pass.

-Seguimi- ripeté Jeffrey, ma l'altra scosse la testa.
-Trovami- disse, con tono divertito, sorridendogli.
-È tanto tempo che ti cerco...- protestò l'uomo.
-Ma adesso sono qui!- ribatté lei e l'altro si affrettò a liberarsi del bicchiere che aveva continuato a tenere in mano, senza neanche averne bevuto un sorso del contenuto. Gli bastò volgerle le spalle un secondo, proprio per compiere quell'azione, e quando tornò a girarsi verso di lei era già sparita.

Jeffrey percepì un principio di panico. "Non posso farla scappare di nuovo" pensò con stizza, ma appena sollevò gli occhi in direzione dell'uscita della sala la trovò lì, ferma, in attesa di essere notata da lui. Tornò a sorridergli poco prima di sparire oltre la porta e Jeffrey si affrettò a inseguirla.

CHOOSE MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora